Scoperte le zone segrete della prigione di Alcatraz: il nuovo modello 3D

Alcatraz, l'isola che per anni ha ospitato la prigione più famosa al mondo, rischia di scomparire per sempre. Oggi, però, il suo futuro è un po' meno incerto e tutto grazie al lavoro di un uomo e ai progressi nelle tecnologie di rilevamento. L'uomo in questione si chiama Pete Kelsey, è un esperto di ingegneria civile, rilevamento del territorio e tecnologie di telerilevamento, e da oggi è anche il primo ad aver mappato l'intera isola, anche aree rimaste segrete e inesplorate lungo. "Questo lavoro – ha detto entusiasta Kelsey – può essere la mia Gioconda".
Il team è riuscito perfino a ricostruire una delle fughe più celebri mai attuate nel penitenziario: quella realizzata nel 1962 da Frank Morris e i fratelli Clarence e John Anglin. Probabilmente la conoscete grazie al film con Clint Eastwood "Fuga da Alcatraz". Un anno dopo quell'evasione il penitenziario venne chiuso. I tre detenuti non furono mai più ritrovati. Non solo. Ha trovato anche vecchi ingressi protetti ancora ignoti nelle mappe: come un ingresso nella zona Est che risalente alla Guerra Civile americana.
Perché l'isola di Alcatraz è in pericolo
L'isola nella baia di San Francisco è esposta a numerosi fattori che potrebbero gravemente danneggiarla o addirittura cancellarla e con essa la storia che si porta dietro. Da una parte l'innalzamento del livello del mare, dovuto al cambiamento climatico, dall'altra il logoramento dovuto al tempo e all'umidità sta minacciando le strutture interne, molte delle quali non sono neanche accessibili perché troppo pericolose per la presenza di danni o materiali nocivi per l'uomo come l'amianto.
Ecco perché quando a dicembre 2023 Kelsey ha ricevuto l'incarico di mappare l'intera isola, anche aree rimaste nascoste all'uomo per decenni, ha capito fin da subito che si trovava davanti a un'occasione unica. Non solo per il valore scientifico del lavoro, ma anche per il significato storico che questo luogo custodisce. Oltre che per l'esperienza in sé: i ricercatori sono rimasti sull'isola per circa tre settimane e hanno dormito proprio dentro alcune celle del famigerato blocco D dove sono stati i detenuti più famosi della prigione. Kelsey e il suo team hanno lavorato per preservare quel valore anche per le generazioni future che a causa di tutti quei fattori detti sopra rischiano di non poterne godere.
Un lavoro senza precedenti
Ma come sono riusciti a mappare l'isola senza accedere fisicamente a molti luoghi dell'isola? Grazie a tecnologie avanzate, come la LiDAR (Light Detection and Ranging), hanno raccolto tutti i dati necessari per costruire una "radiografia" dell'intera isola. Senza la possibilità di avvalersi di strumenti come droni e robot, che hanno permesso al team di entrare in quelle aree da anni inaccessibili, questo non sarebbe stato in nessun modo possibile: "Mi hanno dato le chiavi dell'isola", ha raccontato alla Cnn Kelsey.
A questo punto la domanda è: come una mappa, per quanto completa, può impedire che l'isola venga distrutta? Disponendo di questa ricostruzione virtuale dell'isola, gli scienziati – spiega Kelsey – possono testare cosa potrebbe succedere in caso di eventi estremi, come un sisma o un altro evento che potrebbe mettere a repentaglio la sopravvivenza di sezioni o dell'intera prigione. Ovviamente conoscere le possibili conseguenze non cancellerebbe l'evento, ma può fare la differenza nel limitare i danni. Ci potrebbero essere anche altri usi, artistici o culturali, ad esempio i loro dati potrebbero servire – spiega il ricercatore – per ricostruire l'intero della prigione, com'era davvero, in un prossimo film.