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Mangiano tanto ma non aumentano di peso: scoperta nuova malattia genetica rara in due gemelli

Identificata una nuova malattia genetica rara caratterizzata da ipermetabolismo, che non fa aumentare di peso nonostante l’eccesso di calorie assunte. È stata chiamata “sindrome da disaccoppiamento mitocondriale”.
A cura di Andrea Centini
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Scoperta una nuova, rara malattia genetica che colpisce gli organelli deputati alla produzione di energia all'interno delle cellule: i mitocondri. La patologia rende questi organelli cellulari iperattivi e ha un effetto peculiare sull'organismo: anche ingerendo abbondanti calorie, il peso resta comunque basso. In parole semplici, si determina un "ipermetabolismo" che brucia l'energia prodotta attraverso l'alimentazione. La nuova malattia è stata scoperta in una coppia di gemelli identici maschi e gli scienziati hanno deciso di chiamarla “sindrome da disaccoppiamento mitocondriale”.

A scoprire e descrivere la rarissima malattia genetica è stato un team di ricerca statunitense guidato da medici e scienziati dell'Howard Hughes Medical Institute del Massachusetts General Hospital di Boston e del Metabolism Program del Broad Institute di Cambridge, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Mitochondrial Medicine Frontier Program – Divisione Umana di Genetica del Children's Hospital di Philadelphia e della Scuola di Medicina Perelman dell'Università Statale della Pennsylvania. I ricercatori, coordinati dal professor Vamsi K. Mootha, docente di biologia dei sistemi e medicina presso il Dipartimento di Biologia Molecolare del nosocomio universitario del Massachusetts, hanno identificato la nuova patologia dopo aver analizzato i fibroblasti dei due piccoli, ovvero le cellule del tessuto connettivo deputate alla produzione di collagene, fibre e altre glicoproteine che si trovano nella matrice extracellulare.

Lo studio di queste cellule ha evidenziato un “consumo di ossigeno elevato e una diminuzione del potenziale della membrana mitocondriale”, hanno scritto Mootha e colleghi nell'abstract dello studio. I mitocondri, che possiedono un proprio DNA, sono i principali responsabili della respirazione cellulare, il processo attraverso il quale i nutrienti di base ottenuti dagli alimenti che ingeriamo vengono scissi in molecole di base per produrre ATP (adenosina trifosfato), il “carburante” delle cellule e dunque della vita. Gli autori dello studio sottolineano che generalmente le malattie che colpiscono i mitocondri alterano la funzione mitocondriale, tuttavia nel caso della sindrome da disaccoppiamento mitocondriale risultano iperattivi, innescando l'ipermetabolismo che impedisce ai piccoli di prendere peso nonostante l'eccesso di calorie assunte. “Questo è un fenotipo mitocondriale molto insolito. Esistono più di 300 malattie genetiche mitocondriali rare e quasi tutte sono associate a un'interruzione dei mitocondri”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Mootha.

Gli scienziati hanno condotto un'analisi dell'esoma e hanno scoperto una variante eterozigote nel gene ATP5F1B, che codifica per la subunità β dell'ATP sintasi mitocondriale, un enzima necessario per la produzione di ATP. La presenza di tale mutazione genera mitocondri “che perdono”, ovvero, che dissipano energia, un processo chiamato appunto disaccoppiamento mitocondriale. “Proponiamo un nuovo nome, sindrome da disaccoppiamento mitocondriale, che si presenta con ipermetabolismo e mitocondri disaccoppiati. Questi casi sono molto importanti per il campo della genetica delle malattie rare, della biologia mitocondriale e del metabolismo”, ha chiosato Mootha. “Questi gemelli rappresentano il primo disturbo del disaccoppiamento mitocondriale per il quale siamo stati in grado di trovare la causa genetica”, gli ha fatto eco la coautrice dello Rebecca D. Ganetzky dell'ateneo di Philadelphia, secondo la quale i due piccoli potrebbero essere i primi casi scoperti di “un'intera classe di malattie dell'accoppiamento mitocondriale”. I dettagli della ricerca “Congenital Hypermetabolism and Uncoupled Oxidative Phosphorylation” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine, considerata la più autorevole al mondo in campo medico.

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