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Il caso Emmanuel e gli omicidi razziali in Italia negli ultimi 30 anni

Nell’Italia dell’integrazione e dell’accoglienza i delitti a sfondo razziale continuano a essere un dato costitutivo importante dei crimini che vengono commessi. Dai raid degli squadroni fascisti della morte agli omicidi messi a segno dai tranquilli borghesi l’ombra di un’eredità razzista si allunga ancora sulla nostra società.
A cura di Angela Marino
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Mai più. Che non accada mai più. La retorica si spreca dopo ogni odioso atto di violenza avvenuto nella civilissima Italia, dove il dibattito antirazzista è sempre la scintilla di ogni preserale televisivo, di ogni salotto improvvisato in un bar di provincia, di ogni coda alla posta. Dove la politica dell'accoglienza e della tolleranza dovrebbe essere il dato costitutivo di una repubblica nata dalla liberazione dall'antifascismo, "mai più violenza a sfondo razziale" è un'espressione che non ha alcun senso. Non ce l'aveva trent'anni anni fa, non ce l'ha oggi, dopo omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, migrante ucciso a Fermo, nelle Marche, da un violento indicato come "ultrà", per aver difeso la compagna da insulti razzisti.

Fermo: 5 anni fa un altro episodio di violenza razziale

Accade oggi, accade nello stesso Paese che, mentre si commuove per i bimbi morti naufragati sulle spiagge che accolgono i barconi, cova quello stesso senso di superiorità colonialista, retrivo e oscuro che si nasconde dietro aggressioni, tentati omicidi e stupri a sfondo razziale. E gli ultrà, gli squadristi, i violenti balordi sono proprio figli di quello stesso senso di ancestrale superiorità per lo straniero "selvaggio" che rende la parola "integrazione" ancora un concetto da talk show. E non bisogna guardare lontano per trovare un precedente di questa tensione sociale: sempre a Fermo, nel 2011 alcuni somali furono aggrediti da una banda di balordi, presumibilmente squadristi. Si fece autocritica, le istituzioni declinarono ogni responsabilità circa un clima di insofferenza agli stranieri e si archiviò l'episodio. Dopo 5 anni un 36enne muore ucciso a sprangate in un delitto che come unica motivazione ha l'odio razziale. A Firenze, invece, sempre nel 2011, due commercianti senegalesi, Samb Modou e Diop Mor vennero uccisi da un estremista di destra, poi suicidatosi. Seguì una manifestazione antirazzista che vide grande partecipazione popolare.

Il delitto Giacomo Valent

Non il disprezzo per lo stato sociale di emarginato sociale di l'"ultimo" è alla base di questo odio primigenio, ma un sentimento molto più oscuro, tanto che l'aggressione razziale si compie anche ai danni di stranieri socialmente integrati, colti. Ne è un esempio l'omicidio di Giacomo Valent, ucciso a Udine nel lontano 1985. Figlio di un cancelliere dell’ambasciata italiana in Jugoslavia, Giacomo venne assassinato da due compagni di classe che lo attirarono in un deposito abbandonato e lo finirono con 63 coltellate. Gli assassini, che agirono in preda a una raptus ferale, avevano 14 e 16 anni.

L'omicidio di Mohamed Habassi

Il seme dell'odio primitivo per il diverso è anche nell'atroce assassinio avvenuto pochi giorni fa, a Basilicagoiano, nel Parmigiano, dove il 1° luglio scorso è andato in scena uno degli omicidi più cruenti della storia della cronaca nera italiana. Alessio Alberici e Luca Del Vasto, benestanti borghesi parmigiani hanno sequestrato Mohamed Habassi, tunisino di trent’anni, sottoponendolo a un'atroce sequela di sevizie, torture e mutilazioni, fino alla morte, sopraggiunta quando era ormai quasi irriconoscibile. Quando non sembrava neanche più un uomo. Qualche anno prima, nel 2012, invece, Mohamed Ba mediatore culturale senegalese veniva accoltellato mentre aspettava l’autobus a Milano. All'aggressione fisica Ba sopravvisse. La sua fiducia nella società, no. Ma Milano non è nuova a questo genere di episodi: nel 2006 un giovane marocchino venne ucciso da un colpo di pistola sparato da un vigilantes, in via Padova.

Razzismo e criminalità nel Sud della camorra e delle "scimmie"

Ma dal Nord al Sud la situazione non cambia e anche il Mezzogiorno non è certo terra accogliente per chi non ha la pelle bianca e un cognome italiano. Il 18 agosto 2005, a Napoli, nel corso di una rapina è stato barbaramente ucciso un giovane senegalese di nome Ibrahime Diop. Sempre a Napoli la camorra spara sugli immigrati per provare le nuove armi in dotazione alle giovani leve. Risale al 2013 il ferimento di due cittadini africani (un nigeriano e un senegalese) nella zona del centro storico della città, tra Forcella e via Duomo, dove i sicari dei clan giocavano al "tirassegno" per provare le nuove armi. Tra Castel Volturno (dove fu messa a segno la famosa strage di San Gennaro nel 2008, addebitata al clan camorristico Setola) e Villa Literno, le "scimmie" – come gli affiliati del clan definiscono gli immigrati –  vengono sterminate senza pensarci troppo, come pericolosi invasori in un sistema che incrocia razzismo e criminalità.

Il caso Jerry Masslo

Aggressioni e tentati omicidi a sfondo razziale, dunque, avvengono con cadenza regolare, seguiti dal contrito commento istituzionale e dal solito "mai più". "Mai più" fu detto anche all'alba degli anni Novanta dopo l'uccisione di Jerry Masslo, episodio che all'epoca parve segnare un cambiamento nel sentire comune, ma che nei fatti ha visto la sua triste replica nella recente uccisione di Emmanuel. Rifugiato sudafricano in Italia, fu assassinato nel 1989 da uno squadrone di violenti in un capannone  del Casertano, durante un raid. Quattro persone con il volto occultato con delle calze di nylon fecero irruzione nelle baracche dove dormivano i cittadini africani dopo il lavoro nei campi a Villa Literno). Jerry Masslo fu ferito da diversi colpi di pistola all'addome. Per lui, che aveva tentato di difendersi dal gruppo di ladri e balordi, furono indetti i funerali di Stato. La vicenda colpì profondamente l'opinione pubblica, tanto che il suo assassinio portò ad una riforma delle leggi per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un'accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Sono rimasto deluso.

Così diceva Masslo trent'anni fa. Così potrebbe dire Emmanuel, nel 2016, se il gesto di un "ultrà" non lo avesse precipitato nel buio.

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