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A Brooklyn apre un museo del fallimento, ci sono tutte le invenzioni che non hanno mai funzionato

Lo psicologo Samuel West ha deciso di collezionare 140 oggetti per raccontare i grandi fallimenti commerciali, dietro il successo del museo c’è il fascino del fallimento che libera dalle convenzioni.
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A cura di Elisabetta Rosso
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“Si costruisce sul fallimento” cantava Jhonny Cash, e c’è anche chi ha deciso di mettere su un museo dei grandi insuccessi. Samuel West è uno psicologo, e per professione si trova di fronte a persone che devono fare i conti con i passi falsi, gli errori, la grande paura, quella di fallire. Per tradurre la semantica dell’insuccesso ha deciso di riunire in una stanza oggetti disparati, auto, occhiali, medicinali, tutti hanno un tratto in comune: hanno fallito sul mercato. Il museo, aperto a Brooklyn, quartiere di New York, diventa così un rifugio degli errori che finisce per liberare dai pesi delle convenzioni. Respirare il fallimento fa bene, normalizzarlo in una società che chiede di essere performanti, ancora di più.

L'idea di Samuel West

"Il più grande ostacolo all'innovazione è la paura del fallimento", ha spiegato West. "Quindi ho pensato, ‘ehi, voglio fare qualcosa con questa paura del fallimento in relazione al progresso e all'innovazione". L’obiettivo era condividere con il pubblico il fascino del fallimento, "non sapevo cosa fare", ha ammesso West. “Dovrei scrivere un libro? Devo scrivere un paio di articoli?' Avevo solo bisogno di un medium e mi sono imbattuto nella forma del museo”, è stata una rivelazione e da quel momento ha cominciato a collezionare gli oggetti iconici che hanno segnato la strada degli insuccessi. West per selezionare gli oggetti esposti ha stabilito una serie di criteri. Insomma anche per capire cos'è o cosa non è un fallimento serve un metodo. Lo psicologo ha scelto così quei prodotti o servizi innovativi che, nel tentativo di migliorare qualcosa che già esisteva, si sono trasformati in fallimenti commerciali. 

Dentro il museo degli insuccessi

In totale sono stati selezionati 140 oggetti per rappresentare il fallimento. Ci sono i Google Glass, gli occhiali per la realtà aumentata. Presentati come dispositivi rivoluzionari, sono diventati poi un insuccesso per Google, non funzionavano bene, e non assomigliavano a occhiali normali, tanto che le persone si vergognavano a indossarli per strada. A dare il colpo di grazia sono stati i problemi di privacy, e dopo due anni sono stati ritirati dal mercato.

Non solo, c’è anche la DeLorean, l’iconica auto sportiva di Ritorno al futuro, con le porte ad ala di gabbiano. Nonostante il successo legato al film che ha trasformato il veicolo in oggetto di culto, l’auto è stata un flop. Il motore non funzionava bene, la carrozzeria troppo difficile da pulire, e così si è trasformata in un "incubo su ruote" che ha portato la DeLorean Motor Company al fallimento. Oltre gli insuccessi rumorosi, la mostra presenta anche prodotti meno noti, come Olestra, un additivo che a metà anni ‘90 avrebbe dovuto sintetizzare i grassi senza effetti collaterali negativi. Peccato per gli effetti collaterali: crampi e diarrea. E così venne ritirato dal mercato.

Perché siamo attratti dal fallimento

Quando West ha aperto le porte per la mostra di Brooklyn è rimasto sorpreso: “Venerdì è stato impegnativo, ma sabato è stato folle. È stato fantastico vedere che ci sono stati così tanti visitatori”. Sembra che l’interesse non sia mosso solo dall’effetto curiosità, fa bene stare in mezzo al fallimento, entrare in contatto con gli errori, soprattutto quelli commessi dai grandi, dalle aziende di successo, da chi apparentemente è infallibile.

“Non ho pensato a questo quando ho progettato il museo, ma una delle reazioni più soddisfacenti da vedere è che le persone si sentono liberate quando vedono grandi marchi e aziende famose, che hanno enormi quantità di denaro, competenze ed esperienza e loro falliscono ancora quando si provano cose nuove.”

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