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Guerra in Ucraina

“La Russia cambierà la dottrina nucleare, sì ad attacchi preventivi. C’è un dossier”: l’analisi dell’esperto

“La decisione è presa e prevede la possibilità di ‘first strike’”, dice a Fanpage.it Vasily Kashin, politologo e collega di Karaganov, ispiratore di Putin, secondo il quale” ci potrebbe essere una escalation nucleare se sarà colpita la centrale di Kursk”. L’ex dirigente Nato Alberque: “Vogliono solo impaurirci per ottenere i loro obiettivi”.
A cura di Riccardo Amati
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Mosca rivedrà la sua dottrina sulle armi nucleari in modo da prevederne l’utilizzo preventivo, perché ritiene che l’offensiva ucraina nella oblast di Kursk abbia allontanato ogni possibilità di negoziato e che ormai un conflitto totale con l’Occidente sia molto probabile. A un attacco di Kyiv contro la centrale nucleare di Kursk, La Russia potrebbe rispondere con l’atomica.

Colpire per primi

"Da quel che ho inteso, è stata raggiunta una decisione per cambiare la nostra attuale dottrina nucleare affinché includa un maggior numero di casi in cui sia possibile usare questo tipo di armamenti”, dice a Fanpage.it Vasily Kashin, direttore della facoltà di Affari Internazionali della Scuola superiore di economia (Hse), la Bocconi moscovita. "E la nuova dottrina comprenderà la possibilità di colpire per primi”, aggiunge.

Kashin spiega che — pur avendo familiarità con il dossier — non può entrare nei dettagli, né li conosce tutti. È il suo diretto superiore, Sergei Karagonov, preside della facoltà e politologo d’elezione di Vladimir Putin, a discutere la questione in prima persona con il presidente e i vertici del regime.

“L’aggiornamento delle regole di ingaggio nucleare da parte nostra è inevitabile”, spiega l’accademico. “E l’attacco degli ucraini nei nostri territori di frontiera accelera il processo in modo drammatico”. Non perché consideri l’operazione Kursk un successo  del nemico: “Li abbiamo già fermati e li respingeremo velocemente”, afferma.

Kursk come Armageddon

La realtà è diversa. E si potrebbe arrivare al peggio molto in fretta. “Se la centrale nuc leare di Kursk venisse colpita provocando una contaminazione in territorio russo, vedremmo un’immediata escalation nucleare da parte nostra”, avverte Kashin.

Kyiv e la maggior parte degli analisti militari escludono che la centrale sia un obiettivo dell’azione oltre confine avviata il 6 agosto.

Dall’Occidente non sono mai arrivate minacce nucleari esplicite contro la Russia, mentre i leader politici e i propagandisti televisivi di Mosca dicono ogni giorno che si deve fare della Gran Bretagna, di qualche capitale europea o della California “un deserto di cenere radioattiva”. Testuali parole del capo della propaganda Dmitry Kiselyov, conduttore televisivo famoso almeno quanto da noi un Bruno Vespa nonché mega-direttore del colosso editoriale di Stato Rossiya Segodnya.

La cosiddetta “dimensione nucleare” è stata del tutto sdoganata, in Russia. Se ne parla come si parlerebbe del tempo che fa. Solo chi ha modo di seguire i programmi “giornalistici” delle tv di Putin può davvero rendersene conto. Nessun errore commesso l’Occidente nei confronti della Russia — e secondo noi sono tanti — può giustificare le posizioni nichiliste e irrazionali, se non addirittura disumane, assunte in proposito dal regime di Putin.

Putin ha sdoganato l’incubo nucleare

Lo sdoganamento della “bomba” per eccellenza è precedente all’invasione dell’Ucraina. Un’impennata della narrativa nucleare ci fu già nell’ottobre del 2016, quando furono dispiegati i missili Iskander a Kaliningrad.

Due anni dopo, Putin pronunciò la famosa frase: “Perché mai dovremmo volere che il mondo continui a esistere senza più la Russia”?. A qualcuno potrà sembrare una dichiarazione patriottica. A noi pare l’affermazione più cinica e sciovinista mai fatta dal leader di una superpotenza nucleare. Nel caso in cui ci sbagliassimo, saremmo felici di esser smentiti.

Con la guerra in Ucraina, poi, si è avviata una discussione pubblica tra i politologi dei think tank putinisti e i vertici del regime sulla possibilità di bombardare preventivamente l’Europa. Sergei Karaganov, il capo di Kashin, è stato il portavoce della delirante ipotesi. Putin recentemente ha dato sempre più spazio a Karaganov. Ha condiviso con lui il palco del Valdai Club, “la Davos russa”. E gli ha dato ragione su tutto o quasi.

“Non siamo solo noi ad alimentare la dimensione nucleare”, replica il professor Kashin alle nostre contestazioni. “Ma è vero che fin dall’inizio del conflitto viviamo nel pericolo di una escalation tragica e definitiva. Per questo la guerra in Ucraina deve finire. E dobbiamo fare in modo che non ne scoppino altre in Europa”.

La pace impossibile

Parole sante. Un sistema per la sicurezza nel vecchio continente, concordato con la Russia, non è solo auspicabile ma necessario.

Peccato però che per fermare la guerra, chiarisce subito l’accademico, “la Russia deve raggiungere i suoi obiettivi eliminando le radici del conflitto”. E che Mosca “non solo non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalle zone occupate in Ucraina, ma non accetterà mai un cessate il fuoco sulle attuali linee del fronte”. Nel senso che vuole tutte le quattro regioni ucraine che si è annessa. Comprese le ampie zone ancora in mano a Kyiv. Più che la base di una trattativa, è la descrizione di una capitolazione.

Ma si va oltre: “Dopo quel che è accaduto a Kursk, il prossimo set di condizioni — spiega Kashin — sarà più pesante rispetto a quello prospettato dal presidente Putin nel luglio scorso: riguarderà l’essenza politica dell’Ucraina nel dopoguerra, i limiti al suo esercito, ai suoi armamenti e alla sua legislazione”.

Evidentemente non si tratta solo di ottenere la neutralità dell’Ucraina e vietare la sua entrata nella Nato. Si vogliono influenzare le decisioni parlamento e dell’esecutivo. E fare del Paese vicino una sorta di Paese satellite.

Dottrine ufficiali e parallele

“È sperando di ottenere tutto questo che il regime di Putin vuole alzare la soglia e rendere più aggressiva la sua dottrina nucleare”, commenta a Fanpage.it William Alberque, ex direttore del centro Nato per il controllo degli armamenti e il disarmo, oggi in forza al think tank Stimson.

Alberque ritiene che quanto riferito a Fanpage.it da Kashin sulla rivendicazione ufficiale da parte russa del diritto di “first strike” atomico sia un’assoluta novità. Ma da tempo ripete che una dottrina nucleare feroce, segreta e parallela a quella dichiarata, Mosca ce l’ha sempre avuta.

“Paradossalmente, ora devono cambiare la loro dottrina ufficiale perché in Occidente siamo stati così stupidi da crederci davvero, e quindi non siamo terrorizzati quanto Putin vorrebbe”, nota Alberque. “Dopo aver visto superare tutte le linee rosse possibili, compresa un’offensiva sul territorio russo, Putin deve riscrivere la sua falsa dottrina per farla diventare spaventosa almeno come quella reale e segreta, e avere così una maggior leva per ottenere i suoi obbiettivi”.

Vasily Kashin ritiene però che la decisione di rivedere la dottrina nucleare abbia poco a che fare con l’Ucraina e molto con la più generale contrapposizione alla Nato. “La possibilità di lanciare attacchi preventivi è giustificata dal dispiegamento di missili terra-terra a raggio intermedio americani in Europa, come i Tomahawk, gli Sm-6 e nuovi vettori ipersonici” ( Germania e Usa hanno raggiunto un accordo su questo al summit Nato di Washington nel luglio scorso: i missili saranno installati nel 2026, ndr).

E allora Kaliningrad?

Ma la Russia ha nella sua exclave di Kaliningrad, nella Prussia orientale, almeno un centinaio di testate nucleari e decine di missili Iskander-M in grado di raggiungere Berlino. E il vice ministro degli Esteri Rybakov ha dichiarato all’agenzia di stampa Interfax che vi arriveranno anche missili a gittata intermedia simili a quelli americani. La Russia li ha già messi in produzione, ha affermato lo stesso Putin.

Questo tipo di armamenti era vietato dal trattato Inf, da cui gli Usa sono usciti nel 2019 accusando Mosca di violazioni che il Cremlino ha contestato.

“Sì, a Kaliningrad abbiamo armi nucleari. E allora?”, sbotta Kashin: “Ammesso e non concesso che possano davvero raggiungere Berlino, il centro decisionale dell’Europa non è in Europa ma a Washington. Mentre i missili americani dal territorio europeo possono tranquillamente colpire Mosca”. È questa la visione di Mosca su noi europei. Troppo drastica ma forse in parte meritata.

L’esperto moscovita cita l’ex capo delle forze nucleari strategiche russe Viktor Yesin: il generale sostiene che il ritorno dei missili a raggio intermedio sul suolo europeo metta a rischio il funzionamento della cosiddetta “Dead hand”, ovvero “mano morta”.  È il sistema che consente di scatenare in automatico la rappresaglia nel caso in cui un attacco atomico distrugga il Cremlino e uccida i responsabili della politica e delle forze armate, decapitando il regime.

“Mano morta” e deterrenza

“Un attacco preventivo è l’unico modo per eliminare questa eventualità”, ne deduce Kashin. Fatto sta che la dottrina nucleare di Washington e della Nato non prevede niente di tutto questo, ed è tutto sommato in linea con quella ufficiale teoricamente ancora in vigore in Russia: le atomiche si possono usare solo in risposta a un attacco a colpi di megatoni. O in pochi casi estremi in cui sia a rischio l’esistenza dello Stato.

Il nostro interlocutore obbietta: “Non è vero, la dottrina nucleare statunitense contempla lanci preventivi in un sacco di casi: addirittura sono previsti in risposta ad attacchi informatici”.

“Kashin su questo punto dice falsità”, risponde l’ex alto funzionario Nato per gli armamenti nucleari Alberque. “Capisco che non possa contraddire il suo boss, Karaganov. Ma per quanto riguarda gli attacchi informatici, la dottrina americana prevede sì una risposta nucleare. Ma solo quando questi attacchi abbiano causato disastri con la morte di centinaia di miglia di persone”.

Lo stesso vale nel caso di eventuali aggressioni con armi batteriologiche o chimiche, precisa Alberque. “Se la nostra dottrina nucleare, che non è duplice come quella russa ma chiara e coerente, non prevedesse risposte ad attacchi cibernetici o biologici devastanti, non avrebbe alcun effetto deterrente: verrebbe a mancare la sua stessa ragion d’essere”.

Deterrenza è la parola chiave che legittima anche lo schieramento dei Tomahawk e degli Sm-6 in Europa, secondo Alberque: “Si tratta di rendere ogni eventuale piano del Cremlino di colpire obiettivi nel continente impossibile da realizzarsi”. La Russia invece “usa la minaccia nucleare in una larga gamma di situazioni. Lo fa già da tempo e quello che vedremo ora — a giudicare dalle rivelazioni di Vasily Kahin — non è che un adeguamento della loro falsa dottrina alla realtà”.

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