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I piselli che non sanno di piselli potrebbero aiutare il pianeta

Lo sviluppo di cultivar che possano andare incontro alla crescente richiesta di piatti vegani e vegetariani fa parte di un programma del governo britannico volto a ridurre l’importazione di soia.
A cura di Valeria Aiello
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Il Regno Unito procede in maniera spedita nell’innovazione del suo settore agroalimentare. Sia che si tratti di migliorare le produzioni esistenti sia di inserire nuove coltivazioni o tecniche agricole, sono diversi i progetti che Oltremanica mirano ad affrontare alcune delle questioni chiave nell’ambito della produttività e sostenibilità ambientale. Uno di questi, che fa parte di un programma governativo che collega l’industria con i ricercatori accademici, è volto a ridurre le importazioni di soia, che nel Paese sono pari a circa quattro milioni di tonnellate ogni anno, in gran parte utilizzate per la produzione di alimenti vegani o vegetariani, oppure come mangime per animali.

L’alternativa a tale importazione, proveniente principalmente al Sud America, dove la produzione di soia è stata collegata alla distruzione delle foreste pluviali, sembra destinata ad essere la produzione di piselli che non sanno di piselli. Ciò significa che i ricercatori del Regno Unito stanno sviluppando nuove cultivar prive del caratteristico sapore di questo legume, che possano andare incontro alla crescente richiesta di piatti vegani e vegetariani, la cui domanda sta crescendo del 30% all’anno, secondo i dati dell’Innovative UK, l’agenzia nazionale per l’innovazione del Regno Unito.

Il mondo è cambiato. Le persone vogliono sempre più proteine di origine vegetale nella loro dieta piuttosto che da animali. Quindi i piselli senza sapore sono diventati improvvisamente il gusto del giornospiega alla BBC la professoressa Claire Domoney del John Innes Center (JIC) di Norwich, uno degli scienziati che lavorano al progetto.

I piselli che non sanno di piselli come alternativa alla soia

I piselli, come noto a tutti, sono particolarmente ricchi di proteine. Mascherarne però il gusto, quando ad esempio vengono usati in grandi quantità come sostituti della carne nei piatti vegani, è difficile. Il loro sapore è dovuto a un gene, che gli scienziati hanno scoperto circa 30 anni fa. All’epoca, la scoperta di quel gene rimase fine a se stessa, ma ora quella ricerca potrebbe essere alla base di una nuova industria.

Il progetto dei piselli che non sanno di piselli, che tra i suoi obiettivi si pone quello di incrementare la produzione di questo legume nel Regno Unito e di ridurre le emissioni di gas serra, vede coinvolta una società di selezione di piante con sede a Belfast, la Germinal. “Abbiamo un’abitudine insostenibile per la soia e dobbiamo cercare di rompere questa abitudine” ha dichiarato l'amministratore delegato dell’azienda, Paul Billings.

I piselli sono tra le colture più rispettose dell’ambiente. Non richiedono fertilizzanti ricchi di azoto, la cui produzione implica un grande dispendio di energia, e restituiscono azoto e altri nutrienti al terreno, riducendo ulteriormente la necessità di fertilizzanti con la rotazione dei raccolti. Riuscire a mascherare il loro sapore potrebbe quindi rappresentare una svolta nell’ambito dei prodotti a base vegetale, evitando ad esempio che gli hamburger vegani sappiano troppo di piselli, oltre ad essere un’alternativa più sostenibile all’importazione di soia, andando inoltre a garantire anche livelli più elevati di proteine digeribili.

La selezione della varietà più adatta alla coltivazione verrà effettuata con metodi tradizionali, quindi per incrocio con piante che saranno scelte per la loro resa, l’alto contenuto proteico e la facilità di raccolta con mezzi meccanici. Una volta arrivati all’identificazione, la nuova cultivar verrà sottoposta a prove sul campo da parte della Processor and Growers Research Organisation (PGRO), l’organizzazione britannica per la valutazione delle colture. “Se gli agricoltori vogliono controllare i propri costi e agire in modo responsabile dal punto di vista ambientale, la coltivazione dei piselli soddisfa entrambe le esigenze – dice Roger Vikers, l’amministratore delegato di PGRO – . Se c’è un'attenzione ambientale alle nuove normative governative, allora queste colture sono molto adatte a questo, e gli agricoltori se ne stanno rendendo conto”.

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