video suggerito
video suggerito

Il giallo della Web Tax: la tassa per distribuire i soldi delle Big Tech sparisce dagli accordi sui dazi

La Web Tax è un’idea che si muove da tempo nell’Unione Europea. Il piano è quello di tassare le entrate pubblicitarie delle grandi piattaforme che operano in Europa. In questi giorni è sparita dai negoziati tra Ue e Stati Uniti. O meglio, non è molto chiaro dove sia andata a finire.
A cura di Valerio Berra
1 CONDIVISIONI
Immagine

Sono anni che in Europa si parla di Web Tax. Anni in cui si presentano proposte di legge, si scrivono interventi, si bilanciano le richieste delle lobby e si cerca di capire se l’idea alla base della legge può funzionare. Da quando Donald Trump e Ursula von der Leyen si sono seduti insieme nella tenuta del Golf Club di Turnberry, in Scozia, è diventato chiaro che tutto il tempo passato a parlare di questa proposta di legge sia sostanzialmente andato in fumo.

Il presidente degli Stati Uniti e la presidente dalla Commissione Europea hanno negoziato il primo accordo sui dazi imposti dagli Stati Uniti. È un accordo duro, per l’Unione Europea. Ci sono dentro dazi al 15% su diverse categorie di prodotto. C’è dentro un piano da 400 miliardi di euro per l’acquisto di energia dagli Stati Uniti, non è chiaro a che prezzo.

Le valutazioni politiche sull’accordo per ora sono abbastanza nette. Forse la più drastica, almeno rispetto al ruolo, è quella di François Bayrou, premier francese. Secondo lui questo accordo è il simbolo di un’Europa che si “rassegna alla sottomissione”. Il piano di Trump, insomma, sembra aver funzionato: creare condizioni di export così sfavorevoli da convincere le imprese a produrre le loro merci direttamente negli Stati Uniti.

Cosa è successo alle Big Tech

Tra le cose ancora da decidere, almeno ufficialmente c’è la Web Tax. In breve. Negli ultimi anni si è parlato molto di una legge per tassare di più le Big Tech. Nello specifico i ricavi pubblicitari o frutto di abbonamenti che vengono realizzati dalle grandi piattaforme nei singoli Paesi. È un’idea che ha preso forma in vari modi ma che nell’Unione Europea non ha mai trovato un punto di caduta. Alla fine del 2024 in Italia era diventata un caso per una modifica nell’ultima legge di bilancio.

Ovviamente parliamo di flussi enormi. Google e Meta, solo per citare due tra le principali, sono rispettivamente la quinta e la sesta azienda con la capitalizzazione di mercato più alta al mondo. Rispettivamente 2.333 miliardi di dollari e 1.894 miliardi di dollari. Ad aprile, come ha raccontato Wired, in Europa si è tornato a parlare di Web Tax proprio come opzione per bilanciare il peso dei dazi. Al momento però non si capisce bene che fine abbia fatto.

Il mistero delle dichiarazioni

Nelle cronache dei negoziati su dazi le carte sembrano chiare. La Web Tax veniva data per morta. Già portata in sacrificio sull’altare del negoziato. Nelle ultime ora però è sembrato che le idee di come gestire la Web Tax, o Digital Tax, non siano molto chiare.

La Casa Bianca ha celebrato l’accordo dicendo che l’Ue si era impegnata a non introdurre tasse sulle Big Tech. Una posizione a cui ha risposto il Commissione europea per il Commercio, riporta il Corriere della Sera: “Non cambiamo le nostre regole e il nostro diritto di regolamentare autonomamente nello spazio digitale”.

Cosa ne sarà della Web Tax? Domanda difficile. O meglio. Una risposta oggi c’è: “Per ora niente”. Difficile pensare che l’Unione Europea voglia rimettere questa carta sul tavolo ora che si è concluso un accordo che già va a svantaggio del mercato.

1 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views