Scambia detersivo per latte, bimbo perde metà lingua e ha un infarto: ora non può più mangiare

Sembrava un giorno qualunque. Un pomeriggio come tanti, in un appartamento di Birmingham, in Regno Unito: una madre che pulisce il bagno, i bambini che giocano in salotto, il consueto via vai di una famiglia numerosa. Poi, in un istante, la normalità si è spezzata.
Il più piccolo dei figli, appena 13 mesi, è entrato in bagno senza farsi notare. Ha visto una bottiglia appoggiata a terra e, come farebbe qualsiasi bambino della sua età, l’ha scambiata per qualcosa di familiare. Forse per il latte. E ne ha bevuto un sorso. Era invece uno sturalavandini caustico, un detergente per scarichi altamente corrosivo.
È bastato un attimo perché la sostanza iniziasse a bruciargli la bocca, la lingua, le labbra, le vie respiratorie. La madre era girata di spalle, impegnata a sbloccare il lavandino; non si era accorta che il piccolo l’aveva seguita. Quando la famiglia ha realizzato cosa stava accadendo, il danno era già in corso.
Il bambino è stato portato d’urgenza al Birmingham Women’s and Children’s Hospital. Mentre i medici cercavano di stabilizzarlo, il suo cuore si è fermato. Per quasi tre interminabili minuti, un team di 27 professionisti ha lottato per riportarlo in vita. E alla fine ce l’hanno fatta.
Ma il prezzo è stato altissimo.
Le ustioni hanno devastato la sua bocca: le labbra si sono quasi completamente sigillate e il piccolo non può più mangiare, bere o pronunciare una parola. I medici hanno dovuto rimuovere il sondino nasogastrico e inserirne uno permanente nello stomaco. La cavità orale continua a restringersi, lasciando soltanto una minuscola apertura, troppo piccola per consentire il passaggio di liquidi o cibo.
Gli specialisti faticano persino a vedere cosa stia succedendo all’interno, e ogni valutazione sembra diversa dalla precedente. Il bambino è in lista d’attesa per un intervento ricostruttivo urgente, ma non esiste una data. Non c’è un orizzonte chiaro. Solo attese.
La famiglia, pur rassicurata dalle parole del personale sanitario, vive nell’incertezza. Alcuni medici sostengono che l’operazione sia possibile, altri ritengono che sia troppo presto. Altri ancora non sanno come intervenire, perché un caso così non lo hanno mai affrontato.
Per questo i genitori stanno cercando alternative all’estero, in Paesi dove sono presenti specialisti con maggiore esperienza in casi complessi come questo. Hanno aperto una raccolta fondi per provare a sostenere le spese dell’intervento e dei farmaci necessari. Vivono con difficoltà economiche e non riescono a mettere da parte quanto servirebbe.
“Vogliamo solo che il nostro bambino stia bene”, ripetono. E in quella frase c’è tutto: la paura, la speranza, la forza disperata di due genitori che non si arrendono.