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Chi soffre di più per un lutto ha un rischio molto più alto di morire entro 10 anni, secondo uno stuido

Ricercatori danesi hanno determinato che le persone che soffrono più a lungo (e intensamente) per la perdita di una persona cara hanno una probabilità quasi doppia di perdere la vita entro dieci anni dal lutto.
A cura di Andrea Centini
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Le persone profondamente colpite da un lutto hanno una probabilità sensibilmente superiore di perdere la vita entro dieci anni dall'evento. È quanto emerso da un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Public Health, che ha indagato a fondo sugli effetti a lungo termine di questa esperienza traumatica, con cui tutti, prima o poi, abbiamo a che fare. Il lutto per la scomparsa di una persona cara – ma anche di un animale domestico – è una reazione profonda a un cambiamento radicale nella nostra vita, con un fortissimo impatto emotivo, psicologico e talvolta anche fisico. La reazione a breve termine è maggiormente studiata e, come raccontano aneddoti in famiglia e casi di cronaca, essa può essere fatale.

La famigerata sindrome di Tako Tsubo (o Tsakotsubo), nota anche come cardiomiopatia da stress e sindrome del cuore spezzato, è un evento che colpisce il ventricolo sinistro del cuore dopo un evento fortemente traumatico come appunto un lutto, che può sfociare anche nella morte. Nel 2022 balzò agli onori della cronaca internazionale il commovente caso di Joe Garcia, il marito di una delle due maestre uccise – assieme 19 bambini – nel terribile massacro della scuola di Uvalde, in Texas, perpetrata dal 18enne Salvador Ramos. L'uomo morì a soli 43 anni appena due giorni dopo l'assassinio della moglie Irma. Ma al di là dei casi eclatanti, in tanti abbiamo ascoltato storie da conoscenti in cui magari si racconta di una persona che è “morta di crepacuore” o si è “lasciata andare” poco dopo la scomparsa del coniuge. Un recente studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association ha rilevato che sebbene le donne siano colpite più spesso da questa sindrome, gli uomini hanno il doppio delle probabilità di morire per essa.

Irma e Joe Garcia
Irma e Joe Garcia

Come sottolineato, la letteratura scientifica sui rischi del lutto a breve termine è ampia e copiosa, mentre lo è molto meno quella a lungo termine. Per colmare questa lacuna è stata fatta un'indagine di dieci anni su persone colpite dalla perdita di un familiare. A condurla un team di ricerca danese guidato da scienziati dell'Unità di Ricerca per la Medicina Generale di Aarhus, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Sezione per le Cure Palliative Specialistiche – Dipartimento di Oncologia dell'Ospedale Universitario di Aarhus, del Dipartimento di Medicina Clinica dell'Università di Aarhus e dell'Istituto danese del cancro. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Mette Kjærgaard Nielsen del Dipartimento di Salute Mentale presso l'istituto danese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver seguito circa 1.700 persone (sia uomini che donne) residenti in Danimarca e colpite da un grave lutto.

All'avvio dello studio, nel 2012, i partecipanti avevano un'età media di 62 anni e nella maggior parte dei casi avevano perso il coniuge o partner (66 percento). Gli altri lutti erano legati alla perdita di un genitore (27 percento) o di un altro affetto (6 percento). I ricercatori hanno potuto seguire tutti i partecipanti anche dal punto di vista delle prescrizioni di medicinali ansiolitici e depressivi, così come di eventuali terapie di supporto psicologico da parte dei professionisti. Incrociando tutti i dati è emerso che il 38 percento dei partecipanti ha sperimentato sintomi di lutto “bassi”, mentre il 6 percento ha avuto l'esperienza più traumatica, con dolore acuto e persistente. Altre persone hanno invece avuto esperienze intermedie, o magari con sintomi psicofisici più severi emersi mesi a mesi di distanza dalla perdita del proprio caro.

Questi dati sono stati integrati con i certificati di morte, facendo emergere la correlazione tra intensità del lutto e il rischio di perdere la vita. Ebbene, fra coloro che hanno vissuto il lutto in modo più traumatico, il rischio di morte è risultato essere dell'88 percento più alto rispetto a chi invece aveva avuto una risposta più lieve. Il lutto più intenso è risultato associato anche a un maggiore frequenza di patologie cardiovascolari, problemi di salute mentale e pensieri suicidari, come indicato dalla dottoressa Kjærgaard Nielsen in un comunicato. Questo gruppo, di conseguenza, ha anche cercato più spesso assistenza presso le strutture sanitarie. Nelle persone che hanno vissuto il lutto più intensamente si riscontrava altresì una prescrizione di farmaci psicotropi più elevata anche prima della perdita del familiare; ciò suggerisce che la salute mentale possa influire sensibilmente sul rischio di perdere la vita a seguito della scomparsa di una persona amata.

Ricordiamo che il lutto viene vissuto intensamente non solo dagli esseri umani, ma anche dagli altri animali, come dimostra lo strazio dell'orca Tahlequah che ha trascinato il corpo del figlio morto per numerosi giorni o gli elefanti che seppelliscono i membri del proprio gruppo ed eseguono addirittura "cerimonie funebri". I dettagli della nuova ricerca “Grief trajectories and long-term health effects in bereaved relatives: a prospective, population-based cohort study with ten-year follow-up” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Public Health.

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