Assurdo pianeta affamato come una stella vaga nello spazio: “Accumula 6 miliardi di tonnellate al secondo”

Nel cuore dello spazio profondo, a 620 anni luce dalla Terra e incastonato nella costellazione del Camaleonte, si trova un pianeta vagante – cioè libero e non associato a un sistema stellare – che si accresce in modo incredibilmente vorace, tanto da accumulare 6 miliardi di tonnellate di materiale ogni secondo. Questo ritmo di accrescimento è così estremo che fino ad oggi non era mai stato documentato in nessun pianeta, ma solo nelle stelle e nelle cosiddette "stelle fallite" (nane brune), ecco perché secondo gli autori dello studio questo oggetto così peculiare confonde un po' i confini tra ciò che è un pianeta e ciò che è una stella.
La massa dell'esopianeta, chiamato Cha 1107-7626, è da 5 a 10 volte superiore quella di Giove, il pianeta più grande e massiccio del Sistema solare, pertanto non siamo innanzi a una nana bruna, caratterizzata da una massa compresa tra 13 e 80 volte quella di Giove. Le nane brune sono oggetti intermedi tra stelle e pianeti, che non brillano di luce propria perché non riescono a fondere l'idrogeno come fanno le stelle vere e proprie, ma possono fondere altri elementi – come il deuterio – e “splendere” nell'infrarosso. In questi affascinanti corpi celesti, così come nelle giovani stelle in crescita, è stato osservato un accrescimento vorace simile di Cha 1107-7626, ma hanno tutti masse sensibilmente superiori a quella del pianeta. Pertanto, questo è il primo oggetto di massa planetaria a mostrare una simile “fame”.
A documentare l'accrescimento estremo dell'esopianeta Cha 1107-7626 è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Osservatorio Astronomico di Palermo dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti la Facoltà di Fisica e Astronomia dell'Università di St. Andrews (Regno Unito), il Dipartimento di Fisica e Astronomia della Johns Hopkins University (Stati Uniti), il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Bologna e altri. I ricercatori, coordinati dal dottor Victor Almendros-Abad dell'osservatorio siciliano, hanno fatto questa scoperta dopo aver messo nel mirino Cha 1107-7626 con lo strumento XSHOOTER installato sul potente Very Large Telescope (VLT) dell'ESO (Cile) e il Telescopio Spaziale James Webb.
Il pianeta vagante era stato scoperto nel 2008 e gli scienziati avevano presto capito che si trattava di qualcosa di molto interessante, alla luce di segni di accrescimento. Tra la primavera e l'estate di quest'anno il dottor Almendros-Abad e colleghi hanno puntato l'oggetto più volte, scoprendo un improvviso e significativo aumento di luminosità nel corso dei mesi estivi, fino a sei volte. Ciò era compatibile con il fenomeno dei lampi Exor, ovvero quelli emessi dalle stelle giovani mentre si accrescono in modo vorace e repentino. Secondo i calcoli degli esperti, durante questa sessione di "fame eccezionale", il pianeta era in grado di accumulare ben 6 miliardi di tonnellate di materiale al secondo dal disco di accrescimento di gas e polveri che lo avvolge. Analizzando dati di archivio, è stato scoperto che Cha 1107-7626 si era già comportato così nel 2016, quindi siamo innanzi ad “attacchi di fame” ricorrenti. I ricercatori hanno anche osservato alcuni cambiamenti nella composizione chimica del disco di accrescimento, come ad esempio la comparsa di tracce di vapore acqueo.

Tutto questo suggerisce che il raro pianeta vagabondo sia nato in una nube di gas e polveri in modo non dissimile da una stella, e che non si stato espulso nello spazio profondo dal suo sistema stellare (un'altra possibile origine per i pianeti vaganti, come potrebbe diventare la Terra alla “morte” del Sole). “Questa scoperta confonde il confine tra stelle e pianeti e ci offre un'anteprima dei primi periodi di formazione dei pianeti vaganti”, ha affermato in un comunicato stampa la coautrice dello studio Belinda Damian. I dettagli della ricerca "Discovery of an Accretion Burst in a Free-floating Planetary-mass Object" sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Astrophysical Journal Letters.