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I Batman che urlano “Attenzione Pickpocket” sono gli eroi di cui non abbiamo bisogno

Nelle ultime settimane è diventato virale l’audio di una donna di Venezia che urla “Attenzione Pickpocket, attenzione borseggiatrici”. La sua voce ora viene usata sotto i video di squadre di calcio e di gatti che rubano cibo. Ma siamo sicuri di voler appoggiare questo modo di farsi giustizia da soli?
A cura di Valerio Berra
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L’audio è diventato un meme. Sono solo due frasi, sempre urlate dalla voce di una donna: “Attenzione Pickpocket, Attenzione Borseggiatrici”. Su TikTok Napoli, Juventus e Real Madrid lo hanno usato sotto video di palloni rubati con destrezza dalle gambe degli avversari. Negli Stati Uniti si usa per commentare i video di cani e gatti (ma soprattutto gatti) che rubano il cibo dai piatti. I numeri non si contano più. Milioni di visualizzazioni e migliaia di like. La storia è finita sul New York Times e su CNN Brasile. Ma al fondo di tutto c’è qualcosa che non funziona.

A urlare quelle due frasi è sempre Monica Poli. 57 anni, veneziana, nelle sue interviste dice che da anni segnala i piccoli furti che vede tra i canali della sua città insieme al comitato Cittadini non distratti. Il salto però è solo all’inizio di questa estate, quando il suo Comitato apre una pagina TikTok. Monica comincia a riprendere quelle che lei definisce borseggiatrici. Inizia ad urlare il suo mantra e le segue tra i canali di Venezia. Sempre ripetendo “Attenzione Pickpocket, Attenzione Borseggiatrici”.

Il problema di Batman

Chiunque abbia visto anche solo un film con protagonista un giustiziere mascherato lo sa. Prima o poi c’è sempre qualcuno che alza la mando e chiede: “Ma con che diritto lo stai facendo?”. Perché a un certo punto una persona decide di mettersi una tuta, riempirsi la cintura di armi, infilarsi un mantello e andare in giro a picchiare i criminali pretendendo di farsi chiamare uomo-qualcosa. Comportamenti che tra l’altro fuori dai fumetti sconfinano in una corposa serie di profili penali e psichiatrici.

Monica Poli non è l’eroe che meritiamo ma forse nemmeno quello di chi abbiamo bisogno. Il caso è uguale a quello delle pagine Instagram di Milano che urlavano a gruppi di donne in metro accusandole di essere borseggiatrici. Il sistema giuridico italiano ha tre gradi di giudizio e una persona gode della presunzione di innocenza fino a quando la sentenza emessa da un tribunale non diventa definitiva. Non solo. Nessuna legge prevede che il reato commesso da una persona venga urlato in piazza, che quella persona venga rincorsa e che il suo volto finisca su qualsiasi piattaforma social.

Senso civico?

Accettare questi comportamenti, celebrarli con le interviste e ridere degli audio apre le porte ai Batman solitari e alle ronde di gruppo. Certo questo non toglie che nelle città più affollate esistano dei problemi in tema di sicurezza. E certo, se vediamo un furto compiuto davanti a noi segnalarlo è il minimo che possiamo fare. Ma c’è un confine. Chi si “apposta nelle zone critiche e aspetta di vedere le borseggiatrici” si sostituisce alla polizia senza averne le competenze, senza avere una catena di comando e di controllo e senza avere un protocollo a cui rispondere. Non è senso civico. È una giustizia privata che si compie tra gli applausi e le risate dei social. Applausi che possiamo anche smettere di fare.

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Vengo dalla provincia di Milano e dagli anni '90. Questo non dice tutto di me, ma quasi. Ora Capo Area della redazione Tecnologia e Scienze a Fanpage.it, prima cronista a Settegiorni, studente alla Scuola Walter Tobagi, stagista a RaiNews24, collaboratore al Corriere della Sera e membro della prima redazione di Open. 
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