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C’è una sostanza cancerogena nell’aria inquinata: quali sono i danni del particolato fine

Il particolato fine, e nello specifico il Pm 2,5, è considerato una delle sostanze più nocive responsabili dell’inquinamento atmosferico per la sua capacità di penetrare nelle vie respiratorie. Ecco come agisce e perché può causare infiammazione anche a livello dei polmoni.
Intervista a Dott. Francesco Tursi
Pneumologo e direttore dell'UOC Riabilitazione specialistica cardio-respiratoria dell'Ospedale di Codogno
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Nel 2019 più di nove persone su dieci, esattamente il 99% della popolazione mondiale, respiravano aria non sicura, secondo le linee guida indicate dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L'inquinamento atmosferico è infatti uno dei maggiori rischi ambientali per la salute: ogni anno causa in media 422.000 morti premature solo in Europa.

Nonostante chi viva nelle aree più colpite se ne renda conto semplicemente uscendo fuori di casa, come sta succedendo in questi giorni a Milano, dove sempre più persone stanno sperimentando sintomi fisici riconducibili alla pessima qualità dell'aria, non è sempre facile capire quali sono le sostanze nocive che rendono l'aria così "irrespirabile". La maggior parte degli indicatori che monitorano l'inquinamento dell'aria tiene conto di cinque principali inquinanti: particolato fine (Pm 2,5 e Pm 10), ozono troposferico (O3), biossido di azoto (NO2) e biossido di zolfo (SO2).

Tra questi quello di cui si parla più spesso per i rischi che può causare nell'uomo è il Pm 2,5, anche se spesso non si fa chiarezza su come queste particelle agiscono su chi le respira. A Fanpage.it lo ha spiegato Francesco Tursi, pneumologo, direttore dell'UOC Riabilitazione specialistica cardio-respiratoria dell'Ospedale di Codogno

Che cos'è il particolato fine

L'Agenzia Europea per l'Ambiente definisce gli agenti inquinanti come "sostanze che immesse direttamente o indirettamente nell’aria e nell’ambiente, possono avere effetti nocivi sulla salute umana o sull’ambiente nel suo complesso". Tra queste spesso si elencano i rischi legati all'esposizione continua del particolato fine, distinto in Pm 2,5 e Pm 10.

La sigla "Pm" sta per "particulate matter", in italiano "materia particolata" o "particelle di materia". Viene detto anche più semplicemente "particolato". Il particolato può essere di due tipi: "grossolano" o "fine". Nel primo rientrano tutte quelle particelle, compresi pollini e spore, con diametro superiore a 10 µm (micron), che in quanto tali non riescono a penetrare nelle vie respiratorie dell'uomo, ma vengono bloccate all'altezza del naso e della laringe.

I problemi iniziano invece con il "particolato fine", termine con cui si indica la miscela di particelle solide e liquide di diverse dimensioni e composizione, che costituisce la maggiore componente dell’inquinamento atmosferico urbano. Sotto la sigla di "Pm 10" rientrano tutte quelle particelle di diametro inferiore a 10 µm, mentre il "Pm 2,5″ rappresenta la parte più piccola del Pm 10, ovvero tutte quelle particelle con un diametro inferiore a 2,5 micron, nonché la più insidiosa per l'uomo.

Che cos'è il Pm 2,5

La principale differenza tra queste due tipologie di particelle è data dalla loro diversa capacità di penetrare all'interno delle vie respiratorie. "Mentre il Pm 10 è in grado di penetrare nelle vie respiratorie superiori, ovvero nel naso, faringe e trachea, le particelle di Pm 2,5 riescono ad entrare più in profondità, fino agli alveoli polmonari", spiega Tursi. "Entrambe le due tipologie di particolato – prosegue lo pneuomologo – creano infiammazione nelle vie respiratorie, ma a due livelli diversi. Il Pm 10 interessa quelle alte, invece il Pm 2,5 riesce ad arrivare fino ai polmoni. Quindi le due tipologie di particolato fine sono entrambe pericolose, ma sono diversi gli organi per cui lo sono: il Pm 2,5 lo è anche per i polmoni".

Quali sono i rischi del particolato fine

Nel 2013 l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito il particolato fine nel gruppo delle sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani. Ma nonostante diversi studi abbiano dimostrato che un aumento anche piccolo nella concentrazione di particolato fine è associato a un incremento della mortalità per cancro polmonare, non è ancora chiaro quale sia il meccanismo attraverso cui eserciti la propria azione cancerogena.

È importante però specificare che non si hanno evidenze di un'associazione diretta tra particolato fine e insorgenza di tumore al polmone. "È più corretto considerare il Pm 2,5 una causa di infiammazione dei polmoni e quindi un possibile co-fattore cancerogeno, che insieme ad altre cause di infiammazione può a lungo termine favorire l'insorgenza di forme tumorali". Questo non significa sminuirne i rischi potenziali, ma essere consapevoli che la conseguenza diretta dell'esposizione continua al Pm 2,5 è l'infiammazione, anche dei polmoni, che nel momento in cui si cronicizza può dare esito a patologie più severe.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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