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Perché il piano di riconoscimento facciale del ministro Piantedosi è pieno di problemi

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha spiegato durante un’intervista al Quotidiano Nazionale che sta valutando di sviluppare le tecnologie di riconoscimento facciale per le funzioni di “prevenzione e indagine”.
Intervista a Giovanni Battista Gallus
Avvocato esperto di privacy e di diritto legato alla tecnologia
A cura di Valerio Berra
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È un dibattito ciclico. È successo a Como nel 2020, a Torino nel 2021 e a Lecce nel 2022. In città c’è una zona in cui la concentrazione di reati è particolarmente alta, il comune decide di introdurre un sistema di telecamere collegate a un software di riconoscimento facciale e poi tutto viene bloccato. Questa volta però c’è una variante. A parlare di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che in un’intervista pubblicata sul Quotidiano Nazionale ha presentato questa tecnologia per come un’ottima soluzione per migliorare la sicurezza:

“La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale. La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine. È chiaro che il diritto alla sicurezza va bilanciato con il diritto alla privacy. C’è un punto di equilibrio che si può e si deve trovare. Proprio in questo periodo abbiamo avviato interlocuzioni specifiche con il Garante per trovare una soluzione condivisa”.

Fino a questo momento tutti gli esperimenti per introdurre il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici in Italia sono naufragati. Troppi rischi per la privacy, software inadeguati o problemi legati all’utilizzo della tecnologia straniera per dati (ancora) considerati troppo sensibili. I problemi riguardano soprattutto il riconoscimento facciale in real time, quello che avviene elaborando i dati in tempo reale delle persone riprese dalle telecamere di sicurezza e che servirebbe per quella “prevenzione” di cui parla Piantedosi.

Perché usare il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici può diventare un problema

In queste settimane l’Unione Europea sta lavorando all’Artificial Intelligence Act, un testo in cui si punta a creare una serie di regolamenti legati all’intelligenza artificiale. Il testo è ancora in fase di approvazione ma per adesso le sue disposizioni sul riconoscimento facciale sono parecchio nette. Lo ricorda a Fanpage.it Giovanni Battista Gallus, avvocato esperto di privacy e di diritto legato alla tecnologia.

“In Italia c’è una moratoria che prevede un divieto generalizzato di impianti di riconoscimento facciale nelle aree pubbliche (o aperte al pubblico) in real time fino al 31 dicembre del 2023”, spiega Gallus. E la situazione si sta facendo seria anche in Europa: “L’Artificial Intelligence Act è ancora in una fase di compresso ma nel testo che compare adesso ci sono alcuni punti abbastanza chiari. Viene vietato in modo esplicito l’utilizzo di tutti i sistemi di riconoscimento biometrico in tempo reale”.

Per avvisare la polizia che un ricercato si trova in un determinato luogo e permettere così un’intervento immediato è necessario utilizzare proprio questi sistemi che processano e analizzano i dati biometrici di migliaia di persone nello stesso momento in cui passano davanti alle telecamere. Di fatto una sorveglianza di massa. “Con questo sistema ci troveremo a processare i dati di migliaia di persone per trovarne una”, spiega Gallus.

Perché i dati biometrici sono così importanti

I dati biometrici non riguardano solo il nostro volto. La nostra corporatura, il modo in cui camminiamo, le nostre proporzioni rappresentano un pacchetto di informazioni personali con cui è facile identificarci e da cui è praticamente impossibile fuggire. A dirlo è sempre Gallus: “Bisogna immaginare i dati biometrici come una proiezione immodificabile del nostro essere. Una volta che un soggetto è associato a una serie di dati poi sarà legato per sempre a queste informazioni”.

Il problema del riconoscimento facciale riguarda anche i database. C’è già un lungo storico di casi in cui i sistemi di riconoscimento facciale si sono dimostrati inefficaci per quanto riguarda la sicurezza. Spesso presentano discriminazioni su base etnica oppure si confondono e creano falsi positivi. Ma non solo. Nel marzo del 2022 il Garante della Privacy ha sanzionato con 20 milioni di euro la società ClearView AI per aver raccolto un database degli utenti italiani semplicemente colleziono i dati e le immagini pubblicate sui social network.

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