Qual è il segnale per capire se l’IA sta cambiando il tuo modo di parlare

Usiamo l'intelligenza artificiale per riunioni, a lavoro, chiediamo consigli su spesa, film da vedere, vestiti da mettere in valigia, itinerari per weekend fuori porta. È umano – decisamente in questo caso – assorbire il linguaggio delle macchine. E infatti sta succedendo. Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Human Development ha analizzato quasi 280.000 video pubblicati su canali YouTube accademici, scoprendo che ChatGPT ha già cambiato il modo in cui parliamo. Parole come "meticoloso", "approfondire", "regno" ed "esperto" sono comparse fino al 51% in più rispetto ai tre anni precedenti. Non si tratta di una coincidenza, spiegano i ricercatori: questi termini sono infatti tra i più utilizzati dal chatbot di OpenAI, secondo uno studio precedente condotto dalla Stanford University.
"Stiamo interiorizzando il vocabolario dell’intelligenza artificiale nella comunicazione quotidiana", ha spiegato Hiromu Yakura, autore principale della ricerca. "Se fino a oggi ci siamo chiesti come rendere l’IA più simile agli esseri umani, i nostri dati suggeriscono che sta accadendo il contrario: sono gli esseri umani ad adattarsi al linguaggio delle macchine."
Questo è un problema. Per citare il filosofo Ludwig Wittgenstein: “I limiti del mio linguaggio indicano i limiti del mio mondo”. Le parole non sono solo etichette: sono strutture, mappe, abitudini mentali. Se cambia il linguaggio, cambia anche la forma che diamo ai pensieri.
L’impatto di ChatGPT sul nostro linguaggio quotidiano
Una parola, su tutte, ha attirato l’attenzione del team: "approfondire". È un segnale. Un termine che, secondo Levin Brinkmann, co-autore dello studio, è diventato una sorta di firma invisibile del linguaggio plasmato da ChatGPT, una "filigrana verbale" che potrebbe segnalare la presenza implicita dell’intelligenza artificiale in una conversazione.
"I nostri risultati sollevano preoccupazioni di natura sociale e politica circa il potenziale dell'IA di ridurre involontariamente la diversità linguistica o di essere deliberatamente utilizzata impropriamente per la manipolazione di massa. Evidenziano inoltre la necessità di ulteriori indagini sui cicli di feedback tra il comportamento delle macchine e la cultura umana", si legge nello studio. Il report arriva a pochi giorni da un altro esperimento, condotto dal MIT Media Lab, secondo cui l’uso intensivo dei chatbot per scrivere testi accademici può avere un effetto negativo sul cervello umano, riducendo l’attività cognitiva e limitando la capacità di apprendimento.
Cambierà il modo in cui pensiamo?
C'è un legame profondo tra pensiero e linguaggio. Per esempio, secondo l'ipotesi di Sapir-Whorf (o “relativismo linguistico”), la lingua che parliamo condiziona la nostra percezione del mondo. Il linguaggio, quindi, non segue passivamente il pensiero: lo modella, lo organizza e in parte lo limita. Agisce come un filtro cognitivo, le strutture linguistiche quindi non sono semplici strumenti per comunicare pensieri preesistenti, ma processi cognitivi che contribuiscono a formare quei pensieri.
Se sistemi di intelligenza artificiale diventano modelli di riferimento, potrebbero agire come vettori di nuovi modelli cognitivi, che impattano sui nostri schemi di pensiero. E considerato che siamo di fronte a macchine che assemblano parole, il rischio, alla fine, è di diventare un po' meno umani.