Anticorpo ripristina la vista in test di laboratorio: speranze per malattie degenerative della retina

Le malattie degenerative della retina colpiscono milioni di persone in tutto il mondo e rappresentano un grave problema di salute pubblica, oltre che sociale ed economico. Quando si perde la vista per queste patologie, infatti, non è più possibile recuperarla, a causa del fatto che le cellule retiniche non si rigenerano. Di fatto, se vengono eliminate è per sempre. Ora, grazie a un nuovo studio, è stato identificato un farmaco sperimentale che potrebbe non solo bloccare il processo degenerativo della retina, ma anche promuovere la formazione di nuove cellule. Testato su modelli murini (topi), il farmaco – più correttamente un anticorpo – è stato in grado di rigenerare i neuroni retinici, di fatto riparando l'occhio e permettendo il recupero della vista. Ci vorrà del tempo prima del passaggio alla sperimentazione clinica (test sull'uomo), ma i ricercatori sono fiduciosi che i primi trial possano iniziare già nel 2028.
A sviluppare l'innovativo farmaco sperimentale potenzialmente efficace contro le malattie degenerative della retina è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati sudcoreani dell'Istituto Avanzato di Scienza e Tecnologia della Corea (KAIST) di Daejeon, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti l'azienda Celliaz Ltd; la Scuola KRIBB dell'Università di Scienza e Tecnologia; il Centro di bioinformazione della Corea, Istituto di ricerca coreano di bioscienze e biotecnologie; e il Dipartimento di Scienze dell'Invecchiamento e Medicina dell'Università di Kyoto (Giappone). I ricercatori, coordinati dal professor Jin Woo Kim, docente presso il Dipartimento di Scienze Biologiche del KAIST, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver identificato un gene chiamato Prospero-related Homeobox 1 (Prox1) che è strettamente coinvolto nei processi che impediscono la rigenerazione dei nervi retinici. Nei mammiferi, infatti, la proteina codificata da questo gene si accumula nella glia di Müller (MG), un insieme di cellule di supporto che mantiene il microambiente retinico e favorirebbe la rigenerazione. Quando avviene l'accumulo di Prox1, tuttavia, il processo di autoriparazione viene bloccato. Precedenti studi avevano dimostrato che nei pesci zebra non si verifica questo accumulo di Prox1, pertanto le cellule MG sono in grado di ripristinare i danni alla retina.
Alla luce di queste premesse, l'idea del professor Kim e colleghi è stata la seguente: se si riesce a bloccare Prox1 nei mammiferi attraverso un anticorpo ad hoc, allora si dovrebbe riuscire a sbloccare il potere rigenerativo delle cellule gliali MG, come avviene nei vertebrati non mammiferi. Ed è esattamente quello che hanno osservato in modelli murini affetti da retinite pigmentosa, una malattia genetica rara (colpisce fino a 5 persone su 10.000) che determina degenerazione retinica. Ma è solo una delle tante malattie che determina la distruzione delle cellule della retina, come la degenerazione maculare o le molte forme di retinopatie legate a condizioni comuni come diabete, ipertensione e aterosclerosi, che possono portare sino alla cecità dei pazienti. L'anticorpo è stato testato con successo su vari esemplari di topo con danni retinici e i ricercatori hanno osservato benefici significativi dal punto di vista della rigenerazione retinica.
“Nei topi, Prox1 nella MG origina dai neuroni retinici adiacenti tramite trasferimento intercellulare. Il blocco di questo trasferimento consente la riprogrammazione della MG in cellule progenitrici retiniche nelle retine murine lesionate. Inoltre, la somministrazione tramite virus adeno-associato di un anticorpo anti-Prox1, che sequestra il Prox1 extracellulare, promuove la rigenerazione dei neuroni retinici e ritarda la perdita della vista in un modello di retinite pigmentosa”, hanno spiegato Kim e colleghi. “Questi risultati stabiliscono che Prox1 rappresenta una barriera alla rigenerazione mediata da MG e sottolineano che la terapia anti-Prox1 rappresenta una strategia promettente per ripristinare la rigenerazione della retina nei mammiferi”, hanno chiosato gli esperti.
Chiaramente i topi non sono esseri umani e non è detto che ciò che è stato osservato nei roditori possa verificarsi anche nell'uomo, tuttavia gli scienziati sono fiduciosi dei risultati ottenuti. I dettagli della ricerca “Restoration of retinal regenerative potential of Müller glia by disrupting intercellular Prox1 transfer” sono stati pubblicati su Nature Communications.