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Cos’è il coma irreversibile, la condizione in cui si trovava Matteo Messina Denaro

Il boss Matteo Messina Denaro è deceduto dopo aver trascorso alcuni giorni in coma irreversibile. Cos’è questa condizione e quali sono le differenze con la morte cerebrale.
A cura di Andrea Centini
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Matteo Messina Denaro è morto nella notte tra il 24 e il settembre 2023 dopo aver trascorso alcuni giorni in coma irreversibile, una condizione di profonda incoscienza caratterizzata da assenza di attività elettrica nel cervello, come specificato dall'Associazione Luca Coscioni. In questo stato le funzioni vitali come la respirazione sono possibili grazie ai macchinari. La differenza con la morte cerebrale è sottile e principalmente risiede nella presenza dell'attività cardiaca, tuttavia il dibattito sulle definizioni è ancora aperto nella comunità scientifica. Una persona in coma irreversibile è comunque ancora viva, tecnicamente, mentre una in stato di morte cerebrale è legalmente morta e non viene più nemmeno considerata un "paziente".

"La moderna unità di terapia intensiva può mantenere in vita una persona con gravi lesioni cerebrali, ma può anche mascherare la prova che una persona è morta", hanno scritto in un recente articolo i medici della prestigiosa Università Johns Hopkins. "Il passaggio da un coma profondo alla morte cerebrale – la cessazione permanente di tutte le funzioni cerebrali – potrebbe non essere immediatamente evidente per un osservatore inesperto. Tuttavia, riconoscere questa transizione dalla vita alla morte è fondamentale per le famiglie, l’équipe medica e i potenziali riceventi di organi", sottolineano gli esperti.

L'annuncio del coma irreversibile di Matteo Messina Denaro era stata diffusa nella serata di venerdì 22 settembre. Il boss di Cosa Nostra latitante per 30 anni, catturato a gennaio 2023 a causa di un cancro al colon-retto, aveva chiesto espressamente di evitare l'accanimento terapeutico e dalla sera del 22 settembre non veniva più alimentato, come indicato dall'ANSA.

Il coma, evidenzia la Cleveland Clinic, è una condizione nella quale il paziente risulta incosciente, inconsapevole e insensibile a ciò che avviene nel mondo circostante. Esistono diversi gradi di severità e il coma irreversibile è l'ultimo (quarto), il più grave. Come suggerisce il nome, dal coma irreversibile non si torna indietro, il paziente non può essere infatti “risvegliato”, come invece può avvenire con i livelli più lievi. Il tempo dall'entrata in coma al risveglio, in questi casi, può essere anche estremamente lungo, sebbene in genere avvenga entro poche settimane: celebre il caso di Karolina Olsson, che rimase in coma per oltre 30 anni, tra il 1876 e il 1908. C'è anche una scala inversa – chiamata Glasgow Coma Scale o GCS – che i neurologi utilizzano per determinare la gravità del coma. Si basa su tre parametri: capacità di aprire gli occhi; risposta verbale; e risposta al movimento. Il punteggio massimo è 15 e il minimo, che corrisponde al coma profondo, è 3.

Il coma non va confuso con lo stato vegetativo: in questo stato il paziente è sveglio – può aprire gli occhi o avere reazioni – tuttavia non è consapevole di ciò che lo circonda “e non mostra alcun comportamento intenzionale”. Diventa persistente quando supera i 3 o i 12 mesi, a seconda se sia correlato a un trauma o meno. Il grado ancora superiore è lo stato di minima coscienza, una condizione nella quale il paziente compie alcuni gesti intenzionali ed è consapevole del mondo circostante. Il coma è caratterizzato da tre sintomi principali: il profondo stato di incoscienza; la mancanza di risposta visiva; e la mancanza di risposta motoria. Potrebbero esserci delle risposte riflesse (ad esempio una chiusura della palpebra quando un medico apre gli occhi, che risultano chiusi), ma anch'esse dipendono dalla profondità della condizione.

Nel coma irreversibile non si registra più alcuna attività elettrica del cervello, specifica l'Associazione Luca Coscioni. “Uno dei segnali dell’irreversibilità è che le pupille non reagiscono più alla luce. Un paziente in coma irreversibile non è più padrone di nessuna delle sue funzioni vitali”, spiega l'associazione. In questo stato di cessazione di tutte le attività cerebrali permane il battito cardiaco, ma il sangue non riesce ad affluire al cervello. Per la respirazione è necessario il supporto della ventilazione meccanica, pertanto un paziente in questo stato può essere mantenuto in vita solo artificialmente.

Determinare la gravità e le caratteristiche di uno stato comatoso è una procedura complessa per la quale è necessario l'apporto di un team multidisciplinare, che comprende neurologi, medici legali, cardiologi e altri specialisti. L'assenza di attività cerebrale si rivela attraverso l'elettroencefalogramma, che rimane piatto. Sessioni ripetute di questo esame sono tra le procedure necessarie per determinare il coma irreversibile e la morte cerebrale del paziente. I sanitari possono sospendere l'alimentazione proprio perché da questa condizione non è possibile recuperare.

Il Ministero della Salute spiega che nel caso di morte cerebrale “si riscontra la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Questa cessazione irreversibile delle funzioni dell’intero encefalo determina l’assenza assoluta per il soggetto in morte cerebrale di respiro autonomo, della coscienza e del controllo cerebrale delle funzioni motorie e vegetative (temperatura, pressione arteriosa ecc.). Nei casi di morte cerebrale accertata, non si parla più di ‘pazienti' poiché la persona non è più viva e, quindi, non può più essere curata”.

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