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Strane macchie bianche continuano formarsi nel mare delle Bahamas, ma nessuno sa perché

Le analisi delle acque hanno chiarito che sono formate da particelle di carbonato di calcio, ma il motivo per cui si appaiono in determinati momenti non è ancora stato chiarito.
A cura di Valeria Aiello
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Immagine del satellite Landsat8 di uno degli eventi di sbiancamento che si verificano al largo delle Bahamas. Credit:  NASA Earth Observatory
Immagine del satellite Landsat8 di uno degli eventi di sbiancamento che si verificano al largo delle Bahamas. Credit:  NASA Earth Observatory

Il braccio d’oceano stretto tra la Florida e le Bahamas è uno degli ambienti marini più suggestivi e studiati del mondo. Ma è anche sede di un curioso fenomeno, noto con il nome di “whiting event”, che si manifesta come una colorazione biancastra delle acque superficiali e che, nelle immagini satellitari, appare come una serie di strane macchie che contrastano con il blu del mare delle Bahamas.

Nonostante questi eventi siano stati segnalati già negli Anni 30, gli scienziati non hanno ancora idea di cosa sia effettivamente a causarli in quest’area. Le indagini di campionamento hanno chiarito che le macchie sono dovute a un’abbondanza di particelle di carbonato di calcio a grana fine sospese nell’acqua ma i meccanismi che portano alla loro formazione rimangono ancora oggi un mistero.

Il mistero degli eventi di sbiancamento alle Bahamas

Recentemente, il satellite Landsat 8 ha catturato un’immagine a colori naturali (in apertura) di uno di questi eventi lungo la costa occidentale della Great Bahama Bank, che è durato circa due mesi prima di svanire, più o meno in linea con il periodi di persistenza degli eventi precedenti, che vanno dai pochi giorni ai tre mesi. Alcuni esperti sostengono che si tratti di un processo meccanico, dovuto al sollevamento di carbonato di calcio dalle piattaforme carbonatica sommerse che costituiscono gran parte dell’arcipelago, mentre altri ritengono che le macchie siano il risultato di fioriture di fitoplancton e altri processi chimici o biochimici. Tuttavia, il motivo per cui picchi di carbonato di calcio restano sospesi nell’acqua in determinati momenti dell’anno non è mai stato chiarito.

Immagini satellitari del 2015 di un evento di sbiancamento alle Bahamas. Credit: NASA Earth Observatory/Joshua Stevens, utilizzando i dati dell'US Geological Survey.
Immagini satellitari del 2015 di un evento di sbiancamento alle Bahamas. Credit: NASA Earth Observatory/Joshua Stevens, utilizzando i dati dell'US Geological Survey.

In realtà, non c’è consenso scientifico su cosa le causi” ha spiegato Chuanmin Hu, un oceanografo dell’Università della Florida meridionale che, nel tentativo di comprendere meglio cosa determini questi eventi, insieme ai colleghi ha sviluppato un modello di apprendimento automatico per analizzare migliaia di immagini delle Bahama Banks catturate tra il 2003 e il 2020 dal satellite Aqua della NASA. In tal modo, il team ha creato la più ampia e dettagliata raccolta di dati mensili, stagionali e annuali degli eventi di sbiancamento che si sono verificati nel XIX secolo, che ha permesso di rilevare alcune dinamiche finora sconosciute. I risultati di questo studio sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Remote Sensing of Environment .

Valutando gli eventi in relazione alle tempistiche di comparsa, gli studiosi hanno scoperto che un numero significativamente maggiore di eventi si verifica in primavera e in inverno. Il team ha inoltre rilevato grandi variazioni in relazione alle dimensioni delle singole macchie biancastre, che si estendono da 0,1 a 226 chilometri quadrati, con una dimensione media di 2,4 chilometri quadrati, pari a quasi 300 campi di calcio, per quelle che appaiono lungo le coste della Great Bahama Bank.

La cosa più sorprendente è che il team ha osservato quello che è stato definito come un “misterioso” aumento dell’area totale interessata da questi eventi, che è passato da una media di circa 25 chilometri quadrati del 2003 a ben 300-350 chilometri quadrati nel 2014-2015. Dopo il 2015, l’area interessata ha iniziato a diminuire gradualmente, tornando a circa 25 chilometri quadrati nel 2020. L’immagine del satellite Landsat 8, nello specifico, mostra uno di questi eventi durante il picco dell’attività di scolorimento, nel gennaio 2015.

Vorrei poter dire perché abbiamo visto quel picco di attività, ma non ci siamo ancora arrivati – ha  aggiunto Hu – . Abbiamo osservato alcune interessanti relazioni tra le condizioni ambientali, come il pH, la salinità dell’acqua e il comportamento dei venti e delle correnti, ma non possiamo ancora dire quali siano stati gli esatti processi meccanici, biologici o chimici responsabili di quel picco. In definitiva, dobbiamo fare più esperimenti sul campo e abbinarli a ricerche di telerilevamento come questa per comprendere meglio i processi di formazione”.

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