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Rilevato il fulmine più lungo di sempre, un “mostro” di 830 chilometri

Grazie all’analisi dei dati del satellite GOES-16, un team di ricerca internazionale ha identificato il fulmine più lungo mai documentato. Si tratta di un cosiddetto “megaflash” che da Dallas è arrivato fino a Kansas City, coprendo una distanza di 830 chilometri.
A cura di Andrea Centini
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Analizzando un set di dati satellitari, i ricercatori hanno scoperto il fulmine più grande mai documentato. Si tratta di un vero e proprio mostro che ha attraversato circa 830 chilometri di cielo, poco meno della distanza in linea d'aria che separa Milano da Palermo. La gigantesca saetta, durante il suo tragitto, si è scagliata al suolo più di cento volte e complessivamente ha avuto una durata di 7,39 secondi. Gli scienziati chiamano questi colossi “megaflash”.

Solo negli ultimi anni è stato possibile studiare questi fenomeni estremi con maggiore accuratezza, grazie al lancio dei satelliti meteorologici geostazionari GOES-16 e GOES-17 della NASA e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l'agenzia federale statunitense deputata allo studio di oceani, atmosfera e meteo spaziale. Questi satelliti, specializzati nelle previsioni meteo e nel monitoraggio di fenomeni come uragani e incendi, sono equipaggiati con uno strumento chiamato Geostationary Lightning Mappers (GLM), i cui sensori permettono di studiare i fulmini in tempo reale. Ogni giorno ne intercettano circa 1 milione. È proprio scoperto analizzando i dati raccolti da questi satelliti che è stato scoperto il megaflash da record.

A identificare il fulmine più ungo del mondo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Georgia Tech Research Institute e dell'Università Statale dell'Arizona, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti l'Università di San Paolo del Brasile, EUMETSAT (Germania), il Politecnico dell'Università della Catalogna di Barcellona (Spagna) e diversi altri. I ricercatori, coordinati dai professori Michael J. Peterson e Randall S. Cerveny, hanno rilevato il gigantesco fulmine analizzando i dati del satellite GOES-16, raccolti durante una gigantesca tempesta che si è abbattuta il 22 ottobre del 2017 sulle Grandi Pianure degli Stati Uniti, una vastissima regione a est delle Montagne Rocciose che abbraccia anche parte del Canada e del Messico.

Dall'analisi delle informazioni raccolte, i ricercatori hanno determinato che il megaflash ha avuto origine in un'area non distante da Dallas (Texas occidentale) e ha proseguito il suo tragitto fino a Kansas City, nel Missouri, percorrendo esattamente 515 miglia, pari a 829,8 chilometri. Il fenomeno è durato 7,39 secondi, pertanto è stato decisamente meno duraturo del fulmine più persistente, durato ben 17,1 secondi. Quest'ultimo originò durante una tempesta tra Uruguay e Argentina nel 2020. Anche in questo caso fu catturato dai satelliti GOES. I ricercatori chiamano megaflash tutti i fulmini che superano una lunghezza di 100 chilometri, che sono una netta minoranza, considerando che in genere sono lunghi meno di 16 chilometri. Il nuovo megaflash ha battuto di ben 61 chilometri il precedente record, che era stato "conquistato" nel 2020 da un altro fulmine rilevato sulle Grandi Pianure, un cosiddetto punto caldo dove simili fenomeni possono manifestarsi.

Il megaflash del 22 ottobre 2017. Credit: Organizzazione meteorologica mondiale, Società meteorologica americana
Il megaflash del 22 ottobre 2017. Credit: Organizzazione meteorologica mondiale, Società meteorologica americana

I ricercatori ritengono che nel cielo possono verificarsi fenomeni anche più estremi di questi, ma solo grazie al lavoro dei nuovi satelliti sarà possibile coglierli. In passato si utilizzavano infatti antenne radio, mentre i nuovi rilevatori satellitari sono estremamente precisi. “È probabile che esistano ancora eventi estremi ancora più forti e che saremo in grado di osservarli man mano che nel tempo si accumuleranno ulteriori misurazioni di alta qualità dei fulmini”, ha dichiarato il professor Cerveny in un comunicato stampa. “I nostri satelliti meteorologici sono dotati di apparecchiature di rilevamento dei fulmini molto precise, che ci consentono di documentare con precisione al millisecondo quando inizia un fulmine e quanto lontano si propaga”, ha chiosato l'esperto.

I fulmini e le saette originano nel cuore delle nuvole, a causa dello sfregamento del ghiaccio e di altre particelle che si caricano elettricamente. La differenza di potenziale che si innesca tra le nuvole e il suolo determina la violentissima scarica elettrica, che può essere compresa tra i 300 milioni e 1 miliardo di Volt. È un'energia mostruosa e può avere esiti fatali quando colpisce le persone. Circa mille ogni anno vengono colpite da un fulmine.

I fulmini tendono ad annullare il più rapidamente possibile la sopracitata differenza di potenziale, ecco perché colpiscono gli oggetti più alti tra essi e il suolo. Una persona su una spiaggia o su un campo da gioco è particolarmente esposta al pericolo per queste ragioni. Le principali vittime dei fulmini sono tuttavia gli alberi; secondo un nuovo studio ne vengono distrutti ben 320 milioni ogni anno, con conseguenze significative anche sui cambiamenti climatici. I dettagli della nuova ricerca “A New WMO-Certified Single Megaflash Lightning Record Distance: 829 km (515 mi) occurring on 22 October 2017” sono stati pubblicati sul Bulletin of the American Meteorological Society.

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