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La Cina vuole bloccare l’export delle terre rare, sono le risorse da cui dipende il futuro

I 17 elementi chimici rappresentano la chiave del progresso. Da anni Pechino li usa come strumento geopolitico, l’ultima mossa è una risposta al blocco dei chip da parte degli Usa.
A cura di Elisabetta Rosso
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Con le terre rare si costruisce il futuro. Smartphone, tablet, energia rinnovabile, auto elettriche, e la possibilità di contenere l’innalzamento della temperatura al di sotto dei 2 gradi. La Cina lo sa bene, e infatti vuole bloccare l’esportazione degli elementi chimici. In realtà sono anni che tiene sotto scacco con minacce di embargo Stati Uniti e Giappone, ma ora deve vendicarsi perché Washington, per intralciare l’ascesa cinese, ha chiuso il rubinetto dei chip. Ora Pechino vuole giocare il suo asso nella manica.

Il tango tra semiconduttori e terre rare è un ottimo esempio di interdipendenza geopolitica. Per quanto nessuna delle parti sia disposta ad ammetterlo, al momento Cina e Usa non possono fare a meno dell’altro. I chip e le terre rare sono infatti gli elementi base per l’evoluzione nei settori strategici della tecnologia.

Cosa sono le terre rare

Si chiamano rare ma non lo sono. Meglio, sono minerali reperibili in quantità maggiori rispetto al comune nichel oppure al rame, eppure la loro concentrazione geografica e il complesso processo di estrazione le rende preziose. Si tratta infatti di elementi chimici che non si possono trovare isolati in natura, devono prima venire estratti dalle miniere, e poi separati attraverso procedimenti di raffinazione ad alto impatto ambientale.

Le terre rare in tutto sono 17 elementi chimici, tra questi scandio, lantanio, cerio, ittrio, praseodimio, litio, cobalto. Costituiscono la base per realizzare ogni dispositivo elettronico, dagli smartphone ai tablet. Non solo, tutto il settore dell’automotive, delle batterie ricaricabili, della fibra ottica si regge sulle terre rare. Sono fondamentali anche per la tecnologia green, sarebbe impensabile costruire i magneti permanenti delle turbine eoliche o i motori elettrici senza le terre rare.

Il piano della Cina per l'export

I funzionari stanno modificando un elenco, aggiornato nel 2020, di restrizioni per l’esportazione. L’obiettivo è scrivere nuove regole, più stringenti, per vietare in tutto o in parte il commercio di determinati derivati di terre rare. I ministri del Commercio e della Tecnologia l'avevano già annunciato a dicembre 2022, ora secondo la testata cinese Nikkei, sono previsti 43 emendamenti da aggiungere al testo originale. Non solo estrazione, la Cina ha anche potere sulla lavorazione delle terre rare, quelle estratte negli Usa vengono infatti spedite nel Paese per la raffinazione.

Se da un lato Pechino cerca di frenare l’ascesa statunitense bloccando l’esportazione di terre rare, dall’altro gli Usa hanno iniziato la stessa battaglia ma con i semiconduttori, per smorzare l’ascesa cinese in ambito tecnologico. Sono il punto debole della Cina, i semiconduttori, proprio per questo gli esperti hanno spiegato che le terre rare diventeranno la merce di scambio perfetta per fare pressione e allentare le politiche aggressive degli Usa. Sia Washington, sia Tokyo saranno costrette a cedere perché il blocco delle terre rare spezzerebbe la catena di approvvigionamento per il progresso.

La geopolitica delle terre rare

Sono anni che le terre rare si sono trasformate in uno strumento di pressione diplomatica. In realtà fino al 2011, quasi il 98% del controllo di produzione mineraria era in mano alla Cina. Dopo è iniziata un’erosione progressiva, sono entrati nel mercato nuovi attori, come Australia, Canada, Stati Uniti, Myanmar, India e Groenlandia. Ora anche l’Europa, dato che nel 2022 è stato scoperto un nuovo giacimento in Svezia.

Ad ogni modo la Cina è riuscita a mantenere il predominio sul mercato, e il suo potere l’ha dimostrato gonfiando i muscoli al momento opportuno. Qualche esempio. Il primo caso emblematico è stato l’embargo delle terre rare per ottenere il controllo delle isole Senkaku, amministrate dal Giappone e rivendicate poi da Pechino. Ma anche quando nel 2019, sempre la Cina, ha fatto leva sul blocco dell'export di terre rare verso gli Stati Uniti, per ottenere una tregua dalla guerra commerciale di Donald Trump. E non poteva che funzionare, dato che l’80% delle importazioni di minerali rari dipendeva dalla Cina, e il sistema difensivo più avanzato degli Usa si basava proprio sull’uso massiccio di terre rare.

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