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Violenza nel metaverso, la polizia avvia la prima indagine per abusi sessuali nella realtà virtuale

La qualità immersiva dell’esperienza nella realtà virtuale può causare traumi molto simili a quelli delle violenze fisiche nel mondo reale. Serve un nuovo quadro giuridico per tutelare le vittime e punire i colpevoli.
A cura di Elisabetta Rosso
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È il 1993, su Village Voice viene pubblicato un articolo di Julian Dibbell, si intitola "Uno stupro nel cyberspazio", e per la prima volta si parla di abusi sessuali nel mondo virtuale. Circa trent'anni dopo la polizia inglese avvia la prima indagine su un'aggressione nel metaverso. La vittima è una ragazza minorenne (non sono stati rilasciati ulteriori dettagli personali per proteggere la sua privacy) ed è stata attaccata durante una sessione di gioco nella realtà virtuale. Nonostante la violenza non avvenga nel mondo reale, la qualità immersiva dell'esperienza rende più difficile, soprattutto per i più giovani, distinguere il reale dalla simulazione. Per questo un abuso nel metaverso può causare traumi molto simili a quelli delle violenze fisiche nel mondo reale.

Ian Critchley, del National Police Chiefs' Council (NPCC) ha spiegato alla Bbc che il metaverso ha creato una "porta d'accesso per i predatori, che possono commettere crimini orribili contro i bambini, crimini che sappiamo avere un impatto sia emotivo, sia mentale”. Ha poi aggiunto: "Dobbiamo vedere molte più azioni da parte delle aziende tecnologiche per rendere le loro piattaforme luoghi sicuri". Non solo. La prossima generazione di bambini trascorrerà in media 10 anni nel metaverso, quasi tre ore al giorno. Sarà quindi necessario creare nuove leggi e tutele per gli abusi nel mondo virtuale, anche perché al momento, nel diritto penale, lo stupro e la violenza sessuale richiedono che ci sia stato un contatto fisico.

Un nuovo quadro legislativo per il mondo virtuale

Gli abusi virtuali, ma anche la creazione di immagini sintetiche di abusi su minori (aumentate con l'intelligenza artificiale generativa), aprono nuove questioni etiche e legali. Al momento non esiste un quadro giuridico per tutelare le vittime e punire i colpevoli. Il caso della minorenne inglese non è però il primo. Nel 2022, per esempio, la ricercatrice Nina Jane Patel ha denunciato un abuso su Horizon Venues di Meta. Patel ha raccontato di essere stata "circondata da tre o quattro avatar uomini che hanno iniziato a molestare l'avatar prima a livello verbale e poi sessualmente, hanno cominciato a toccarlo, è stata una vera e propria violenza".

I commenti scettici sui social

Il caso della ragazza abusata nel metaverso ha diviso il pubblico. "Si è trattato davvero di stupro?", si è chiesto un utente su Instagram. "Non avrebbe potuto semplicemente spegnerlo?", scrive un altro, e ancora: "Possiamo concentrarci sui crimini della vita reale, per favore?". C'è anche chi ironizza paragonando la violenza della ragazza alle sue partite su Call of Duty: "Sono stato ucciso nel videogioco. Sto aspettando che il mio assassino venga assicurato alla giustizia".

La risposta di Meta

Meta descrive il suo mondo virtuale come “la prossima evoluzione della connessione sociale”, un luogo in cui “la realtà virtuale ti consente di esplorare nuovi mondi ed esperienze condivise ”. Queste esperienze però rischiano di degenerare in stupri o violenze. L'azienda ha anche rilasciato un comunicato dopo l'episodio della minore inglese (anche se non è ancora chiaro su quale piattaforma stesse giocando), per spiegare che esistono già tutele per difendere gli utenti da possibili abusi.

"Il tipo di comportamento descritto non trova posto sulla nostra piattaforma, e infatti tutti gli utenti hanno una protezione automatica chiamata confine personale, che tiene le persone sconosciute a pochi metri di distanza dall'avatar nel metaverso", si legge nel comunicato. "Al momento non ci è stato fornito alcun dettaglio su ciò che è accaduto, non appena verranno pubblicate le informazioni esamineremo con attenzione i dettagli a nostra disposizione".

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