Lebbra in Romania e Croazia: cos’è, sintomi e come si trasmette. Ciccozzi: “Possibile anche in Italia”

Dopo decenni di assenza, la lebbra, conosciuta anche come morbo di Hansen, è tornata a essere diagnosticata in Europa orientale, con casi confermati in Romania e Croazia. Le autorità sanitarie locali hanno precisato che si tratta di casi importati, legati a persone provenienti da aree in cui la malattia è endemica.
In Romania, il primo caso confermato di lebbra dal 1981 è stato diagnosticato a Cluj-Napoca, dove quattro donne, tutte impiegate in un centro benessere, hanno sollevato preoccupazioni epidemiologie da parte delle autorità sanitarie. Di queste, due – di 21 e 25 anni – hanno sviluppato sintomi iniziali e lesioni cutanee compatibili con la malattia infettiva, che è stata confermata con test microbiologici positivi per Mycobacterium leprae – il batterio responsabile della lebbra. Le altre due restano sotto monitoraggio clinico ed epidemiologico. Le autorità hanno disposto la sospensione temporanea dell’attività del centro, avviando procedure di sanificazione e un’indagine estesa sui contatti.
Parallelamente, in Croazia è stato confermato un caso isolato di lebbra — il primo dal 1993 — in un lavoratore straniero di origine nepalese residente nel Paese da alcuni anni. Anche in questo caso, le autorità sanitarie sottolineano che non si tratta di un focolaio, ma di un’infezione importata, gestita con identificazione dei contatti stretti, avvio della terapia e sorveglianza sanitaria mirata.
A chiarire il significato sanitario di questi casi è l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, docente all’Università Campus Bio-Medico di Roma, che in un intervento a Rainews ha invitato a contestualizzare il ritorno della lebbra in Europa senza allarmismi.
“La contagiosità della lebbra è bassa e il contagio avviene attraverso goccioline respiratorie, come tosse e starnuti, ma solo in caso di contatti ravvicinati e prolungati” ha spiegato Ciccozzi, sottolineando che si tratta di una malattia a decorso lento, che può essere riconosciuta e trattata quando diagnosticata per tempo. “È una patologia invalidante se non curata, ma non mortale, e oggi disponiamo di terapie efficaci”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ricorda che, una volta iniziata la terapia raccomandata, il rischio di trasmissione diminuisce rapidamente fino ad annullarsi, e che la gestione dei casi si basa su sorveglianza epidemiologica, tracciamento dei contatti e accesso precoce alle cure. Per questo l’OMS evidenzia l’importanza di considerare la lebbra — come altre malattie infettive rare in Europa — all’interno di una prospettiva di salute globale, in cui mobilità internazionale e diagnosi precoce giocano un ruolo centrale.
Cos’è la lebbra (morbo di Hansen)
La lebbra (o morbo di Hansen) è una malattia infettiva cronica causata dal batterio Mycobacterium leprae, che colpisce la pelle, i nervi periferici, le mucose delle vie respiratorie superiori e, in alcuni casi, gli occhi.
L’insorgenza della malattia è lenta, con un periodo di incubazione che può variare da mesi a decenni, e i sintomi possono manifestarsi molto tempo dopo il contagio.
La lebbra, ricorda l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è una delle malattie tropicali trascurate, ancora presente in più di 120 Paesi, soprattutto in alcune aree dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Nonostante il nome storico “lebbra” sia spesso associato a stigma sociale, l’OMS sottolinea che la malattia è curabile e che il bacillo diventa non contagioso una volta iniziata la terapia.
Quali sono i sintomi della lebbra: come riconoscerli
La lebbra può manifestarsi con una varietà di segni clinici, spesso di comparsa lenta e progressiva. I principali sintomi includono:
- Lesioni cutanee ipopigmentate o rossastre con perdita di sensibilità.
- Perdita di sensibilità nelle aree della pelle colpite.
- Ingrossamento dei nervi periferici, che possono diventare palpabili e ingrossati, con possibile debolezza muscolare.
- Danni neurologici che causano formicolio o intorpidimento alle mani, ai piedi o ad altre parti del corpo.
- Complicanze visive o deformità nei casi non trattati.
Come si trasmette la lebbra
La trasmissione della lebbra non avviene tramite contatti casuali o brevi, ma richiede un’esposizione prolungata e ravvicinata con una persona infetta non trattata. La diffusione avviene tramite goccioline respiratorie da naso e bocca di un individuo infetto che tossisce o starnutisce.
Al contrario di altre malattie respiratorie, contatti sociali quotidiani (come strette di mano e abbracci brevi) non sono considerati modalità significative di trasmissione.
Cure e monitoraggio: situazione in Romania, Croazia e possibile rischio in Italia
La lebbra è curabile grazie alla terapia multifarmaco (MDT) raccomandata dall’OMS, che combina antibiotici specifici per un periodo che può variare da 6 mesi a oltre un anno, in base alla forma clinica.
In Romania, oltre al monitoraggio epidemiologico, i pazienti coinvolti hanno iniziato trattamento specifico secondo gli standard internazionali, riducendo drasticamente il rischio di trasmissione. Le autorità hanno ripreso la sorveglianza intensiva e approfondito gli accertamenti sui contatti. In Croazia, il caso registrato è stato gestito rapidamente con terapia antibiotica e controllo dei contatti stretti, ribadendo la natura isolata della situazione e l’assenza di rischio per la popolazione generale
“La natura lenta e poco contagiosa della lebbra significa che la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo sono fondamentali per prevenire disabilità permanenti” ha aggiunto il professor Ciccozzi, rimarcando l’importanza della vigilanza medica.
Secondo l’esperto epidemiologo, il ritorno di casi di lebbra in Europa orientale va letto nel contesto della mobilità internazionale e della salute globale: “È una malattia legata ai viaggi e ai flussi internazionali, e questo significa che può teoricamente arrivare anche in Italia. Il nostro Paese, però, ha la capacità di riconoscere e gestire infezioni di questo tipo, grazie alla competenza dei centri di malattie infettive e ai sistemi di sorveglianza sanitaria. Il rischio per la popolazione resta basso, ma dobbiamo essere sempre pronti a diagnosticare e curare”.