Avi Loeb: “3I/ATLAS è ancora intero, spiegatemelo”. Poi cita Einstein. Ma uno studio smonta l’ipotesi astronave

Le ultime immagini dell'oggetto interstellare 3I/ATLAS, catturate l'11 novembre dal telescopio Nordic Optical Telescope sull'isola di La Palma alle Canarie (Spagna), mostrano un corpo unico ancora integro dopo il passaggio al perielio, il più critico per una cometa. Dunque siamo innanzi a una nuova anomalia. Come abbiamo spiegato in questo articolo, il professor Abraham Avi Loeb dell'Università di Harvard ha infatti indicato che se l'oggetto – scoperto il 1° luglio 2025 dal sistema di monitoraggio ATLAS – fosse risultato ancora intero dopo il perielio, ovvero il punto più prossimo al Sole, i dati raccolti non sarebbero stati compatibili con quelli di una cometa naturale. In parole semplici, secondo i calcoli dello scienziato, il significativo incremento di luminosità e la perdita di massa dedotta – registrati proprio a ridosso del perielio – sarebbero stati possibili solo con la distruzione in almeno 16 parti uguali di 3I/ATLAS. L'oggetto proveniente da fuori del nostro Sistema Solare, infatti, secondo il professor Loeb avrebbe dovuto avere la superficie di una sfera con diametro di ben 23 chilometri per poter spiegare una simile perdita di massa, stando ai potenti getti catturati nelle immagini del "cacciatore di comete" Michael Jäger (possibili segnali di motori a razzo, secondo il fisico e astronomo israeliano).
Sappiamo però che 3I/ATLAS può avere un diametro al massimo di 5,6 chilometri, sulla base dei dati raccolti in precedenza dal Telescopio Spaziale Hubble, quindi i numeri secondo il docente del prestigioso ateneo statunitense non tornano affatto, a meno che appunto 3I/ATLAS non fosse finito in pezzi. Tuttavia le nuove immagini suggeriscono esattamente il contrario, pertanto Avi Loeb è tornato a sostenere la sua controversa ipotesi: 3I/ATLAS potrebbe non essere una cometa interstellare, ma un oggetto artificiale, un veicolo spaziale basato su tecnologia aliena. Insomma, una grande astronave madre costruita da una civiltà extraterrestre ora in viaggio attraverso il Sistema solare.
A suffragio della sua ipotesi, aspramente criticata dalla comunità scientifica, l'esperto ha pubblicato un nuovo articolo su Medium, puntando i riflettori sulla nuova anomalia legata all'integrità dell'oggetto. “Considerati i getti su larga scala recentemente segnalati, il fatto che 3I/ATLAS rimanga un corpo unico è sorprendente per una cometa naturale”, ha affermato Avi Loeb. Alla luce della richiesta di energia per la sublimazione del ghiaccio di anidride carbonica – pari a 600 Joule per grammo – e della perdita di ben 5 miliardi di tonnellate di CO2 nel corso del suo transito nei pressi del perielio, Avi Loeb ribadisce che la superficie di assorbimento di 3I/ATLAS sarebbe dovuta essere di 1.600 chilometri quadrati, che è quella della sopracitata sfera con un diametro di 23 chilometri, un valore quattro volte superiore al limite massimo di 5,6 chilometri determinato dai precedenti calcoli. “Nei nuclei cometari naturali – spiega il professor Avi Loeb – le sacche di ghiaccio spesso coprono una piccola frazione della superficie totale, rendendo i numeri sopraindicati insostenibili per 3I/ATLAS come un singolo corpo che ha mantenuto la sua integrità e non si è frammentato in numerosi frammenti”.
Alla luce di questa interessante incongruenza, lo scienziato chiede spiegazioni direttamente ai colleghi più scettici, a coloro che “desiderano nascondere le anomalie di 3I/ATLAS sotto il tappeto delle conoscenze tradizionali sulle comete del sistema solare, piuttosto che considerare alternative”. Ed è a questo punto della sua riflessione che ha citato una massima del celebre e compianto fisico Albert Einstein: “La conoscenza è rendersi conto che la strada è a senso unico; la saggezza è guardare in entrambe le direzioni, comunque”. Avi Loeb, nel suo nuovo articolo, ribadisce che ciò che sappiamo può essere spiegato dalla tecnologia aliena, dove i getti osservati nelle immagini non sarebbero altro che i motori a razzo dell'astronave, e non l'azione di degassamento dovuta alla sublimazione del ghiaccio a causa del calore solare.
“I propulsori tecnologici che puntano i loro gas di scarico verso il Sole accelererebbero l'allontanamento dal Sole. Questa manovra post-perielio potrebbe essere impiegata da un veicolo spaziale che mira ad aumentare la velocità anziché rallentare sfruttando l'assistenza gravitazionale del Sole”, ha chiosato il professor Loeb, che ha puntato anche il dito contro “i fanatici dei social media che ridicolizzano le interpretazioni alternative di 3I/ATLAS diverse dalla familiare roccia ghiacciata”. Lo scienziato dell'Università di Harvard da sempre non esclude la possibilità che il visitatore interstellare possa essere naturale, ma sostiene l'importanza di analizzare e spiegare tutte le anomalie rilevate, alla luce del fatto che non si può scartare a priori l'ipotesi del cigno nero, ovvero quella di un'astronave aliena ostile.
A smentire la controversa ipotesi di Avi Loeb ci sarebbe però un nuovo studio di un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Città del Capo (Sudafrica), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università di Rodi, del KTH e del South African Radio Astronomy Observatory (SARAO). Gli scienziati, coordinati dal dottor DJ Pisano, hanno puntato 3I/ATLAS con il potente radiotelescopio MeerKAT, rilevando linee di assorbimento radio da parte di radicali idrossilici (OH) alle frequenze radio di 1,665 e 1,667 gigahertz. In parole semplici, come spiegato nell'articolo pubblicato sul The Astronomer's Telegram, si tratta di dati coerenti con quelli delle comete che normalmente viaggiano nel cuore del Sistema solare. Se fosse stato un oggetto artificiale, i ricercatori avrebbero potuto rilevare delle anomalie e non della “semplice” attività cometaria. Indagini analoghe furono indirizzate anche verso 1I/'Oumumua, il primo oggetto interstellare mai rilevato, anch'esso considerato a lungo una potenziale astronave da Avi Loeb.
I valori rilevati dal nuovo studio non smontano definitivamente l'ipotesi tecnologica perché servono osservazioni ripetute per dare coerenza e continuità nei dati. Del resto, come spiegato da Pisano e colleghi nell'articolo, “la rilevazione di OH il 24 ottobre 2025 contrasta con la mancata rilevazione di queste linee da parte di MeerKAT il 20 settembre 2025 dalle 14:36:54 alle 15:39:25 UTC (rumore rms di 3 mJy/beam) e il 28 settembre 2025 dalle 10:00:26 alle 16:55:53 UTC (rumore rms di 1 mJy/beam)”. Con il passaggio alla minima distanza dalla Terra il 19 dicembre e le future osservazioni con ulteriori telescopi e sonde (soprattutto Juno a marzo 2026) si potrà finalmente fare chiarezza sulle tante anomalie di 3I/ATLAS.