Cambiamenti climatici

Come vivono gli orsi polari senza ghiaccio: video drammatico mostra la disperata ricerca del cibo

Bacche, carcasse di uccelli (che rischiano di infettarli con l’aviaria) e palchi di renne da rosicchiare. Sono queste le fonti di cibo che gli orsi polari provano a recuperare durante l’estate artica priva di ghiaccio, sempre più lunga a causa della crisi climatica. Lo mostra un lungo e drammatico video “in prima persona”, grazie a videocamere installate su 20 esemplari.
A cura di Andrea Centini
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Un nuovo, drammatico video mostra la durissima vita cui sono condannati gli orsi polari (Ursus maritimus) a causa del cambiamento climatico, il cui habitat naturale si sta letteralmente sciogliendo per le temperature anomale. La peculiarità del filmato, messo a punto da un team di ricerca internazionale, risiede nel fatto che le immagini sono state catturate “in prima persona” dagli orsi stessi. Gli scienziati, infatti, nell'ambito di un progetto di ricerca condotto tra il 2019 e il 2022, hanno equipaggiato 20 esemplari con una speciale imbracatura dotata di videocamera e GPS. I plantigradi, nell'arco del triennio, sono stati seguiti per circa tre settimane all'anno (19-23 giorni) durante il periodo critico dell'estate artica, tra agosto a settembre, durante il quale si stanno allungando i giorni privi di ghiaccio marino, proprio a causa dell'impatto del riscaldamento globale.

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L'obiettivo degli scienziati era quello di verificare il comportamento degli orsi polari in una fase così delicata della stagione, durante la quale sono costretti a trascorrere sempre più tempo sulla terraferma. I ricercatori si sono concentrati sugli esemplari della popolazione che vive nella Baia di Hudson e, più nello specifico, nel Parco nazionale Wapusk in Canada, a ridosso della città di Manitoba. Sono tra gli orsi polari più studiati in assoluto al mondo, anche perché questo habitat è stato particolarmente colpito dal riscaldamento globale. Basti sapere che tra il 1975 al 2015 il numero di giorni senza ghiaccio marino durante l'estate artica è aumentato di circa tre settimane, passando da 100-110 giorni a 130. Ciò significa almeno 20 giorni in più con enormi difficoltà a nutrirsi o di digiuno, con la necessità di risparmiare il più possibile le energie per non morire di fame. Se si considera che in futuro i giorni senza ghiaccio diventeranno sempre di più, gli orsi polari rischiano una condanna all'estinzione, che potrebbe verificarsi entro la fine del secolo per molte popolazioni. Quella della Baia di Hudson è già crollata del 50 percento in solo mezzo secolo, a causa della difficoltà delle madri di produrre latte a sufficienza o di qualità per i propri piccoli, come evidenziato da un recente studio dell'Università di Toronto Scarborough.

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La nuova indagine è stata condotta da un team di ricerca guidato da scienziati statunitensi dell'US Geological Survey – Alaska Science Center, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università Statale di Washington, dell'Alaska Department of Fish and Game e dell'istituto Environment and Climate Change Canada di Edmonton. I ricercatori, coordinati dal professor Anthony M. Pagano, durante il periodo di monitoraggio degli animali non solo hanno osservato il loro comportamento, ma hanno anche raccolto dati su dispendio energetico, spostamenti e i cambiamenti nella composizione corporea. Hanno scoperto che i lunghi periodi di riposo alternati alla spasmodica ricerca di cibo sulla terraferma non bastano a preservare il grasso corporeo. Nell'arco del periodo di studio, 19 orsi polari su 20 hanno infatti perso mediamente circa 1 chilogrammo al giorno (da 0,4 a 1,7 chilogrammi). Solo uno è aumentato di peso, probabilmente perché si è procacciato la carcassa di una foca o di un altro animale.

Il modo in cui gli orsi polari cercano di sopravvivere nel periodo in cui non possono andare a caccia di foche sul ghiaccio sono ben evidenziati nel video, che potete vedere in cima all'articolo. Si osservano i maestosi plantigradi mentre si nutrono di bacche e carcasse di uccelli, poca roba per animali maestosi che nei casi estremi possono superare la tonnellata di peso per oltre 3 metri di lunghezza. Fra l'altro il consumo di uccelli li espone al rischio di influenza aviaria; è notizia recente del primo esemplare trovato morto (in Alaska) proprio a causa del virus H5N1 ad alta patogenicità, che sta facendo strage di uccelli dalla fine del 2021.

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Gli orsi più affamati nel video sono stati visti rosicchiare persino i palchi di caribù (come è nota la renna in Nord America). Un esemplare più fortunato è stato invece filmato con la carcassa di una foca in bocca, ma non è chiaro se si tratti dell'unico che ha avuto la fortuna di non perdere perso. Tre esemplari sono stati invece impegnati in energiche nuotate in mare, per un totale di 54-175 chilometri percorsi. Nonostante l'impegno profuso per andare a caccia di cibo, quel poco che sono riusciti a recuperare non è bastato a preservare la loro massa corporea. Secondo gli esperti, due degli esemplari coinvolti nello studio, due femmine, sarebbero addirittura destinati a morte certa per fame nel giro di breve tempo.

Come spiegato da Charles Robbins, direttore del Bear Center presso l'Università Statale di Washington e coautore dello studio, né il riposo ne le strategie di foraggiamento registrate con la videocamera potrebbero permettere la sopravvivenza degli orsi polari in un mondo senza ghiaccio. In pratica, non sono in grado di adattarsi allo stravolgimento del loro habitat naturale provocato dalle emissioni di CO2 e altri gas climalteranti. La commovente foto “Ice Bed” scattata dal fotografo naturalista Nima Sarikhani, nella quale si osserva un orso polare mentre riposa dolcemente su un piccolo iceberg alla deriva, è un simbolo della precaria condizione in cui stiamo condannando questi meravigliosi animali, che rischiano di estinguersi a causa nostra. I dettagli della ricerca “Polar bear energetic and behavioral strategies on land with implications for surviving the ice-free period” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.

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