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Pubblicare la foto di tuo figlio sui social è come appenderla in strada: i veri rischi dello sharenting

Cornici Private è un progetto realizzato da cinque studenti dello IED, che hanno deciso di riempire le strade du Testaccio, Roma, con immagini di bambini creati dall’intelligenza artificiale. L’obiettivo è sensibilizzare chi sceglie di pubblicare le immagini dei minori sui social.
A cura di Elisabetta Rosso
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CORNICI PRIVATE | Le foto per le strade di Roma
CORNICI PRIVATE | Le foto per le strade di Roma

Bambini che mangiano, dormono, sorridono prima di entrare a scuola, spengono candeline, guardano in camera, mostrano il pallone della prima partita di calcio. La lista è lunga. Basta scorrere sui social per inciampare in foto di minori che fanno cose. A pubblicarle sono i genitori. Il fenomeno è diventato talmente diffuso da meritare un nome: sharenting. Contrazione di sharing (condivisione) e parenting (genitorialità), è stato battezzato ufficialmente a giugno 2022 dall’Oxford English Dictionary.

Uno studio della SIP, Società Italiana di Pediatria del 2023, ha tradotto in numeri la tendenza. Ogni anno i genitori pubblicano 300 foto dei figli sui social, e prima del quinto compleanno ne hanno già condivise quasi 1.000. Eppure non sono solo foto. Ma dati, informazioni, che espongono i bambini online. "È come mettere i propri figli per strada", racconta a Fanpage.it Giorgia Michelangeli, studentessa dello IED che ha realizzato con quattro compagni il progetto Cornici Private.

Hanno trasformato una metafora in qualcosa di reale, tappezzando le strade di Roma con fotografie di bambini generati dall'intelligenza artificiale. "Il nostro obiettivo è far capire ai genitori che rischiano di perdere il controllo delle immagini che caricano, mettendo a rischio i propri figli."

CORNICI PRIVATE | Le foto esposte per la strada
CORNICI PRIVATE | Le foto esposte per la strada

Partiamo dal vostro progetto, Cornici Private.

Allora noi abbiamo sparso nel quartiere di Testaccio delle cornici con delle foto di bambini, Dietro ogni cornice abbiamo messo un QrCode per collegarsi al sito dell'iniziativa, una volta aperto appare la frase “E se nella cornice ci fosse tuo figlio? e un catalogo di foto di bambini, che in realtà sono state realizzate dall’intelligenza artificiale, grazie proprio alle migliaia di foto di bambini che sono state pubblicate e che hanno addestrato i software.

Come è nata l’idea?

Beh noi siamo degli studenti di comunicazione e quindi conosciamo questi strumenti e abbiamo deciso di sfruttarli per parlare del tema.

Perché proprio lo sharenting?

Ci siamo sentiti investiti di questo ruolo in quanto generazione di mezzo, tra i genitori che pubblicano le foto sui social e i loro figli. Il nostro obiettivo è essere un ponte tra queste due generazioni. Non vogliamo avere un tono accusatorio, l’unico scopo è sensibilizzare sulla tematica.

Chi c’è dietro a Cornici Private?

Noi siamo cinque studenti dello IED, ci sono io, che sono Giorgia Michelangeli, poi Costanza Nastri, Giorgia Parisi, Daniele Stecconi e Francesca Verini, e abbiamo tutti tra i 21 e i 26 anni.

Come hanno reagito le persone vedendo le foto dei bambini per strada?

Inizialmente erano a disagio, non si avvicinavano. Poi in un secondo momento i passanti hanno cominciato a prendere in mano la cornice, a girarla e scannerizzare il QrCode.

Andiamo al cuore della questione. Quali sono i rischi per i bambini?

In primo luogo c’è il rischio dell’impronta digitale permanente, quando le informazioni vengono pubblicate online diventano un insieme di informazioni e immagini che esistono su di lui e possono essere difficili se non impossibili da eliminare completamente.

Ecco, ma se un genitore ha già pubblicato le foto di un figlio e vuole rimediare?

Sicuramente cancellare le immagini. Poi una volta pubblicate anche se rimosse non è detto che la traccia scompaia, possono essere state già scaricate per esempio per scopi malevoli.

Tornando ai rischi, mi stavi dicendo.. 

Il rischio è di perdere il controllo delle informazioni, potrebbero essere usate da terzi senza il consenso, anche per rintracciare i bambini. Parliamo quindi di violazione della privacy, impatto sulla reputazione e sorveglianza indesiderata. Soprattutto poi, come dicevamo del furto di identità

C’è qualche storia legata al tema che vi ha colpito?

Ce ne sono tante. Ne abbiamo cercate su internet per capire bene i rischi, e ci ha colpito il caso di Cam Barrett, sin dall’infanzia la madre ha condiviso i momenti più privati su facebook, e questo ha attirato attenzioni indesiderate e allarmanti.

Per esempio?

Messaggi da uomini sconosciuti. Non solo, essendo stata così esposta sui social media Cam ha sviluppato anche ansia e paranoia.

Ma le strategie di mettere l’emoticon del sole davanti alla faccia o girare i bambini di spalle funzionano?

Sicuramente è meglio rispetto a mostrare la faccia, in questo modo si evitano determinati rischi.

Però si condividono comunque dei dati, per esempio la posizione, la scuola che frequenta. 

Sì, diciamo che a prescindere del volto mostrato si possono dare informazioni di contesto. In realtà a partire da una foto si possono ricavare moltissimi dati, anche senza volto o nome.

Perché, nonostante lo sharenting sia diventato un tema, i genitori pubblicano ancora le foto dei figli sui social?

Molto spesso i genitori pubblicano queste foto perché sono orgogliosi dei loro figli, la condivisione è legata spesso a sentimenti positivi.

In futuro i figli potranno rivalersi sui genitori per le foto online?

Sicuramente tra i rischi c’è l’impatto sulla reputazione, la percezione che gli altri hanno sul bambino in base alle informazioni condivise online dai genitori. Questo può influenzare la vita sociale del bambino che un giorno come è successo nel caso Cam Barrett, potrebbe accusare il genitore.

Quando si parla di entrate, a chi spettano quei soldi? Se ci sono in mezzo sponsor si può parlare di sfruttamento?

Per quanto riguarda il lucrarci sopra c’è una proposta di legge che è stata fatta recentemente, per ora non sappiamo ancora come evolverà la situazione. In realtà molte volte la problematica è legata ad account minori, il problema è generalizzato. Non condannerei gli influencer.

Però diciamo che gli influencer condividendo queste immagini rischiano di normalizzare l’esposizione dei bambini.

Sì, hanno lo scopo di influenzare quindi è chiaro che hanno un impatto. D’altro canto noi stiamo facendo la stessa cosa ma cercando di sensibilizzare di più su questo tema.

Torniamo al progetto. Perché il nome Cornici Private? 

L’abbiamo scelto perché appunto le cornici dovrebbero rimanere private, non esposte al pubblico. Ma suggerisce anche il cambio di contesto, prima le foto erano appunto racchiuse in cornici, dentro le case, ora non più. Il messaggio devo dire che è arrivato, e infatti ci ha colpito ricevere così tanto commenti positivi.

Il commento che vi ha colpito di più?

Ne abbiamo ricevuti tanti, da “non mollate”, a “le iniziative che ci servono”, ma anche “un tema di cui si parla poco, grazie”. È stato bello vedere le persone così  curiose e coinvolte nel progetto.

CORNICI PRIVATE | I messaggi inviati dagli utenti
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