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Gli anziani con un cane hanno un rischio dimezzato di disabilità (ma i gatti non aiutano)

Un’analisi dati su invalidità e possesso di animali domestici ha rilevato che gli anziani con un cane rischiano molto meno la disabilità. Ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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Avere un cane durante la terza età riduce sensibilmente il rischio di sviluppare disabilità e migliora la qualità della vita. L'effetto protettivo determinato da “Fido” è ancora maggiore se si pratica esercizio fisico con regolarità. Avere un gatto, d'altro canto, non determina alcun vantaggio da questo specifico punto di vista. Sebbene il possesso di un cane possa offrire un significativo beneficio contro l'invalidità, il nuovo studio non ha evidenziato effetti positivi statisticamente rilevanti sulla mortalità, come invece erano emersi da precedenti indagini.

A determinare che avere un cane da anziani riduce il rischio di disabilità è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati giapponesi del Research Team for Social Participation and Community Health presso il Tokyo Metropolitan Institute of Gerontology, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Melbourne Institute of Applied Economic and Social Research dell'Università di Melbourne e della Facoltà di Nutrizione della Kagawa Nutrition University. Gli scienziati, coordinati dal professor Yu Taniguchi, membro del National Institute for Environmental Studies di Tsukuba, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver coinvolto in uno studio ad hoc oltre 11.200 cittadini giapponesi con un'età compresa tra i 65 e gli 84 anni.

Il professor Taniguchi e i colleghi hanno sottoposto ai volontari una serie di questionari tra giugno 2016 e gennaio 2020, attraverso i quali hanno raccolto dati demografici, informazioni sociali, sanitarie (come potenziali invalidità) e sul possesso di animali domestici (cani e gatti). Hanno successivamente incrociato questi dati con quelli sull'insorgenza dell'invalidità contenuti nei database del sistema assicurativo giapponese e i registri sulla mortalità per tutte le cause. Durante il periodo di follow-up dello studio, durato 3,5 anni, è risultato che il 17,1 percento del campione ha sviluppato disabilità e il 5,2 percento ha perso la vita. Mettendo in relazione tutte queste informazioni – attraverso un'analisi di regressione logistica – è emerso che i proprietari dei cani avevano un rischio circa dimezzato di sviluppare la disabilità (Odds Ratio = 0,54 95% CI: 0,37–0,79). Il beneficio è rimasto evidente anche tenendo in considerazione fattori sociodemografici legati all'invalidità come stato civile, presenza di malattie croniche, il tempo trascorso all'aperto e via discorrendo. La riduzione del rischio risultava ancor più significativa in chi praticava esercizio fisico abitualmente. Nessun vantaggio è stato invece osservato per i proprietari dei gatti.

Dunque, perché i proprietari dei cani hanno un rischio ridotto di disabilità? La ragione, facilmente intuibile, risiede nel fatto che avere un cane significa anche portarlo a fare passeggiate più volte al giorno, un'attività che incrementa la quantità di esercizio fisico necessario per proteggersi dagli effetti nefasti della sedentarietà. In altri termini, chi ha un cane ha maggiori probabilità di rispettare le linee guida relative all'attività fisica indicate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nonostante l'effetto contro la disabilità, i dati giapponesi non hanno rilevato alcun beneficio in termini di mortalità, come invece evidenziato da altre ricerche. I dettagli dello studio “Evidence that dog ownership protects against the onset of disability in an older community-dwelling Japanese population” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.

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