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Scienziati frenano la distrofia muscolare in test di laboratorio: speranze per nuova terapia

Grazie alla manipolazione di una proteina ricercatori americani sono riusciti a frenare la distrofia muscolare in laboratorio, sopprimendo la morte delle miofibre e migliorando la funzionalità dei muscoli.
A cura di Andrea Centini
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Scienziati statunitensi hanno scoperto un metodo in grado di rallentare la progressione della distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e di migliorare la funzione muscolare. L'attivazione forzata di una proteina di segnalazione del sistema immunitario, legata alla sopravvivenza, alla crescita e all'infiammazione cellulari, è infatti in grado di favorire la crescita delle fibre muscolari e di sopprimere la mionecrosi, il processo che porta al deperimento muscolare tipico della grave condizione medica. Al momento l'efficacia della manipolazione della proteina – chiamata TAK 1 – è stata dimostrata solo in laboratorio attraverso esperimenti su modelli murini (topi), tuttavia ci sono significative speranze che possa essere replicata anche nell'essere umano.

A scoprire che la manipolazione di una proteina immunitaria è in grado di rallentare la progressione della distrofia muscolare di Duchenne e migliorare la funzionalità dei muscoli è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del College di Farmacia dell'Università di Houston. In precedenza lo stesso team aveva scoperto che la proteina TAK 1 (transforming growth factor β-activated chinase1) è fondamentale per la regolazione della massa muscolare scheletrica, inoltre aveva determinato che una sua attivazione oltre i livelli normali può migliorare la crescita del muscolo scheletrico, come indicato in un comunicato stampa dell'ateneo del Texas. Nel nuovo studio, nel quale sono stati coinvolti topi geneticamente modificati affetti dal modello murino della distrofia muscolare, i ricercatori guidati dal professor Ashok Kumar hanno alterato i livelli della TAK 1 per verificarne l'impatto sulla muscolatura.

Gli scienziati hanno scoperto che l'inattivazione della proteina TAK1 determina una riduzione della massa muscolare e della funzione contrattile dei muscoli, oltre che la perdita di massa muscolare nei topi adulti. L'attivazione forzata, d'altro canto, catalizza la crescita delle miofibre, “senza avere alcun effetto deleterio sull'istopatologia muscolare”, spiegano gli scienziati nell'abstract dello studio. “I nostri risultati suggeriscono che TAK1 è un regolatore della massa muscolare scheletrica. Prendendo di mira specificamente questa proteina, possiamo sopprimere la morte delle fibre muscolari, nota come mionecrosi, e rallentare la progressione della malattia nella DMD”, hanno dichiarato in un comunicato stampa i professori Ashok Kumar, Else e Philip Hargrove. “La nostra ricerca mostra che l'attivazione di TAK1 può stimolare la crescita delle miofibre in un modello di DMD, senza alcun impatto negativo sulla salute muscolare”, hanno aggiunto gli esperti.

Come spiegato da Orpha.net, la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker “sono malattie neuromuscolari caratterizzate da atrofia e debolezza muscolare progressiva da degenerazione dei muscoli scheletrici, lisci e cardiaci”. Tra le due la più grave e frequente è la prima, che colpisce circa 1 bambino ogni 3.300. Normalmente viene diagnosticata a 5 anni e i pazienti perdono la vita attorno ai 30 anni. Il deperimento muscolare progressivo e costante, infatti, porta prima alla paralisi e infine alla morte per insufficienza respiratoria. La speranza è che questa scoperta possa tradursi in trattamenti innovativi in grado di contrastare efficacemente l'evoluzione infausta della rara patologia. “I nostri risultati suggeriscono che TAK1 è un regolatore positivo della massa muscolare scheletrica e che la regolazione mirata di TAK1 può sopprimere la mionecrosi e migliorare la progressione della malattia nella DMD”, hanno chiosato il professor Kumar e colleghi. I dettagli della ricerca “Targeted regulation of TAK1 counteracts dystrophinopathy in a DMD mouse model” sono stati pubblicati su JCI insight.

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