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Perché l’Antitrust ha avviato un’istruttoria su Booking.com

L’Antitrust ha aperto un’istruttoria su Booking.com. L’accusa è quella di aver applicato delle policy che ridurrebbero la possibilità di scelta dei clienti. Al momento Booking.com ha risposto con una nota formale: “Stiamo pienamente collaborando con la Guardia di Finanza”.
A cura di Valerio Berra
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Il tema è sempre lo stesso. Può una singola piattaforma occupare tutto lo spazio di mercato in un settore? L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (da qui Antitrust) ha aperto un’istruttoria su Booking.com, il portale dedicato alla prenotazione di alberghi. L’Antitrust vuole indagare su un “presunto abuso di posizione dominante”.

Nello specifico l’accusa dell’Antitrust riguarda il Programma Partner Preferiti, un programma di affiliazione con cui Booking.com offre dei vantaggi in termine di visibilità alle strutture in cambio di una serie di condizioni. Per avere un posizionamento migliore sulla piattaforma le strutture avrebbero accettato di avere commissioni più elevate e di esporre prezzi più competitivi sul mercato.

Il problema della concorrenza

Lo abbiamo visto anche in molte altri casi. L’ultimo è quello di iPhone. Solo ieri il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato Apple di soffocare la concorrenza nel mercato degli smartphone. In breve, quando una piattaforma acquisisce un potere avvicinabile a un monopolio le regole che impone rischiano di bloccare sul nascere ogni forma di concorrenza. Il danno, alla fine, è tutto sul consumatore che perde la possibilità di avere servizi migliori nati appunti dal libero mercato.

Nella nota con cui l’Antitrust ha accompagnato la notizia si legge: “Questa strategia sembra idonea a ostacolare lo svolgimento di una concorrenza effettiva nel mercato […] a danno di altri con effetti negativi sulle strutture ricettive e, in ultima analisi, sui consumatori in termini di maggiori prezzi e minore scelta nei servizi di intermediazione e prenotazione online”.

La risposta di Booking

Per adesso Booking.com ha pubblicato solo una nota di risposta, molto formale: "Possiamo confermare che stiamo pienamente collaborando con la Guardia di Finanza e l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ieri hanno svolto delle ispezioni nei nostri uffici in Italia".

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