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Abbiamo fotografato i resti di una supernova nel cielo d’Italia, la meravigliosa Nebulosa Velo

Alla fine di novembre, grazie a un telescopio predisposto per l’astrofotografia, abbiamo immortalato la componente occidentale della spettacolare Nebulosa Velo, i resti di una supernova che si è verificata migliaia di anni fa. L’immagine è stata ottenuta nel cielo dei Castelli Romani.
A cura di Andrea Centini
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La splendida Nebulosa Velo (componente occidentale NGC 6960), fotografata dai Castelli Romani. Credit: Andrea Centini
La splendida Nebulosa Velo (componente occidentale NGC 6960), fotografata dai Castelli Romani. Credit: Andrea Centini

Nel cuore della costellazione del Cigno, a circa 1.500 anni luce dalla Terra, si trova uno degli oggetti del profondo cielo più affascinanti: la Nebulosa Velo. Siamo riusciti a fotografare questa meraviglia dello spazio attraverso un telescopio approntato per l'astrofotografia, ottenendo l'immagine che vedete in testa all'articolo. Più avanti spiegheremo come. La Nebulosa Velo rappresenta i resti di una supernova, ovvero del materiale scagliato da una fortissima esplosione stellare, che secondo lo studio “The Cygnus Loop’s distance, properties, and environment driven morphology” pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society si sarebbe verificata tra 10.000 e 20.000 anni fa. A esplodere, collassando su stessa sotto l'enorme pressione della forza di gravità, una stella massiccia al termine del suo ciclo vitale, che in base alle stime aveva una massa circa venti 20 superiore a quella del Sole.

Le supernove sono tra gli eventi più energetici in assoluto; possono liberare talmente tanta energia ed essere così luminose “da oscurare intere galassie per alcuni giorni o addirittura mesi”, oltre a essere “visibili in tutto l'Universo”, come spiegato dalla NASA. In pochi secondi sono in grado di rilasciare tanta energia quanta quella prodotta da una stella nel corso della sua intera vita. Nella Via Lattea, la nostra galassia, si verifica una supernova ogni alcune decine di anni. Sono fenomeni potenzialmente pericolosi – addirittura si ritiene che un'esplosione stellare sia coinvolta in due estinzioni di massa – e importantissimi da studiare per astronomi e astrofisici, non solo perché ci aiutano a capire l'evoluzione del cosmo, ma anche perché sono alla base della formazione di nuove stelle, pianeti e dunque della vita, perlomeno qui sulla Terra.

In base alla massa delle stelle morenti, le supernove danno origine a stelle di neutroni o buchi neri, mentre le onde d'urto apocalittiche prodotte dall'esplosione scagliano tutto (o quasi tutto) il materiale nello spazio circostante, che si diffonde sotto forma di nebulose. In questi affascinanti oggetti composti da gas ionizzato – di ossigeno, idrogeno, azoto etc etc – e polveri stellari il materiale "sparato" viaggia a decine di chilometri al secondo (o centinaia di chilometri al secondo, poco dopo l'esplosione). Si tratta dunque di oggetti effimeri, destinati a dissolversi nel giro di alcune migliaia di anni, come accadrà per la bellissima Nebulosa Velo.

Le sezioni della Nebulosa Velo. Credit: Elphion / Wikipedia
Le sezioni della Nebulosa Velo. Credit: Elphion / Wikipedia

Questo oggetto, che si estende per circa 50 anni luce di diametro nella costellazione del Cigno, ha una forma vagamente circolare ed è composto da più sezioni, ciascuna delle quali prende un nome specifico. Ad esempio, la sezione occidentale del Velo è nota come IC 34 (Caldwell 34) o NGC 6960, in base al catalogo di riferimento, mentre il Velo orientale è IC 33 è suddiviso in più parti (come NGC 6992 e NGC 6995). Noi alla fine di novembre, prima che arrivasse il maltempo, abbiamo fotografato il Velo Occidentale da un giardino ai Castelli Romani, in provincia di Roma, sotto un cielo sufficientemente buio ma non del tutto privo di inquinamento luminoso. Ad aiutarci nel risultato finale, che potete vedere qui in basso, l'utilizzo di un filtro con una larghezza di banda passante ultra stretta da 3 nanometri, che è in grado di esaltare le strutture filamentose della Nebulosa Velo e le emissioni di altri oggetti del profondo cielo.

Nebulosa Velo (componente occidentale NGC 6960), fotografata dai Castelli Romani. Credit: Andrea Centini
Nebulosa Velo (componente occidentale NGC 6960), fotografata dai Castelli Romani. Credit: Andrea Centini

Sottolineiamo che chi ha scattato non è un astrofotografo professionista e i più esperti noteranno dei difetti nell'immagine. Il più evidente, ad esempio, è lo stiramento delle stelle in basso e a destra della nebulosa, a causa del fatto che nel set up impiegato non è stato utilizzato uno spianatore di campo per correggere la distorsione, tipica dei rifrattori apocromatici (come quello utilizzato per questa immagine, con una lunghezza focale di 480 millimetri). Il fenomeno può essere risolto anche in post produzione separando le stelle dalla nebulosa in programmi come Siril, ma anche questo passaggio non è stato fatto. L'immagine finale è stata ottenuta fondendo circa 25 scatti ripresi da una astrocamera dotata di sensore CCD e sistema di raffreddamento a cella di Peltier; il tempo di esposizione di 5 minuti per ciascuno scatto, per un totale di un paio d'ore, è stato possibile grazie all'inseguimento della nebulosa garantito da una montatura equatoriale robotizzata e una camera guida. È stata eseguita la calibrazione con dark, bias e flat, file che gli astrofotografi conoscono bene.

Al netto della post produzione non approfondita e della strumentazione utilizzata, si tratta di un risultato soddisfacente per mostrare la bellezza indiscutibile della Nebulosa Velo, perlomeno della sua spettacolare componente occidentale. È sorprendente che queste meraviglie del profondo cielo possano essere catturate da un semplice giardino, sfruttando un po' di competenze tecniche e gli strumenti appropriati.

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