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Virus dell’herpes modificato elimina o riduce il cancro alla pelle avanzato: speranze contro il melanoma

Un team di ricerca internazionale ha dimostrato che un virus dell’herpes labiale modificato, chiamato RP1, combinato con il farmaco immunoterapico nivulomab è in grado di ridurre di almeno il 30 percento o di eliminare del tutto una delle più comuni e aggressive forme di cancro alla pelle, il melanoma. L’efficacia è stata dimostrata solo in una parte dei pazienti trattati e serviranno ulteriori indagini per tutte le conferme del caso.
A cura di Andrea Centini
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Il virus dell'herpes labiale – herpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1) – geneticamente modificato può ridurre o eliminare del tutto il melanoma, una comune e aggressiva forma di tumore della pelle. Perlomeno in una certa percentuale di pazienti e se somministrato in combinazione con un diffuso farmaco immunoterapico, il nivolumab. È quanto emerso da un nuovo studio di Fase 1 / 2 – chiamato IGNYTEpubblicato sul Journal of Clinical Oncology e presentato al congresso 2025 dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO), che si è tenuto a Chicago, negli Stati Uniti.

I promettenti risultati di RP1 (vusolimogene oderparepvec), il virus modificato, fanno seguito alle evidenze emerse già da alcuni anni, in cui versioni “OGM” di questo patogeno, che infetta circa i 2 / 3 della popolazione globale ed è responsabile della fastidiosa e ricorrente lesione labiale (ma non solo), hanno mostrato una certa efficacia contro i tumori aggressivi e allo stadio avanzato. Fra essi il sopracitato melanoma ma anche alcuni carcinomi, come quello alle ghiandole salivari e all'esofago.

Secondo alcuni studiosi, l'uso dei suddetti virus detti “oncolitici” potrebbe rivoluzionare l'oncologia; del resto sono patogeni che si sono evoluti per penetrare nelle cellule umane e, con le opportune modifiche, possono arrivare anche in siti non raggiungibili con altri farmaci. Basti pensare ad alcuni tumori aggressivi del cervello, protetti anche dalla barriera ematoencefalica. L'aspetto più promettente risiede nel fatto che RP1 non ha solo ucciso o ridotto i tumori in cui è stato iniettato, ma anche quelli profondi e lontani dal sito dell'iniezione, segno che la combinazione sinergica con l'immunoterapico agisce a fondo in tutto il corpo.

A determinare che il virus dell'herpes labiale modificato RP1 combinato con l'immunoterapico nivolumab (un anticorpo monoclonale) può ridurre o eliminare il melanoma è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Norris Comprehensive Cancer Center e della Scuola di Medicina Keck dell'Università della California Meridionale, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di molti istituti in tutto il mondo. Fra quelli coinvolti l'Università Gustave Roussy e Parigi-Saclay, l'azienda Replimune, l'Holden Comprehensive Cancer Center dell'Università dell'Iowa, l'Università di Oxford e molti altri. I ricercatori, coordinati dall'oncologo Gino Kim In, hanno coinvolto nello studio 140 pazienti con melanoma allo stadio avanzato che non rispondevano più all'immunoterapia anti-PD-1 o che non ne avevano mai beneficiato.

L'efficacia della terapia combinata con RP1 e nivolumab

I pazienti sono stati sottoposti a un ciclo di otto somministrazioni (una ogni due settimane) della terapia combinata RP1 con nivolumab; in caso di risposta positiva si è proseguito con il solo nivolumab per 30 cicli o 2 anni. Dall'analisi dei risultati è emerso che in 1 paziente su 3 i tumori sono stati ridotti almeno del 30 percento, mentre in 1 paziente su 6 i tumori sono stati completamente eliminati. Dunque la terapia non funziona su tutti, inoltre non è detto che il cancro non possa ripresentarsi (la recidiva è un rischio significativo delle malattie oncologiche), tuttavia si tratta di risultati estremamente preziosi e promettenti. I ricercatori evidenziano che la terapia colpisce solo le cellule malate e soprattutto non innesca infezione da HSV-1, che è associata ad altri problemi; è noto che le particelle virali restano per sempre nell'organismo dopo l'infezione (nei gangli nervosi) e in caso di stress o riduzione delle difese immunitarie possono manifestarsi con l'herpes labiale. Il virus può annidarsi anche nel cervello e diversi studi hanno trovato associazioni persino con il morbo di Alzheimer. Ma la terapia oncolitica con RP1 non comporta tali rischi.

“Questi risultati sono molto incoraggianti perché il melanoma è il quinto tumore più comune negli adulti e circa la metà di tutti i casi di melanoma avanzato non può essere gestita con i trattamenti immunoterapici attualmente disponibili”, ha affermato il professor In in un comunicato stampa, aggiungendo che il tasso di sopravvivenza del melanoma avanzato incurabile “è di soli pochi anni”, pertanto il nuovo trattamento “offre speranza ai pazienti che potrebbero aver esaurito le opzioni per combattere il cancro”.

Serviranno naturalmente indagini più approfondite per tutte le conferme del caso; è stato già avviato uno studio di Fase 3 che coinvolgerà 400 pazienti. È la fase sperimentale che in genere precede l'autorizzazione all'immissione al commercio. La Food and Drug Administration (FDA) ha già dato una corsia preferenziale alla terapia – che è stata generalmente ben tollerata – proprio per i promettenti risultati già ottenuti in precedenza. I dettagli della ricerca “RP1 Combined With Nivolumab in Advanced Anti–PD-1–Failed Melanoma (IGNYTE)” sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.

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