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Terapia genica rivoluzionaria elimina tumori del sangue incurabili nel 64% dei pazienti

Ricercatori britannici hanno messo a punto una forma evoluta dell’immunoterapia CAR-T contro il cancro chiamata BE-CAR7. Il trattamento innovativo è stato in grado di eliminare i tumori nel 64% dei pazienti affetti da una forma incurabile di leucemia linfoblastica acuta di tipo T. Alcuni risultano in remissione dalla malattia da 3 anni.
A cura di Andrea Centini
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Una versione evoluta della famosa terapia CAR-T, un'immunoterapia contro il cancro, è stata in grado di guarire il 64 percento dei pazienti affetti da una forma incurabile di leucemia linfoblastica acuta di tipo T (LLA-T), un raro e aggressivo tumore del sangue. “Il termine ‘acuta' indica la velocità di progressione della malattia, che in genere insorge e peggiora molto rapidamente”, spiega il Policlinico Sant'Orsola di Bologna. Delle undici persone coinvolte nello studio di Fase 1, in nove (82 percento) hanno raggiunto “remissioni molto profonde” della malattia dopo il trattamento, chiamato BE-CAR7; in sette (64 percento) risultano libere dalla malattia, alcuni delle quali a tre anni dalla somministrazione della terapia genica. È un risultato straordinario, considerando che nella sperimentazione sono stati coinvolti bambini e adulti affetti da una forma di leucemia considerata “incurabile”, che non rispondeva ai trattamenti standard come la chemioterapia.

A mettere a punto e testare il trattamento BE-CAR7 è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici del Great Ormond Street Hospital for Children NHS Trust di Londra e dello University College London (UCL), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del King's College Hospital NHS Foundation Trust. Come indicato, la nuova terapia genica è una sorta di evoluzione della CAR-T, un'immunoterapia cellulare nella quale i linfociti T (un tipo di globuli bianchi) vengono prelevati, ingegnerizzati in laboratorio e reinfusi nei pazienti per riconoscere e uccidere le cellule cancerose. In genere si usano le cellule prelevate dagli stessi malati, ma in determinati casi si usano anche le cellule T di donatori sani. “In entrambi i casi, le cellule T vengono prelevate e inviate ad un laboratorio specializzato, dove vengono modificate geneticamente per produrre una proteina (chiamata recettore) che riconosce un’altra proteina (chiamata antigene) sulla superficie delle cellule tumorali. Questo riconoscimento consente alle cellule T modificate di identificare e attaccare il cancro”, spiega l'Istituto Oncologico Europeo (IEO).

Come spiegato dal Great Ormond Street Hospital (GOSH), nel caso della terapia BE-CAR7 progettata dal team del professor Waseem Qasim le cellule ottenute da donatori sani sono trattate con un particolare editing di base che non taglia il DNA. In parole molto semplici, le cellule vengono rese universali e plasmate con la rimozione di proteine di superficie e marcatori come CD7 e CD52, poi attraverso un virus vengono caricate con un'"arma" chiamata recettore chimerico per l'antigene (CAR). Grazie a questi passaggi, una volta infuse nel paziente, le cellule ingegnerizzate non solo “sfuggono” agli attacchi del sistema immunitario e dei farmaci immunosoppressori somministrati, ma vanno a caccia delle cellule T del paziente e le distruggono come un esercito. Dopo quattro settimane, se tutto va secondo i piani, il paziente è pronto per ricevere il trapianto di midollo osseo. Si tratta di una procedura complessa, invasiva e con grandi rischi per la salute, in particolar modo quella di contrarre gravi infezioni quando il sistema immunitario è praticamente azzerato a causa del bombardamento di farmaci, ma innanzi a una malattia gravissima e incurabile è una soluzione non solo valida, ma anche estremamente efficace, come mostrano i risultati del nuovo studio.

La prima paziente a beneficiare di questo trattamento è stata la sedicenne Alyssa Tapley, che ha ricevuto la terribile diagnosi quando aveva 13 anni. Poiché la sua malattia non rispondeva alla chemioterapia e agli altri trattamenti, le fu proposta la terapia innovativa BE-CAR7, che ha dato risultati straordinari. “Ho scelto di partecipare alla ricerca perché sentivo che, anche se non avesse funzionato per me, avrebbe potuto aiutare altri. Anni dopo, sappiamo che ha funzionato e sto davvero bene. Ho fatto tutte quelle cose che si dovrebbero fare quando si è adolescenti. Sono andata in barca a vela, ho trascorso del tempo lontano da casa per conseguire il premio Duke of Edinburgh, ma anche solo andare a scuola è qualcosa che sognavo quando ero malata. Non do nulla per scontato. Il prossimo passo sulla mia lista è imparare a guidare, ma il mio obiettivo finale è diventare una ricercatrice scientifica e contribuire alla prossima grande scoperta che possa aiutare persone come me.”, ha detto la ragazza in un comunicato del GOSH.

Come spiegato dal coautore dello studio Rob Chiesa, circa il 20 percento dei bambini con diagnosi di leucemia linfoblastica acuta di tipo T può non rispondere bene ai trattamenti standard come il restante 80 percento, ed è proprio per loro che una terapia come questa può fare la differenza. “Abbiamo assistito a risultati straordinari nella guarigione di una leucemia che sembrava incurabile: è un approccio molto efficace”, ha affermato la dottoressa Deborah Yallop, ematologa consulente del Kings College di Londra. I risultati sono stati molto promettenti e la speranza del professor Qasim e colleghi è che sempre più pazienti possano beneficiarne. I dettagli della ricerca “Universal Base-Edited CAR7 T Cells for T-Cell Acute Lymphoblastic Leukemia” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine, la più prestigiosa al mondo in ambito medico.

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