Ucraina, Zelensky rifiuta tregua di tre giorni offerta da Putin. Mosca: “Dimostra che è neonazista”

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di respingere la tregua di tre giorni proposta dal presidente russo Vladimir Putin, dicendo che invece ne sosterrebbe una di trenta giorni. L'iniziativa, che sarebbe coincisa con l'anniversario della vittoria sovietica sul nazifascismo, sarebbe stata il secondo cessate il fuoco temporaneo dopo quello di Pasqua. Ma, come ha spiegato Zelensky a un gruppo di giornalisti, "è impossibile raggiungere accordi in tre, cinque o anche sette giorni". La contro-proposta ucraina sarebbe una tregua di trenta giorni. "Un cessate il fuoco incondizionato è il modello proposto dagli americani. Stiamo seguendo quel modello. Che inizi in quella data o in un'altra, idealmente prima".
Zelensky ha paragonato le proposte di Putin a dei gesti teatrali: messi in atto solo per dare l'impressione che la Russia voglia uscire dall'isolamento, ma senza realmente concedere qualcosa o fare dei passi avanti. "La questione semplice è che ti uccidono fino al 7, poi il 7 si fanno due o tre giorni comodi per loro, e poi l'11 ci attaccano di nuovo con i missili. Non vedo alcuna proposta in questo. Così è impossibile elaborare un piano per stabilire i prossimi passi per porre fine alla guerra. Non mi sembra una cosa seria".
La replica durissima è arrivata dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, in un briefing con la stampa: "La riluttanza del regime di Kiev a rispondere direttamente alla proposta della Russia dimostra chiaramente che la base ideologica dell'attuale regime di Kiev è il neonazismo", ha affermato. "La vittoria sulla Germania di Hitler, sulla peste bruna e sul nazismo, a quanto pare per loro non è una festa".
Zelensky: "Non possiamo garantire sicurezza dei leader a Mosca"
Sempre parlando con i cronisti, Zelensky ha toccato anche il tema dell'evento che si svolgerà a Mosca il 9 maggio: una parata proprio per ricordare la vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, che dovrebbe come ospiti anche numerosi leader politici internazionali, tra cui il presidente brasiliano Lula e il presidente cinese Xi Jinping. Quando interrogato su eventuali attacchi nel corso dell'evento, Zelensky ha risposto che non può garantire la sicurezza di chi prenderà parte alla parata. "Non si sa cosa la Russia intenda fare in quella data. Potrebbe prendere varie misure, come incendi o esplosioni, per poi accusare noi".
Responsabile della sicurezza, ha detto il presidente ucraino, "sarà Mosca". La linea di Kiev, ha detto, "nei confronti di tutti i Paesi che si recheranno in Russia il 9 maggio è molto semplice: non possiamo assumerci la responsabilità di ciò che accadrà sul territorio della Federazione Russa. Stanno garantendo loro la vostra sicurezza".
Anche in questo caso è arrivata la riposta russa. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev, ha scritto sul suo canale Telegram: "Il pazzoide verde con la barba lunga ha affermato di respingere la proposta di Putin di una tregua di tre giorni il 9 maggio e di non poter garantire la sicurezza dei leader mondiali a Mosca. E chi cerca le sue garanzie? Solo una provocazione verbale". E poi ha rilanciato con una minaccia: "Nel caso di una vera provocazione nel Giorno della Vittoria, nessuno può garantire che Kiev arriverà al 10 maggio". Parole echeggiate dalla portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, per cui Zelensky "ha rivolto chiare minacce dirette ai leader mondiali".
Gli Usa perdono la pazienza sulle trattative
Che nelle ultime settimane le trattative (o pre-trattative, come si preferisce) si siano quasi bloccate appare piuttosto evidente. Dopo l'esordio di Donald Trump che aveva sparigliato le carte in tavola a gennaio, di fatto abbracciando molte delle rivendicazioni russe, i passi avanti sono rallentati. L'amministrazione di Trump, che in campagna elettorale aveva detto che sarebbe stato in grado di chiudere il conflitto in 48 ore, ha portato a casa l'accordo sulle terre rare, ma per quanto riguarda il conflitto non ci sono novità evidenti.
Infatti, nelle ultime ore è emerso che la linea statunitense sarebbe quella di cercare di fare un passo indietro dalla mediazione. Già negli scorsi giorni il segretario di Stato Marco Rubio non aveva nascosto che ci fosse una crescente frustrazione, a Washington, per l'impossibilità di arrivare a dei risultati. Tuttavia la portavoce del dipartimento di Rubio, Tammy Bruce, ha detto a Fox News: "Se non ci saranno progressi evidenti nell'accordo, potremmo cambiare un po' la nostra posizione", ma "questo, ovviamente, non rappresenta in alcun modo un passo indietro rispetto al processo". In ogni caso, la decisione su un eventuale ritiro spetta a Rubio e naturalmente a Trump. Quest'ultimo, secondo Zelensky, dopo l'incontro dei due in Vaticano ha "iniziato a vedere le cose in modo un po' diverso".
L'accusa di Kiev: "La Russia usa bombe termobariche"
Mentre le trattative procedono a rilento, gli attacchi militari continuano. Nella notte i bombardamenti russi hanno colpito la città di Kharkiv. Il bilancio ufficiale riportato dalla procura regionale è di 51 persone ferite, tra cui due ragazze adolescenti. L'accusa della procura è che l'esercito russo abbia usato delle bombe termobariche, ordigni particolarmente distruttivi che quando colpiscono creano un'onda d'urto ad altissima temperatura.
Le bombe sono state sganciate da droni che hanno colpito l'area della città. "Il loro utilizzo è particolarmente pericoloso e potrebbe indicare una deliberata violazione del diritto internazionale umanitario", ha affermato la procura ucraina. Nella notte ci sarebbero state almeno sette esplosioni in diverse parti della città. Poche ore prima, i droni russi avevano attaccato Zaporizhzhia, causando oltre 20 ferite.