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Un’isola del Mediterraneo diventa trappola per microplastiche: livelli mai registrati prima

L’Illa Grossa, nell’arcipelago delle Columbretes, in Spagna, è diventata un punto critico di accumulo di microplastiche: nella sua baia, che ospita il corallo Cladocora caespitosa, l’unica specie capace di formare barriere coralline nel Mediterraneo, sono stati rilevati livelli di microplastiche tra i più alti mai osservati nei mari europei.
A cura di Valeria Aiello
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La baia deIlla Grossa, o Columbrete Grande, la maggiore delle isole Columbretes, dove si accumulano livelli incredibilmente elevati di microplastiche / Credit: JavierValencia2005/Wikipedia
La baia deIlla Grossa, o Columbrete Grande, la maggiore delle isole Columbretes, dove si accumulano livelli incredibilmente elevati di microplastiche / Credit: JavierValencia2005/Wikipedia

L’Illa Grossa, la più grande delle isole Columbretes, in Spagna, è diventata un punto critico per l’accumulo di microplastiche nel Mediterraneo: nella sua baia, priva di fonti di inquinamento locali, sono stati trovati livelli di microplastiche tra i più alti mai osservati nei mari europei, che minacciano direttamente l’ecosistema di quest’area marina protetta. L’accumulo rappresenta un rischio significativo per il corallo Cladocora caespitosa, l’unica specie capace di formare barriere coralline nel Mediterraneo, che nella baia di Illa Grossa sostiene una fauna marina particolarmente diversificata.

In alcuni punti della baia, le particelle di microplastica superano le 6.000 unità per chilogrammo di sedimento, pari a quattro volte il livello medio nell’area di studio, compromettendo la sopravvivenza dei coralli e mostrando come la rigorosa protezione locale non sia sufficiente a limitare l’inquinamento da microplastiche. “La Corrente del Nord, una delle principali correnti marine del Mediterraneo occidentale, trasporta i rifiuti di plastica dalle regioni costiere densamente popolate di Spagna, Francia meridionale e Italia settentrionale alle Isole Columbreteshanno precisato gli autori dell’indagine – . Una volta entrati nella baia, i detriti rimangono intrappolati, mettendo in pericolo la salute di una specie chiave per la vita marina”.

I risultati delle analisi sono stati recentemente pubblicati in uno studio sulla rivista Marine Pollution Bulletin.

L’llla Grossa intrappola livelli di microplastiche tra i più alti mai osservati nel Mediterraneo

L’Illa Grossa, o Columbrete Grande, la maggiore delle isole Columbretes, al largo della costa di Castellón, Spagna, è diventata una trappola per le microplastiche: nella sua baia, a forma di mezzaluna, sono stati rilevati livelli tra i più alti mai registrati nel Mediterraneo, che si accumulano spinti dalla Corrente del Nord che scorre parallela lungo il margine continentale della Penisola Iberica.

Mappa e particolare del corallo di C. caespitosa nella baia di Illa Grossa / Credit: Lars R., et al. Marine Pollution Bulletin 2025
Mappa e particolare del corallo di C. caespitosa nella baia di Illa Grossa / Credit: Lars R., et al. Marine Pollution Bulletin 2025

Inoltre, le particelle di microgomma derivanti dall’abrasione degli pneumatici vengono trasportate in mare attraverso i fiumi, contribuendo ulteriormente all'inquinamento di questa riserva marina protetta” spiegano i ricercatori che hanno valutato le concentrazioni e il possibile impatto ecologico dell’inquinamento da microplastiche e microgomma in quest’area. Nello specifico, la loro attenzione si è focalizzata sulla minaccia che queste minuscole particelle di plastica rappresentano per il corallo Cladocora caespitosa, che nella riserva marina delle Isole Columbretes forma una delle più grandi biocostruzioni del Mediterraneo, con una copertura corallina totale di 2.900 m2.

Posizione e foto dei banchi di corallo di C. caespitosa nella baia di Illa Grossa / Credit: Lars R., et al. Marine Pollution Bulletin 2025
Posizione e foto dei banchi di corallo di C. caespitosa nella baia di Illa Grossa / Credit: Lars R., et al. Marine Pollution Bulletin 2025

Abbiamo studiato i sedimenti di questa popolazione di C. caespitosa per analizzare quanto il loro habitat sia influenzato dall’inquinamento da microplastiche, prelevando campioni dal fondale marino adiacente alle colonie e dai sedimenti intrappolati all’interno delle colonie stesse” hanno puntualizzato i ricercatori, riscontrando concentrazioni “profondamente preoccupanti”.

I campioni, analizzati con metodi spettroscopici avanzati nei laboratori dell’Università di Kiel e dell’Helmholtz Center Hereon, in Germania, hanno evidenziato che i coralli hanno agito come setacci fisici. “Più densa era la colonia, più piccole erano le particelle trattenute” hanno osservato gli studiosi, identificando in media 1.514 particelle di microplastica e microgomma per chilogrammo di sedimento. Nel campione di sedimenti intrappolati in una delle colonie di coralli, la concentrazione ha raggiunto 6.345 particelle per chilogrammo di sedimento.

Questi valori sono di gran lunga superiori a quelli osservati finora in altre parti del Mediterraneo occidentale – ha affermato il dottor Diego Kersting, co-autore dello studio e ricercatore presso Instituto de Acuicultura Torre de la Sal (IATS) di Castellón – . I polimeri più comuni includevano polietilene (PE, 28%), polietilene tereftalato (PET, 25%), polistirene (PS, 19%), poliuretano (PU) e microgomma (circa il 16% del totale)”.

L’inquinamento da microplastiche minaccia la barriera corallina

Concentrazione e dimensioni delle microplastiche – il 90% delle particelle identificate che è risultato inferiore ai 250 micrometri (abbastanza piccole da essere ingerite dai coralli) – rappresentano una seria minaccia non solo per i coralli, ma anche per l’ecosistema sostenuto alla barriera corallina.

Essendo una specie chiave, C. caespitosa crea habitat tridimensionali che ospitano una variegata vita marina, fungendo anche da indicatore del cambiamento ambientale nella regione” hanno aggiunto gli studiosi, evidenziando come i coralli si nutrano sia attraverso la fotosintesi, sia attraverso la simbiosi con alghe microscopiche, sia filtrando il plancton dall’acqua. Questi diversi metodi di alimentazione si rivelano vitali durante i periodi di stress, come alte temperature o scarsa luminosità in inverno.

Le elevate concentrazioni di microplastiche possono però interrompere questo meccanismo di alimentazione flessibile, con gravi conseguenze sull’approvvigionamento energetico e la resistenza allo stress del corallo. I poliuretani, in particolare, sono sospettati di essere dannosi per gli organismi marini a causa delle loro proprietà chimiche che suggeriscono la loro possibile tossicità.

I nostri risultati sono profondamente preoccupanti: pur riguardando un’area limitata del Mediterraneo, dimostrano come anche le aree protette siano gravemente colpite dall’inquinamento globale da plastica, che mette in pericolo le specie di corallo più sensibili – ha affermato il dottor Lars Reuning, autore principale dello studio e ricercatore dell’Istituto di Geoscienze dell’Università di Kiel – . Questi risultati sottolineano l’urgente necessità di ampliare la ricerca su tali impatti e di intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni globali di plastica”.

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