Ragazzo ricoverato in crisi d’astinenza da smartphone, lo psicologo: “Può causare anche sintomi fisici”

Un adolescente è stato ricoverato all'ospedale San Luigi di Orbassano di Torino dopo essersi presentato al pronto soccorso con i sintomi tipici di una crisi d'astinenza. A causarla però non è stata un'effettiva dipendenza chimica da sostanze, ma il divieto che gli avevano imposto i genitori di utilizzare lo smartphone.
Il caso è stato raccontato al Corriere della Sera dal Prof. Gianluca Rosso, medico chirurgico e psichiatra, che si trovava di guardia in pronto soccorso al momento dell'arrivo del ragazzo: era accompagnato dai genitori ed era in stato di agitazione psicomotoria severa. Il ragazzo è stato infatti ricoverato e poi trattato con terapie ansiolitiche importanti, intramuscolari ed endovenose per fermare la crisi e poi è stato rimandato a casa, dove dovrà essere seguito per imparare a gestire un rapporto più sano con lo smartphone.
Fanpage.it ha contattato Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, presidente dell'Associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo), per spiegare quali sono le possibili cause di una reazione di questo tipo.
Cos'è successo
In sostanza, quando i genitori, esasperati dall'uso eccessivo che il figlio faceva dello smartphone, hanno deciso di vietarglielo, il ragazzo ha avuto una reazione fisica all'astinenza dal telefono. Anche se sembra strano, nel nostro cervello ci sono dei meccanismi che si instaurano quando sviluppiamo una dipendenza, anche se non riguarda una sostanza, ma un comportamento o un'abitudine, come ad esempio l'uso dei social o lo shopping compulsivo.
"Può stupire – ha spiegato Russo al Corriere -ma la persona crea con lo smartphone un legame simile a quello ottenuto da altre sostanze d'abuso come alcol, sigarette e stupefacenti. Tutte portano a uno stimolo continuo del sistema dopaminergico al quale il cervello si abitua. Proprio questo porta la persona ad avvertire la necessità continua dello stimolo". La dopamina è un neurotrasmettitore che fa naturalmente parte del corpo umano e in quanto tale svolge funzioni essenziali, ad esempio nella regolazione dell’umore, del piacere e dei meccanismi di dipendenza.
Cosa succede nel cervello
Anche se i sintomi in caso d'astinenza possono essere molto simili, in realtà la dipendenza da un comportamento o un'abitudine è molto diversa da quella di una sostanza: "È possibile – spiega Lavenia – che un ragazzo privato bruscamente dello smartphone mostri sintomi simili a una crisi di astinenza. Ma bisogna fare attenzione alle parole: non parliamo di una dipendenza da sostanza, parliamo di una dipendenza comportamentale".
Non c'è una dipendenza chimica da una sostanza, ma piuttosto la rottura di un meccanismo ormai consolidato che coinvolge le regioni cerebrali responsabili del piacere: "Il cervello umano, soprattutto quello adolescente, si abitua velocemente al circuito di gratificazione immediata attivato dagli schermi: like, notifiche, scroll, giochi, chat. Tutto stimola il sistema dopaminergico, quello che regola desiderio, piacere, motivazione".
Gli effetti della dipendenza da smartphone
"Quando questo meccanismo si spezza improvvisamente, non arriva una crisi fisica “chimica” come con l’eroina o l’alcol, ma arrivano crisi emotive e comportamentali potentissime, che si manifestano con sintomi come ansia, agitazione, irritabilità, scoppi d’ira, difficoltà a dormire, sudorazione e tremori".
Anche se la crisi non è fisica, ovvero non è dovuta all'astinenza da una sostanza che crea una dipendenza chimica, può manifestarsi comunque con sintomi fisici: "È il corpo che reagisce, perché la mente sta crollando sotto il peso di una dipendenza invisibile, che non ha ancora un nome né un percorso sanitario ufficiale".
Anche se vietare lo smartphone può sembrare una soluzione, un insegnamento, è in realtà nei migliori dei casi un palliativo che mette soltanto in pausa il problema, ma non lo risolve: "Questi ragazzi – aggiunge Lavenia – non hanno bisogno solo di un sedativo d'urgenza in pronto soccorso, hanno bisogno di adulti capaci di capire, accompagnare ed educare. Il divieto non può essere l'unica arma, ma è necessario che imparino a costruire regole, limiti e soprattutto relazioni". Ma, Lavenia, che da anni si occupa di dipendenze tecnologiche negli adolescenti, ribadisce che la responsabilità non può ricadere soltanto sulle famiglie: questi ragazzi "hanno bisogno – dice – di uno Stato e di un sistema sanitario che finalmente riconoscano che la dipendenza tecnologica è reale, anche se non lascia tracce nel sangue".