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Meteorite “boomerang” lascia la Terra e torna dopo 10.000 anni, secondo uno studio: com’è possibile

Un team di ricerca internazionale ha presentato un meteorite straordinario, con caratteristiche intermedie tra una roccia terrestre e un sasso spaziale. Secondo gli studiosi, sarebbe originato sulla Terra, finito nello spazio per 10.000 anni e poi ricaduto. Le possibili teorie.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Albert Jambon / Jérôme Gattacceca et al / Goldschmidt Conference
Credit: Albert Jambon / Jérôme Gattacceca et al / Goldschmidt Conference

Durante una conferenza stampa un gruppo di scienziati ha presentato una delle rocce più interessanti mai scoperte, che è stata soprannominata “meteorite terrestre”. Com'è noto i meteoriti sono i frammenti di asteroidi e altri corpi celesti che giungono sul nostro pianeta dallo spazio, dunque la denominazione non sembra avere molto senso. Eppure un senso ce l'ha eccome, secondo il nuovo studio. Questa roccia di circa 650 grammi, ufficialmente conosciuta come Northwest Africa 13188 e scoperta nel 2018 nel Maghreb (Marocco), sarebbe infatti originata sulla Terra e successivamente avrebbe compiuto un viaggio nello spazio per circa 10.000 anni, per poi precipitare sulla superficie del nostro pianeta. Come abbia fatto a finire “fra le stelle” e a tornare a casa è un mistero, tuttavia alcune teorie potrebbero spiegare l'appassionante epopea di questa misteriosa roccia boomerang.

A ipotizzare che il meteorite Northwest Africa 13188 è originato sulla Terra, finito nello spazio e poi ricaduto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi dell'Università di Aix-Marsiglia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del CEREGE, dell'Università di Berna, dell'Università Curtin, dell'Università Libera di Bruxelles, dell'Università Sorbona di Parigi e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Jérôme Gattacceca del CNRS, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto approfondite analisi di laboratorio sulla peculiare roccia, che presenta caratteristiche intermedie tra una tipica roccia ignea terrestre e un meteorite esposto alla radiazione cosmica per migliaia di anni.

La valutazione degli isotopi, cioè di atomi più leggeri o più pesanti (con differente numero di massa) rispetto agli elementi tipici, ha fatto emergere che nella roccia sono presenti sia l'ossigeno O-18 (circa 8 percento) che l'O-17 (circa 4 percento). La composizione, inoltre, è quella di una andesite basaltica, principalmente composta da plagioclasio (49 percento del volume) e pirosseno (26 percento del volume). Queste caratteristiche suggeriscono ai geologi un'origine abbastanza chiara: che si tratta di una roccia formatasi dalla fusione di minerali prodotti da un vulcano, nello specifico uno adiacente a una placca oceanica. Ma non è tutto. La roccia è infatti ricoperta da una crosta di fusione presente nei meteoriti, legata all'esposizione ai raggi cosmici e possibile solo nello spazio, non sulla terraferma. Le concentrazioni degli isotopi Elio-3, Berillio-10 e Neon-21, seppur inferiori a quelle dei tipici meteoriti, possono essere spiegate con un'esposizione di circa 10.000 anni alla radiazione cosmica in ambiente spaziale (la stragrande maggioranza di essa viene respinta dalla magnetosfera della Terra e non giunge sulla superficie).

E qui si arriva al nodo della questione. Come ha fatto una roccia vulcanica terrestre a finire nello spazio e poi a tornare indietro? Si può escludere che un'eruzione vulcanica esplosiva possa essere in grado di proiettare rocce nello spazio, considerando che i pennacchi di fumi e ceneri più alti arrivano al massimo a una cinquantina di chilometri di altezza. Magari un'eruzione particolarmente catastrofica potrebbe riuscire nell'impresa con piccoli frammenti, ma è un'ipotesi davvero poco credibile. Una spiegazione più realistica risiede nell'impatto di un corpo celeste – come un asteroide o una cometa – contro la superficie terrestre, che teoricamente è in grado di sparare detriti del substrato a decine di migliaia di chilometri orari verso l'alto.

Al momento non è ancora nota la datazione (età di cristallizzazione) del meteorite Northwest Africa 13188, ma una volta ottenuto questo dato – con la tecnica dell'Argon – forse ne sapremo molto di più anche sul suo viaggio spaziale. La scoperta è stata accolta con curiosità ma anche molto scetticismo dalla comunità scientifica, dato che si tratterebbe di un reperto davvero unico e assolutamente eccezionale. I dettagli della ricerca “Northwest Africa 13188: a possible meteorite … from Earth!” sono stati presentati durante una conferenza stampa alla Goldschmidt Conference 2023 sulla geochimica attualmente in corso di svolgimento a Lione, in Francia.

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