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Guerra di Gaza, quali sono le armi usate dai palestinesi?

Il conflitto asimmetrico tra i razzi fatti in casa dei palestinesi e i sistemi di difesa avanzati di Israele e la nuova tragedia umanitaria che si compie dinanzi ad una comunità internazionale impotente.
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Poco meno di novecento razzi Qassam lanciati in pochi giorni, una pioggia di proiettili e missili piovuti da parte israeliana, oltre 600 vittime palestinesi (meno di trenta quelle dell'esercito con la Stella di Davide), e una nuova ondata di distruzioni e sofferenze che sarà difficile da dimenticare con l'ennesimo scialbo finto processo di pace. Questa la fotografia del conflitto che sta infiammando la striscia di Gaza e, più in generale, la Palestina. Ancora una volta, secondo orma il copione messo in scena negli ultimi anni, l'operazione militare in grande stile voluta dai vertici politici e militari dello stato di Israele è scattata per porre fine “una volta e per tutte” alla presenza delle «formazioni terroristiche» (così definite, s'intende, da Tel Aviv) di Hamas, autorità politica che guida Gaza dal 2007. Le cronache del conflitto spesso enfatizzano l'utilizzo dei razzi Qassam da parte delle milizie palestinesi che, attraverso questi ordigni rudimentali, colpiscono con una certa frequenza (e con scarsi risultati dal punto di vista strettamente bellico) il territorio israeliano, soprattutto quello dei territori occupati dove si trovano i coloni posti lì come avamposto di Gerusalemme e caposaldo delle acquisizioni territoriali israeliane sedimentatesi nel corso degli ultimi 66 anni.

Cosa sono e come vengono realizzati i razzi Qassam dove colpiscono Israele

I razzi Qassam, che prendono il loro nome dall'inventore ‘Izz al-Din al-Qassam e che avrebbero visto (senza però che vi siano conferme ufficiali) la collaborazione dei reparti di ricerca e sviluppo militari di Siria e Iran, si caratterizzano per essere estremamente facili da utilizzare, da trasportare, da lanciare e soprattutto molto difficilmente intercettabili dalle forze di difesa antiaerea. Questo perché, secondo l'opinione più diffusa tra gli esperti militari, il razzo Qassam uno strumento sostanzialmente rudimentale, di scarsissime dimensioni e azionabile attraverso componenti meccaniche e chimiche comunissime, questo al fine di superare l'embargo aereo e navale, imposto da Israele alla striscia di Gaza. I razzi Qassam sono composti da un “banale” tubolare, azionati da una miscela solida composta da zucchero e nitrato di potassio (un banalissimo fertilizzante) e con una testata esplosiva composta da altri tipi di fertilizzanti comunissimi. La semplicità meccanica e di composizione dei razzi implica, tuttavia, che questi siano privi di alcun tipo di strumento di guida (per avere un'idea si pensi ai banali razzi per l'esplorazione “spaziale” fatti dalle scolaresche), negando così di fatto alcuna precisione o direzionalità dei razzi che, per questo motivo, possono colpire gli obiettivi più disparati.
L'utilizzo di questo tipo di armamenti da parte dei militanti palestinesi, avviene anche perché ad oggi la Palestina avendo uno status internazionale ibrido non possiede un esercito regolare, ma solo una Guardia Nazionale che opera in coordinamento con altri stati arabi e con una derivante scarsa agibilità operativa.
La maggior parte dei razzi Qassam, come detto in precedenza, vengono lanciati dai territori palestinesi della Striscia di Gaza. Una parte di territorio palestinese abitata ad oggi da poco più di un milione e mezzo di persone, occupata dal Israele tra il 1967 (guerra dei Sei giorni) e il 1994 (data degli accordi di Oslo), e tutt'oggi soggetta all'embargo areo e navale. Questa particolare condizione fa sì che gli abitanti di Gaza si trovino a vivere, come sostenuto anche da organizzazioni internazionali quali Amnesty International o Human Rights Watch, in condizioni di prigionia coatta. Dove, ad esempio, l'acqua, i medicinali o i beni di prima necessità – a causa delle politiche di sanzioni e rigore imposte da Tel Aviv – scarseggiano, rendendo le condizioni di vita per quelle popolazioni disumane.

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I motivi del conflitto tra Israele e Palestina

Le motivazioni che hanno portato a tale disastro umano e politico sono tante. Dai sensi di colpa dell'Occidente, al diritto di un popolo ad avere una terra e quello di un altro a vivere in pace nella propria; dalle influenze dei grandi potentati economici alle innumerevoli guerre fratricide passando per interessi politici oscuri e speculazioni. È davvero difficile, se non impossibile, dunque provare a sintetizzare in poche righe che cosa sia il conflitto israeliano-palestinese, perché si sia arrivati all'ennesima tragedia umanitaria – che vede come vittima la popolazione araba –, e soprattutto perché non si sia mai intervenuti con decisione al fine di fermare l'emorragia di vite umane che vede, oltre al numero di morti, una popolazione ridotta in condizioni di prigionia. La parzialità nel raccontare questo conflitto è, a parere di chi scrive, un dato di fatto. Così come la mera osservazione della sproporzione delle forze in campo. Israele gode di una netta e indiscutibile superiorità militare, sia in termini tecnologici che di preparazione del personale, dei mezzi a disposizione e delle capacità tattica e strategica.

Volendo – in questa sede –, sintetizzare ed esemplificare al massimo le radici del conflitto, è opinione diffusa datare al 1948 l'inizio del conflitto tra la comunità araba e quella, all'epoca minoritaria, israeliane. Nel 1947 l'assemblea generale delle Nazioni Unite decise di dividere i territori palestinesi e Gerusalemme, concedendo alle comunità ebraica una territorio dove vivere senza temere persecuzioni e leggi razziali, come invece avvenuto in Europa durante (e prima) la Seconda guerra mondiale. Dal quel momento, e per 66 anni, si sono susseguite guerre di rappresaglia, d'espansione e di riconquista che ancora oggi insanguinano la zona. Israele, grazie alla superiorità militare, ed alla maggiore disponibilità economica (dovuta anche alla presenza delle influentissime comunità ebraiche diffuse in tutto il mondo e soprattutto nei paesi Occidentali), ha da subito iniziato a conquistare nuove fasce di territorio a scapito degli originari proprietari palestinesi. Grazie ad abilissimi comandanti, a strategie spregiudicate e ad al personale altamente qualificato i militari con la Stella di Davide non solo sono riusciti a respingere gli attacchi provenienti dai Paesi della Lega araba che non avevano riconosciuto la legittimità della creazione dello Stato d'Israele da parte dell'Onu, ma sono riusciti a conquistare in tempi brevissimi (in particolare le guerre che sono intercorse tra il 1948 ed il 1967), ampie fasce di territorio originariamente possedute dai palestinesi. La partecipazione dei paesi arabi alle varie fasi del conflitto, tra cui spiccano in particolar modo Egitto, Giordania, Libano e Siria, ha portato ad una radicalizzazione degli scontri e all'allargamento del fronte di battaglia ben oltre i confini dei territori palestinesi facendo sì che durante la guerra dello Yom Kippur, 1973, Israele riuscisse anche ad territori egiziani e siriani.

Le sconfitte di fila delle formazioni panarabe hanno significato, in estrema sintesi, la graduale ma inesorabile migrazione di milioni di persone di provenienza palestinese sia verso paesi confinanti, come appunto Egitto, Libano e Siria, sia verso mete europee e nord americane. La realizzazione di enormi campi profughi, in cui generazioni di palestinesi hanno vissuto le proprie esistenze rappresentano, ad esempio, uno degli aspetti meno evidenti ma più significativi, in senso drammatico s'intende, del conflitto isreaelo-palestinese. L'esplosione di questa nuova guerra rappresenta solo l'atto scontato di una tragedia umanitaria che si procrastina da sei decenni e che, al momento, e grazie anche alla complicità dei paesi più industrializzati come Usa, Regno Unito, Francia, Russia e Germania non riesce a trovare una soluzione politica accettabile dalle parti.

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