Ucraina, tra i profughi del Donbass: “La corruzione è uno schifo, io dono la mia pensione e loro rubano milioni”

La regione di Leopoli è ancora oggi tra quelle dell'Ucraina occidentale che ospitano il maggior numero di profughi interni, scappati dalle aree del paese occupate dai russi, e che hanno cercato rifugio nelle città dell'Ovest. Nell'oblast della seconda città ucraina il numero di profughi sarebbe vicino ai 200 mila, ospitati in campi composti da container bipiani, oppure ancora sistemati in strutture provvisorie come edifici pubblici, chiese e conventi. A portare aiuti umanitari, attività ricreative, monitoraggio sanitario e laboratori di musicoterapia è l'associazione italiana Mediterranea Saving Humans, attiva in Ucraina dall'inizio della guerra. Ed è in uno di questi luoghi di accoglienza per rifugiati interni, lo studentato di Hnizdovskoho street, che incontriamo un nutrito gruppo di profughi che arrivano da Donetsk e da Lugansk, le regioni russofone del Donbass che Putin reclama come parte degli accordi di pace, ed occupate ormai da quasi 4 anni dall'esercito di Mosca.
Lo studentato è un servizio comunale, un edificio in stile sovietico di cinque piani. Nei primi quattro vivono effettivamente studenti universitari, ma all'ultimo piano sono ospitati in piccolissimi monolocali i profughi interni che vengono dalle regioni dell'Est. Qui, tra le tante ospiti, incontriamo Larissa, una donna di 67 anni, che da ben 11 anni vive da profuga nel proprio paese. La sua storia è un paradigma della storia recente dell'Ucraina, un paese dilaniato dalle guerra e soprattutto una popolazione costretta alla migrazione forzata, esposta ai lutti della guerra, alla disperazione della disgregazione familiare, alla tragedia della crisi economica e sociale.
Sfollata tre volte in 11 anni: "Non potevo accettare di vivere sotto Putin"
Larissa è originaria di Donestk. Suo marito è morto di tumore molti anni prima dello scoppio della guerra su larga scala nel 2022, ma la sua vita è un calvario emblematico. Dopo i primi tumulti filo russi a Donetsk, Larissa con sua figlia decisero di andare in Crimea, credendo erroneamente di trovare rifugio e un luogo sicuro. Ma l'annessione della Crimea da parte dei russi la portò già nel 2014 a una nuova migrazione. "Io sono nata a Donestk, quella è la mia terra, e io mi sento semplicemente ucraina – ci spiega – quando i russi fecero l'annessione della Crimea, dopo poche settimane ci dissero che se volevamo rimanere lì avremmo dovuto fare il passaporto russo. Questo significava diventare cittadini russi e dover rispettare il loro regime. Per me era impossibile, allora decisi di emigrare ancora e mi sono rifugiata per molti anni a Zaporizhzhia". Lì è rimasta a vivere per un periodo in una "casa modulare", un nome addolcito per definire i container molto simili a quelli dei terremotati che spesso abbiamo visto in Italia.
"Ma nel febbraio del 2022, con l'invasione russa su larga scala sono dovuta scappare di nuovo. Ed è così che sono finita a Leopoli". Larissa ha ancora il sorriso consapevole di chi ha avuto una vita intensa e ha superato ostacoli enormi. "Ma siamo ancora vivi" ci dice sorridendo sotto i suoi grandi occhiali. "Mia figlia è rimasta lì, ma io non potevo, non avrei mai potuto. Putin ci vuole tutti con la bocca zitta, ma io non accetterò mai di stare zitta, di non essere libera, di non poter dire la mia, di poter esprimere dissenso. Non l'ho mai accettato e mai lo accetterò. Io mi sento semplicemente ucraina, una donna ucraina libera".
Proprio le sue terre natali sono al centro delle complesse e difficili interlocuzioni internazionali per arrivare a un accordo di pace. Il Donbass, l'insieme delle regioni di Donetsk e Lugansk, potrebbero finire per sempre nelle mani russe. La concessione di questi territori sembra la base da cui partono i russi, il "minimo indispensabile" per potersi sedere a trattare. Chiediamo a Larissa se farà mai ritorno a Donestk se rimarrà definitivamente nelle mani di Putin.
"Quella è la mia terra, è chiaro che sogno di poterci tornare, ma non accetterò mai di finire sotto i russi" ci spiega. La concessione di territori è un argomento al centro del dibattito mondiale, ma qui in Ucraina sembra davvero un tabù. Decidiamo quindi di prendere la questione più alla larga, chiedendo a Larissa cosa ne pensa di queste trattative per arrivare ad una pace? "Bisogna vedere cosa ne pensa chi sta in prima linea e sta combattendo". Laconica.
Sarà forse proprio questo lo scoglio più grande per Zelensky, la tenuta interna dopo 4 anni passati a sostenere lo sforzo bellico con un nazionalismo talvolta fin troppo spinto, fino ad arrivare ai limiti della russofobia; con la propaganda impegnata a dispensare sicurezza sulla riconquista dei territori. Concederli ora avrebbe una ripercussione interna enorme, fosse anche solo per l'oltre mezzo milione di morti di questa guerra (su entrambe i lati) che hanno segnato per sempre chi vive in queste terre.

"La corruzione è uno schifo, io dono la mia pensione e loro rubano milioni"
L'altro grande elemento di conflittualità interna per il governo ucraino è senz'altro la corruzione. Proprio lui, Volodomyr Zelensky, da attore a presidente, simbolo della lotta alla corruzione, sta vedendo minata pesantemente la credibilità del suo governo a causa dei continui scandali legati alle figure apicali che lo circondano. L'ultimo in ordine di tempo è quello che ha colpito Andryy Yermak, capo di gabinetto di Zelensky, considerato suo braccio destro, indagato per corruzione e dimessosi dopo le perquisizioni a casa sua e nei suoi uffici. L'accusa è di aver fatto sparire milioni di dollari.
Il caso Yermak, sebbene sia quello più grande fino ad ora, è però l'ennesimo in termini quantitativi dall'inizio della guerra nel 2022. Ufficiali dell'esercito corrotti per dispensare le persone dall'arruolamento, politici, funzionari e oligarchi, scoperti a rubare fino anche i fondi degli aiuti internazionali. L'Ucraina che proprio dalle rivolte di Piazza Maidan in poi, nel 2014, aveva messo il tema della lotta alla corruzione, come uno dei punti più sentiti dalla società civile, rischia l'implosione proprio per questo male della politica.
Chiediamo a Larissa cosa ne pensa degli scandali sulla corruzione. Ci riflette per qualche secondo e poi scoppia a piangere. È un pianto disperato che non le fa uscire le parole dalla bocca. Toglie gli occhiali, si rifugia in un abbraccio consolatorio. Dopo aver ripreso fiato ci dice: "Non basta dire che è una vergogna, è uno schifo. Noi stiamo perdendo tutto e loro rubano i soldi che servono per aiutare il paese. Io ogni mese dalla mia pensione faccio due donazioni per i militari al fronte. Io, che non ho niente, dono i pochi soldi che ho per chi difende l'Ucraina, e questi rubano milioni di dollari?".
Facciamo il calcolo della pensione di Larissa, 167 euro al mese. E da lì lei fa due donazioni ai militari al fronte. Probabilmente non c'è immagine più plastica per descrivere l'impatto degli scandali legati alla corruzione sull'opinione pubblica ucraina. "Vedi a me non è rimasto nulla. Io ho perso la famiglia, ho perso la mia casa, ho perso la mia città, sono dovuta scappare due volte, ma voglio ancora essere una persona libera. Io voglio votare, voglio poter decidere, voglio esprimere il mio dissenso, voglio la democrazia. Abbiamo perso tutto il resto, dell'Ucraina ora ci rimane solo la terra". Ci offre il tè Larissa, e anche i dolci. "Li ho preparati perché oggi sono venuti gli italiani, grazie davvero perché non vi siete dimenticati di noi".
Come lei sono milioni i profughi sfollati tra l'ovest dell'Ucraina e il resto d'Europa che in queste settimane stanno metabolizzando che potrebbero non tornare mai più nelle loro città d'origine. E questo dopo 4 anni di guerra. E mentre il vuoto pneumatico dell'angoscia di una vita da ricostruire invade queste persone, il loro sacrificio è offeso dalla corruzione che sembra essere sempre più dilagante.