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“Inchino” della Madonna a casa del boss. La DDA apre un’inchiesta

Rabbia anche tra i vertici della Chiesa. Il segretario generale della Cei Nunzio Galatino: “Mi sento tradito. Chi ha fatto chinare quella statua ha commesso un doppio peccato. Ha stravolto il senso della processione, cercando di avallare il comportamento di chi serve il male”, e poi “quello non era neanche un inchino, era una sottomissione”.
A cura di Davide Falcioni
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UPDATE: La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha avviato un'inchiesta su quanto accaduto a Oppido Mamertina, dove la processione della Madonna ha dedicato un "inchino"a Peppe Mazzagatti, boss della ‘ndrangheta condannato all'ergastolo ma detenuto ai domiciliari per motivi di salute. Alla Dda è arrivata la segnalazione inviata dai carabinieri di Oppido, il cui comandante ha abbandonato la processione quando si è accorto di ciò che stava accadendo, avviando i primi accertamenti. "Dispiace che i preti non abbiamo avuto il coraggio non di andare via ma di scappare dalla processione. Quando i carabinieri hanno lasciato, i preti dovevano scappare dalla processione. Avrebbero dato un segnale e di questi segnali abbiamo bisogno", ha detto il presidente dei vescovi calabresi, mons. Salvatore Nunnari. "Siccome sotto la vara può capitare che ci sia il mafioso di turno che fa poi il capo, allora bisogna avere il coraggio di fermare le processioni. Se fossi vescovo di quella città per un po' di anni non ne farei e credo che sarebbe cosa gradita alla Madonna", ha aggiunto mons. Nunnari.

"Mi sento tradito. Chi ha fatto chinare quella statua ha commesso un doppio peccato. Ha stravolto il senso della processione, cercando di avallare il comportamento di chi serve il male", e poi "quello non era neanche un inchino, era una sottomissione". Così monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano Jonio e segretario generale della Cei, ha commentato in due interviste, al Messaggero e al Corriere della Sera, l'"omaggio" che i fedeli hanno reso al boss di Oppido Mamertina, l’82enne Giuseppe Mazzagatti, durante una processione religiosa. L'inchino è avvenuto ad appena due settimane di distanza dalla "scomunica" che Papa Francesco ha lanciato contro tutti gli affiliati della ‘Ndrangheta. Scomunica che però, evidentemente, è stata ignorata nella cittadina in Provincia di Reggio Calabria. "Il caso di Oppido fa capire – osserva monsignor Galantino – che esistono due livelli sui quali occorre intervenire. Il primo riguarda i malavitosi, la loro condanna, il fatto che una condotta di vita come la loro non è compatibile nel modo più assoluto con il Vangelo; poi c'è un secondo livello, che riguarda l'intera comunità civile e religiosa". Secondo il numero uno della Cei in questo caso si tratta "di estirpare una radice culturale".

Il Vescovo di Oppido: "I sacerdoti non sempre sanno quello che sta accadendo"

Ma chi era a guidare la processione? Si tratta di un parroco locale nei confronti del quale Monsignor Milito, vescovo di Oppido, ha aperto un'inchiesta: "Papa Francesco quando è venuto ha avvertito: attenzione a non lasciare soli vescovi e parroci. Io non voglio fare una difesa d'ufficio, ma so che le processioni sono eventi di popolo, di massa", eventi "che finiscono per inglobare anche ambienti estranei alla parrocchia", risponde il vescovo. "I sacerdoti non sempre sono consapevoli di quanto sta accadendo. Non controllano tutto". "Posso dire – aggiunge – che durante le processioni i portantini, per esempio, sovente sono persone che non frequentano la comunità".

L'Arcivescovo di Reggio: "Il clero qualche volta è connivente"

L'inchino alla casa del boss ha suscitato le reazioni indignate quasi unanimi ai vertici della chiesa. L'arcivescovo di Reggio Calabria – Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini – ha detto a Radio 1: "Il discorso del Papa di due settimana fa in Calabria, quando ha scomunicato i mafiosi, è stato un gesto di grande portata, chiarezza, coerenza, che non ci ha colto di sorpresa, non ha trovato l'episcopato calabrese inerte, attendista. Certo, venendo dalla bocca del Papa, ha assunto una forza e un'autorevolezza grandissime. Ma io non metterei in relazione quelle parole con il gesto di Oppido Mamertina, come se fosse una reazione di protesta alla parole del Papa. No, quello è un gesto che hanno sempre fatto e lo hanno ripetuto. Piuttosto il comportamento dei detenuti nel carcere di Larino che non hanno partecipato alla messa, quello sì mi sembra degno di attenzione e approfondimento. Perché non è che il Papa abbia chiuso la porta ai mafiosi; vuole che si convertano", ha aggiunto, prima di ammettere: "In questo malcostume qualche volta il clero diventa oggettivamente connivente non perché voglia farlo e appoggi certi comportamenti, ma perché subentra la paura di non impelagarsi in situazioni scomode. Un po' come il sacerdote che a Oppido ha fatto finta di non vedere per non essere poi costretto a compiere il gesto eclatante di abbandonare la processione. Ma tutto ciò non si può accettare e va condannato senza indugi; quando siamo in presenza di elementi negativi, un sacerdote deve avere il coraggio di dire no, punto e basta".

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