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Guerra in Ucraina

Secondo gli ucraini alcuni soldati russi si sono sparati nelle gambe per evitare di combattere

Il media bielorusso Nexta ha diffuso una presunta conversazione intercettata a militari russi secondo cui alcuni soldati si sarebbero sparati nelle gambe pur di non combattere.
A cura di Davide Falcioni
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La paura di morire in combattimento, quella di uccidere un altro uomo o rimanere invalidi a vita sono fattori determinanti per il morale dei soldati, di qualunque soldato. Per questo i libri su temi storici, specie quelli che descrivono l'esperienza delle trincee nella Prima e Seconda Guerra Mondiale, sono pieni di aneddoti su militari che si auto-infliggono gravi ferite pur di finire in ospedale ed evitare di rischiare la vita nello scontro diretto con il nemico. Qualcosa di molto simile potrebbe star accadendo anche tra le truppe russe, nelle cui fila combattono migliaia di militari di leva inesperti e spesso convinti di star prendendo parte a una guerra fratricida contro un popolo di "fratelli".

Il media bielorusso Nexta, vicino ad ambienti dell'opposizione, ha rilanciato un file audio diffuso da fonti militari ucraine secondo cui alcuni soldati russi si sarebbero sparati nelle gambe utilizzando munizioni in dotazione ai nemici  pur di non dover combattere. Nexta, in particolare, rilancia lo stralcio di una conversazione intercettata. "Ci hanno sparato contro per 14 giorni. Abbiamo paura. Stiamo rubando il cibo, facendo irruzione nelle case. Stiamo uccidendo i civili", si dice. In un altro dialogo due soldati russi si confidano: "Ufficiali russi si sono sparati alle gambe per andarsene a casa. Ci sono corpi ovunque". Un altro parla di commilitoni "alla ricerca di munizioni ucraine per potersi sparare alle gambe e finire in ospedale". Impossibile stabilire con certezza se tali episodi si siano verificati davvero, ma si tratta di circostanze assolutamente plausibili e avvenute in molti altri conflitti armati.

Quello dell'autolesionismo è un fenomeno ricorrente nelle guerre. Durante il primo conflitto mondiale era certamente diffuso anche tra le truppe italiane, nonostante le gravi pene a cui si andava incontro: decine d'anni di carcere o, dopo disfatta di Caporetto, persino la pena di morte. La prima sentenza per autolesionismo venne emessa già il 26 luglio 1915, e riguarda ben 46 imputati. Di questi, 27 vennero condannati ciascuno a vent’anni di reclusione, per gli altri non si poté provare che la ferita era stata autoinferta.

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