Rapita dal papà, la vera storia di Tamara Trottner dietro la serie Netflix ‘Nessuno ci ha visti partire’

Dal 1969 al 1971 Tamara Trottner e suo fratello Isaac furono rapiti dal padre. L'uomo impedì ai bambini di contattare la madre, li costrinse a lasciare il Messico per spostarsi da un paese all'altro, Francia, Italia, Sudafrica e Israele, perché la moglie si era innamorata di un altro.
Trottner, oggi 61enne, ha scritto un libro autobiografico Nadie nos vio partir (Nessuno ci ha visti partire). Da questo è stata tratta l'omonima serie Netflix, uscita sulla piattaforma a ottobre. All'epoca Trottner aveva 5 anni, il fratello 9.
Il rapimento dei due figli da parte del padre dopo la separazione
La storia della famiglia inizia nel Messico degli anni '60. I genitori di Tamara, Valeria e Leo, si erano separati quando Tamara aveva un anno e, sebbene avessero mantenuto un rapporto amichevole durante la crescita dei figli, il giorno del quinto compleanno di Tamara, suo padre rapì lei e il fratello.
"Ci ha rapiti per due anni. All'inizio pensavamo fosse solo un viaggio, ma poi abbiamo chiesto della mamma, del mio cane, della mia scuola, non ha risposto ", ha ricordato la 61enne in un'intervista ricostruendo la confusione e lo sradicamento che hanno accompagnato quel periodo.

Le ricerche e il ricongiungimento con la madre
Tra il 1969 e il 1971 i bambini erano stati portati in diversi Paesi, dalla Francia a Israele, mentre la madre intraprendeva una ricerca disperata con l'aiuto di investigatori privati. Ma la storia ha coinvolto anche l'Interpol e l'Fbi.
La donna infatti non si è mai arresa, nonostante l’isolamento e un sistema legale a favore del padre, riuscendo infine a ricongiungersi con i suoi figli.
La situazione vissuta dalla madre, da Trottner e dal fratello è un esempio di “violenza vicaria”, ovvero l'uso dei bambini come strumento di controllo verso l’altro genitore. La vicenda si svolge inoltre all’interno dell’alta borghesia ebraica di Città del Messico, un contesto chiuso ed estremamente patriarcale.
"Quando mia mamma ci ha ripreso e riportato a casa in Messico, siamo arrivati nell'appartamento dove mio padre mi aveva detto che il mio cane era morto, che la mia tata non c'era più. Ma quando sono arrivata erano lì, c'era tutto", ha ricordato.
"Scrivere questa storia è stato il mio modo per riconciliarmi con il passato e dare voce a chi rimane inascoltato", ha spiegato ancora Trottner. Il padre non è mai stato processato per il rapimento: "All'epoca non era un reato rapire i bambini. E mia madre ha deciso di non fargli causa. Una volta che ci ha riavuti, ha detto: ‘Ho tutto quello che desidero‘".
L'incontro con il padre anni dopo il rapimento
In un'intervista rilasciata all'inizio del 2024 Trottner ha raccontato anche cosa è successo con il padre, che non ha voluto vedere per 20 anni. "A un certo punto, ha cercato di vedermi e io ero arrabbiata, l'ho respinto", ha spiegato.

In quel periodo, l'uomo aveva costruito un'altra famiglia. La 61enne ha scritto il libro basandosi sui suoi ricordi di quegli anni di viaggio, ma anche sulle versioni della storia che ha sentito dai suoi genitori tempo dopo.
"Mi sono resa conto che la sua versione era vera quanto quella di mia madre. Non è giusto rapire i bambini, non è questo il modo di reagire. Mio padre era arrabbiato, aveva ragione ad essere arrabbiato, ma era stato manipolato da suo padre, un uomo molto potente, forte e deciso", ha aggiunto la scrittrice.
L'incontro tra Tamara e suo padre è stato caratterizzato da emozioni contrastanti. Non si è trattato di un perdono assoluto, ha precisato la donna in diverse interviste, ma di un passo verso la comprensione. L'uomo è morto nel 2019, ricordo il quotidiano Clarín, pochi mesi prima dell'uscita del libro della figlia.
"Mio padre è sempre stato buono, ma dobbiamo usare le parole giuste ed è stata una violenza indiretta che ha causato a me e a mio fratello molto dolore in quei due anni, soprattutto per il pensiero che nodtra madre non ci amasse", ha spiegato la scrittrice.