Vertice Putin-Trump a Budapest, gli esperti: “Così lo zar vuole umiliare l’Europa e prendere tempo in Ucraina”

Con una telefonata, Vladimir Putin ha spiazzato Volodymir Zelensky che arriva a Washington per farsi dare da Trump i missili in grado di colpire Mosca e un pezzo di Siberia. Con la scelta di Budapest per il prossimo summit con l'ex tycoon, il capo del Cremlino ha inoltre aggiunto un robusto tassello nella spaccatura tra America ed Europa, in linea con un suo obiettivo prioritario.
Si potrebbe dire che siamo tornati al punto di partenza, prima del summit d’agosto in Alaska: gli Usa tirano di nuovo il freno, smettono di fare i duri con la Russia e di sostenere l’Ucraina, per un accordo di pace che finora è rimasto illusione. In realtà, solo le prossime ore chiariranno se l’offensiva di lusinghe russe, in atto da settimane, abbia convinto Donald Trump a tornare una volta di più sui suoi passi e a sostenere di nuovo gli obiettivi massimalisti del Cremlino in Ucraina. O se il presidente Usa vorrà comunque usare le leve che ha a disposizione per ridimensionare le pretese di Putin.
Intanto, che i presidenti delle due potenze abbiano deciso di rivedersi è probabilmente un fatto positivo, notano alcuni analisti. “Non credo che un nuovo summit sia una cattiva idea”, dice a Fanpage.it Sergey Radchenko, docente della Johns Hopkins University ed esperto delle mai decollate trattative sull’Ucraina. “Continuare a parlare è necessario. La questione è quali concessioni si debbano fare e quando. E chi debba farle”. Secondo un informatissimo resoconto appena pubblicato dal Financial Times — nel colloquio con Putin ad Anchorage in agosto Trump finì per accettare la richiesta del ritiro ucraino dalle aree ancora non occupate delle quattro regioni annesse da Mosca. Di fatto era una resa, da imporre a Zelensky.
La successiva marcia indietro fu conseguenza del blitz dei leader europei alla Casa Bianca a perorare le regioni di Kiev. Il cambiamento di tono nei confronti del Cremlino divenne presto evidente. Dalla “delusione” espressa da Trump si è arrivati alla minaccia di dotare Kiev dei missili Tomahawk: 1.600 chilometri di gittata, nella versione a più lungo raggio. Significa aver sotto tiro tre flotte navali e tre distretti militari russi, compreso quello di Mosca. Oltre a centinaia di basi militari, logistiche ed energetiche nella Russia profonda, quella orientale. Da sempre il “porto sicuro” per le infrastrutture militari del Cremlino.
Putin ha detto più volte che i Tomahawk metterebbero a rischio le relazioni Usa-Russia. È però lecito dubitare che li ritenga così pericolosi. Gli Stati Uniti ne hanno pochi. Soprattutto, hanno poche piattaforme Typhon, “uniche rampe di lancio possibili dall’Ucraina”, riferisce l’analista di armamenti Pavel Podvig di Russian Forces a Fanpage.it. “E quei missili servono anche a noi”, ha detto Trump dopo aver parlato con Putin.
L’allarme di Mosca per i Tomahawk sembra far parte di una charade diplomatica che comprende la sostanziale neutralità russa sul processo di pace Israele-Palestinese di cui Trump è il broker, e gli sperticati complimenti allo stesso Trump e al vecchio amico Bibi Netanyahu elargiti da Putin. Lusinghe, lamentele per minacce più o meno reali e una chiacchierate per rilanciare i rapporti: da manuale di diplomazia.
Dopo la telefonata di Putin, il sì a Zelensky sui Tomahawk è fuori discussione. Ma anche un perentorio “no” appare improbabile. “Trump non darà i missili a Zelensky: se lo facesse comprometterebbe l’incontro bilaterale concordato”, spiega Radchenko. “Ma manterrà viva la minaccia, come strumento di pressione. Almeno fino al summit di Budapest”.
Una scelta interessante, come location, la capitale ungherese. Il governo del Paese Ue nemico dell’Ue ritiene l’Occidente responsabile del prolungamento della guerra in Ucraina. Il primo ministro Viktor Orbán sfrutterà l’occasione in pieno, alla vigilia delle elezioni più difficili — vista la popolarità del suo contendente Péter Magyar — dal suo ritorno al potere 15 anni fa e dalla sua ascesa a faro globale del conservatorismo autoritario globale.
“Per Putin andare a Budapest è come dare il dito medio all’Ue”, nota il professore della Johns Hopkins: “Un criminale ricercato dalla Corte penale internazionale (l’Ungheria ne fa ancora parte, anche se ha votato per uscirne, ndr), che sfonda la porta dell’Europa a calci. Sarà uno spettacolo, nel senso peggiore del termine”. Il piano è chiaro, secondo l’accademico: “Allontanare gli Usa dall’Europa, cosa in cui è molto bravo, umiliare Bruxelles — e qui è un fuoriclasse —, prender tempo in Ucraina”.
La telefonata di Putin è durata due ore e mezzo. Il capo del Cremlino l'ha iniziata spiegando a Trump nei dettagli come la Russia stia vincendo su ogni fronte, secondo quanto riferito dall’agenzia Ria Novosti. Proprio come fece in Alaska. “È convinto che le cose stiano davvero così, perché servizi di sicurezza e vertici militari gli raccontano questo nei loro briefing”, dice da Mosca a Fanpage.it una persona al corrente della routine nell’amministrazione presidenziale russa. In realtà l’avanzata russa è minima e ci sono notizie recenti di altrettanto limitate controffensive ucraine.
La realtà dice anche che l’economia di guerra che sta sostenendo la crescita del Paese inizia a perder colpi, con il budget 2025 già sfondato in agosto, gli allarmi ripetuti della banca centrale sulla sostenibilità finanziaria e sugli investimenti e le revisioni al ribasso del governo sull’andamento del Pil. Ma questo non ha mai spostato le posizioni del regime sulla guerra. Putin e i suoi rimangono convinti di poterla vincere e di poter ottenere la demilitarizzazione dell’Ucraina e la sua riduzione a uno stato satellite. Sul campo. O a un tavolo che ratifichi la disfatta di Kyiv.
“A tutti gli effetti, Putin continua a credere di poter raggiungere i suoi obiettivi sul campo di battaglia”, commenta a Fanpage.it il diplomatico statunitense Steve Pifer, già ambasciatore in Ucraina. “Se Trump vuole promuovere la pace, deve convincere Putin del contrario e chiarire che la Russia fallirà sul campo e dovrà pagare costi politici, economici e militari sempre più elevati”. Pifer sospetta che Putin abbia ancora una volta ingannato Trump. “Dopo il cambio di tono del nostro presidente, nelle ultime settimane, gli ucraini avevano motivo di sperare in un maggior sostegno da parte dell’America. Questo ha preoccupato il Cremlino. Da qui la telefonata di Putin, che vuole prevenire qualsiasi esito positivo dall’incontro Trump-Zelensky”. Secondo il diplomatico Usa, “non sembra che la pace stia diventando più probabile”.