Giove era molto più grande da “bambino”, poi si è ristretto: la scoperta degli scienziati

Giove è il pianeta più grande – oltre che il più antico – del Sistema solare, ma oggi le sue dimensioni sono sensibilmente inferiori di quelle che aveva in origine. Secondo un nuovo studio, infatti, il gigante gassoso poco dopo la dissipazione della nebulosa protosolare aveva un diametro tra le 2 e le 2,5 volte più esteso e un volume circa 8 volte superiore. Ma non solo. Anche il suo campo magnetico, che resta quello più forte del nostro sistema stellare, risultava ben 50 volte più intenso di quello attuale. Giove, di fatto, aveva dimensioni colossali che gli hanno permesso di modellare e plasmare il Sistema solare attraverso la sua forza di attrazione gravitazionale. Non a caso molto scienziati gli attribuiscono il titolo di “architetto”. Il grande pianeta gassoso ha una notevole influenza ancora oggi; ad esempio, protegge la Terra dal bombardamento di grossi asteroidi e comete proprio grazie alla sua ingombrante presenza che devia – o magari assorbe – questi oggetti.
A determinare che il pianeta Giove da “bambino” era grande circa il doppio di oggi sono stati i due scienziati statunitensi Konstantin Batygin e Fred C. Adams, rispettivamente della Divisione di Scienze Geologiche e Planetarie del California Institute of Technology (CLATECH) di Pasadena e dei dipartimenti Fisica e Astronomia dell'Università del Michigan. I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni attraverso un metodo di calcolo peculiare, basato sulla dinamica orbitale dei satelliti naturali (o lune) che lo circondano e sul bilancio del suo momento angolare, una grandezza fisica vettoriale che si conserva nel tempo ed è determinata dalla rotazione del pianeta e dai moti celesti delle strutture che lo circondano. In genere, per ricostruire le caratteristiche fisiche di un pianeta alle sue origini, i ricercatori sfruttano metodi differenti, basati ad esempio su tasso di accrescimento, massa del nucleo, opacità del gas e altre caratteristiche.

Batygin e Adams non si sono concentrati sulle orbite dei quattro grandi satelliti galileiani o medicei, ovvero Io, Europa, Ganimede e Callisto, bensì su quelle di Amaltea e Tebe, che sono tra le lune più vicine al pianeta ma non le più vicine in assoluto. Molti dei 95 satelliti naturali di Giove – molti meno dei 274 di Saturno – sono asteroidi in transito catturati dalla sua immensa forza di attrazione gravitazionale, mentre altri sono originali e derivano dalla stessa matrice che diede vita al gigante gassoso. Le orbite di Amaltea e Tebe sono inclinate rispettivamente 0,36 e 1,09 gradi rispetto al piano orbitale di Giove e, secondo gli studiosi, questa inclinazione è stata determinata dall'influenza gravitazionale di Io, che è il satellite mediceo più piccolo e vicino al pianeta. Conoscendo altri parametri fisici degli oggetti coinvolti, gli scienziati hanno potuto stabilire qual era l'orbita di Io quando si dissipò la nebulosa protoplanetaria da cui ebbero origine Giove e le sue lune e, di conseguenza, le caratteristiche stesse del pianeta appena 3,8 milioni di anni dopo questo fenomeno.
Incrociando tutti i dati, come indicato, è emerso che Giove aveva un diametro tra le 2 e le 2,56 volte più grande di quello attuale (più probabile il doppio). Ciò significa che Giove bambino aveva un diametro di quasi 290.000 chilometri, considerando i 143.000 chilometri attuali. Anche il suo volume era 8 volte quello attuale, riuscendo a contenere al suo interno oltre 10.000 pianeti Terra anziché i 1.300 di adesso. Anche il campo magnetico, come indicato, all'epoca era 50 volte più forte di quello attuale. Con il passare di milioni di anni il pianeta si è contratto e ristretto a causa del raffreddamento del gas e della dissipazione della nebulosa protosolare, fenomeni che di concerto con quelli gravitazionali hanno determinato una riduzione del volume e dunque delle dimensioni, rimaste comunque molto generose.
Grazie alle sue dimensioni colossali Giove ha plasmato l'intero Sistema solare, organizzandolo nella configurazione che conosciamo oggi. Conoscere com'era all'inizio della sua vita può aiutarci a comprendere meglio come si è formato il nostro sistema circa 5 miliardi di anni fa. “Il nostro obiettivo finale è capire da dove veniamo, e definire le fasi iniziali della formazione planetaria è essenziale per risolvere l'enigma. Questo ci avvicina alla comprensione di come si sia formato non solo Giove, ma l'intero sistema solare”, ha chiosato il professor Batygin in un comunicato stampa. I dettagli della ricerca “Determination of Jupiter’s primordial physical state” sono stati pubblicati su Nature Astronomy.