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PFAS nell’acqua potabile: nuovo studio sulle sostanze “eterne” mostra rischi alla nascita da esposizione materna

Un nuovo studio evidenzia che l’esposizione materna ai PFAS, le “sostanze chimiche eterne”, tramite l’acqua potabile aumenta il rischio di basso peso, parto pretermine e mortalità nei neonati.
A cura di Valeria Aiello
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Un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) evidenzia rischi significativi per la salute dei neonati legati all’esposizione materna ai PFAS, le cosiddette “sostanze chimiche eterne”, tramite nell’acqua potabile. Secondo la ricerca, condotta dall’Università dell’Arizona, queste sostanze chimiche aumentano la probabilità di basso peso alla nascita, parto pretermine e mortalità infantile nei bambini nati da madri che bevono acqua proveniente da pozzi situati a valle di siti contaminati da PFAS. “Confrontando le nascite vicino a pozzi contaminati e non contaminati, abbiamo potuto osservare come i PFAS influiscono sulla salute dei neonatispiegano i ricercatori.

Lo studio ha analizzato i dati di 11.539 nascite tra il 2010 e il 2019, concentrandosi sui pozzi d’acqua che servono famiglie situate a valle o a monte di siti contaminati da PFAS nel New Hampshire, Stati Uniti. I risultati mostrano un incremento del 191% nella mortalità infantile nel primo anno, del 168% di nascite pretermine (prima delle 28 settimane), e del 180% di neonati con peso inferiore a 1.000 grammi rispetto ai bambini nati da madri che bevevano acqua fornita da pozzi a monte dei siti contaminati.

In numeri assoluti, ogni 100.000 nascite, queste percentuali equivalgono a circa 611 decessi nel primo anno di vita, 466 nascite pretermine e 607 bambini con peso estremamente basso alla nascita. Gli autori stimano inoltre che, se applicati a tutto il territorio degli Stati Uniti, i costi sanitari annuali dei PFAS superano 8 miliardi di dollari, evidenziando l’impatto economico e sociale della contaminazione.

Il problema dei PFAS, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, suscita da anni crescenti preoccupazioni, per la capacità di questi composti di persistere nell’ambiente, contaminando acqua, suolo, aria e alimenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato un programma di monitoraggio globale per valutare i rischi alla salute umana derivanti dall’esposizione a queste “sostanze chimiche eterne”, riconoscendo che l’esposizione materna può avere conseguenze sulla salute dei neonati.

Rischi alla nascita legati ai PFAS: i risultati dello studio

Lo studio condotto dall’Università dell’Arizona è il primo in un contesto reale ad aver esaminato i rischi sulla salute fetale e neonatale legati all’esposizione materna ai PFAS tramite l’acqua potabile. I principali risultati includono:

  • Basso peso alla nascita: i bambini nati da madri che bevevano acqua potabile proveniente da pozzi a valle dei siti contaminati da PFAS avevano il 43% di probabilità in più di avere un peso inferiore 2.500 grammi.
  • Parto pretermine: le madri esposte ai PFAS mostravano incremento del 20% nella probabilità di parto prima delle 37 settimane.
  • Mortalità infantile: aumento del 191% della mortalità nel primo anno di vita, equivalente a circa 611 decessi ogni 100.000 nascite.
  • Nascite estremamente pretermine o sottopeso: 607 bambini con peso inferiore ai 1.000 g e 466 nascite prima delle 28 settimane ogni 100.000 nati da madri che bevevano acqua potabile fornita da pozzi a valle dei siti contaminati da PFAS

Cosa sono i PFAS e rischi per la salute

I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche), chiamati anche “sostanze chimiche eterne”, sono composti chimici sintetici, caratterizzati da un’elevata stabilità: si decompongono molto lentamente, per cui tendono a persistere e accumularsi nell’ambiente.

Per decenni, i PFAS sono stati impiegati in numerosi settori industriali e nella produzione di beni di largo consumo. Si trovano in rivestimenti antiaderenti per pentole, in imballaggi alimentari resistenti a grassi e liquidi, in tessuti e scarpe impermeabili, in tessuti resistenti alle macchie, nelle schiume antincendio, nei pesticidi, e in molti altri materiali progettati per resistere a acqua, olio, calore o usura. Questa ubiquità, unita alla loro persistenza ambientale, fa sì che i PFAS siano ormai presenti in molte catene di esposizione umana: possono raggiungere le falde acquifere, contaminare l’acqua potabile, infiltrarsi nel suolo, accumularsi negli alimenti, o essere trasferiti da materiali e prodotti di uso quotidiano.

Gli studi scientifici hanno progressivamente messo in guardia sugli effetti sanitari potenzialmente gravi legati all’esposizione ai PFAS. Alcune evidenze indicano che l’esposizione — anche a basse dosi ma prolungata — può interferire con lo sviluppo fetale, aumentare il rischio di basso peso alla nascita o parto pretermine, e compromettere la salute nel corso della vita.

Altri studi segnalano un possibile impatto sul sistema immunitario, sul metabolismo, sulle funzioni epatiche e renali, e un aumentato rischio per malattie croniche e disturbi di fertilità.

Per questi motivi i PFAS vengono considerati una priorità di salute pubblica da molte istituzioni: la loro capacità di persistere nell’ambiente e di accumularsi negli esseri viventi — unita alla loro larga diffusione nei prodotti di uso quotidiano — li rende particolarmente insidiosi.

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