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Rischio “ribellione” per gli astronauti su Marte: potrebbe nascere una colonia autonoma dalla Terra

Il ritardo nelle comunicazioni tra la Terra e Marte, dovuto alla distanza tra i corpi celesti, potrebbe amplificare il senso di isolamento degli astronauti e portarli alla “ribellione”
A cura di Andrea Centini
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Tra i problemi più significativi legati al lungo viaggio per raggiungere Marte e alla sua esplorazione vi è il ritardo nelle comunicazioni con il centro di comando sulla Terra (o magari sulla Luna), a causa della notevole distanza del Pianeta Rosso. In base alla posizione reciproca dei corpi celesti, infatti, un segnale radio può impiegare dai 4 a 20 minuti per giungere da Marte fino a noi; per astronauti in difficoltà che hanno bisogno di urgente assistenza dal centro di comando può fare la differenza fra la vita e la morte. Ma il ritardo nelle comunicazioni potrebbe anche amplificare la sensazione di isolamento degli astronauti, soli a centinaia di milioni di chilometri da casa e in un ambiente totalmente ostile. Secondo uno studio, tuttavia, questo isolamento prolungato sarebbe persino in grado di influenzare la psicologia dell'equipaggio a tal punto da spingerlo a ridurre i contatti con la Terra, col rischio di un potenziale ammutinamento. Magari per fondare una colonia autonoma sul Pianeta Rosso (nel caso ovviamente avessero tutta la tecnologia e i materiali per sopravvivere).

È ciò che suggeriscono gli esperimenti del progetto SIRIUS (Scientific International Research In a Unique terrestrial Station) condotti in collaborazione tra lo Human Research Program della NASA e il Centro scientifico statale della Federazione Russa – Istituto di problemi biomedici dell'Accademia delle Scienze Russa. Non è chiaro come la guerra in Ucraina stia influenzando il prosieguo della partnership sul programma, ma diverse “missioni” (SIRIUS-17 / SIRIUS-21) sono state condotte fino a luglio 2022. In parole molto semplici, si tratta di test per verificare l'impatto psicologico del viaggio verso Marte (e della sua esplorazione) su un gruppo di volontari, posti in uno speciale centro di addestramento – per settimane o mesi – dove vengono simulate le condizioni di vita sul Pianeta Rosso, con tutte le sue criticità. Totale isolamento con l'esterno, alloggi claustrofobici, risorse per la sopravvivenza rigorosamente razionate, ritardo nelle comunicazioni con il centro di comando etc etc. In uno degli ultimi test è stato impiegato un gruppo di “astronauti” internazionale composto da uomini e donne, con l'obiettivo di indagare l'impatto della vita marziana.

Gli scienziati coordinati da Natalia Supolkina e Polina Kuznetsova, entrambe dell'Accademia delle Scienze Russa, hanno valutato il gruppo sottoposto a un isolamento marziano di 17 e 120 giorni presso l'Institute of Biomedical Problems di Mosca, registrandone l'evoluzione comportamentale. Come evidenziato nella precedente simulazione del progetto di ricerca Mars-500, i ricercatori hanno rilevato manifestazioni di “distacco” tra l'equipaggio e il centro di controllo della missione (MCC). Sebbene la simulazione dell'atterraggio (nella fase intermedia della simulazione) abbia portato a un aumento di contatti tra il gruppo e il centro di comando, successivamente il gruppo si è via via sganciato dalle comunicazioni. Inizialmente le donne segnalavano più problemi e avevano una comunicazione più emotiva con l'MCC rispetto agli uomini, ma nella fase finale della simulazione è stata notata una convergenza comportamentale e una coesione fra tutti i membri del gruppo. L'impatto psicologico sull'isolamento e la decisione di prendere decisioni sempre più autonome, senza ascoltare il centro di comando, in casi estremi potrebbe sfociare anche in una ribellione del gruppo, fino alla possibilità di uno sgancio “totale” dall'autorità sulla Terra.

Gli studiosi ritengono che una certa autonomia dell'equipaggio sia essenziale, visto l'ambiente ostile in cui si troverà a operare, ma la netta riduzione delle comunicazioni può portare l'MCC a non comprendere le esigenze dell'equipaggio, con un rischio di perdita di controllo sulla missione e sul supporto, come spiegato dal coautore dello studio Dmitry Shved a CNET. Se la missione Artemis verso la Luna dovesse avere successo, il primo equipaggio umano su Marte potrebbe arrivare sul Pianeta Rosso entro la metà del prossimo decennio, ma ci sono numerosi problemi logistici da risolvere; dall'ammartaggio al rischio di radiazioni e mutazioni per gli astronauti, passando per la riduzione di massa ossea, sistemi di sopravvivenza e molto altro ancora. In più c'è l'impatto psicologico del lunghissimo viaggio (di diversi mesi) che non va assolutamente sottovalutato. I dettagli della ricerca “External Communication of Autonomous Crews Under Simulation of Interplanetary Missions” sono stati pubblicati su Frontiers in Physiology

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