
Perdonateci. Perdonateci se non soffiamo nemmeno per un minuto sul fuoco della speranza, se non ci accodiamo ai cori di giubilo, alla retorica del giorno di sole dopo anni di tempesta, ai pubblici elogi per Donald Trump e per i negoziatori del Cairo, alle lacrime degli ostaggi e dei familiari che potranno finalmente riabbracciarli, ai sorrisi dei bambini di Gaza.
Perdonateci, ma quando tutti o quasi ci credono, a un futuro di pace, è ancor di più necessario coltivare il dubbio, lo scetticismo, la disillusione. Tanto più, conoscendo la triste storia di quella Terra Maledetta, più che Promessa, e il triste tramonto di altri giorni radiosi, tra Oslo e Camp David.
Perdonateci, ma crederemo alla pace quando nessun giornalista sarà più ammazzato a Gaza com’è successo ieri al ventisettenne Saleh Amer Al-Jaafrawi, freddato dalle milizie palestinesi al soldo di israeliani e americani mentre raccontava la pace dopo anni passati a raccontare la guerra.
Perdonateci, ma ci crederemo quando potremo entrare a Gaza come giornalisti internazionali, quando potremo guardare questa pace coi nostri occhi, parlare con le persone, testimoniare quel che accade senza temere per la nostra incolumità.
Perdonateci, ma ci crederemo quando vedremo coi nostri occhi i piani che Donald Trump e il suo genero Jared Kushner hanno progettato per Gaza, soprattutto quando capiremo se questi piani contemplano i due milioni di palestinesi ancora nella Striscia, se e dove vi abiteranno.
Perdonateci, ma ci crederemo quando capiremo il livello di sovranità che milioni di palestinesi avranno su una terra che fino a prova contraria appartiene loro. E quanto democratica sarà quella sovranità, ad esempio, e quanto sarà tollerato il dissenso e la libertà d’opinione.
Perdonateci, ma ci crederemo quando qualcuno smentirà il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar, quando dice che non esisterà mai uno Stato palestinese. E quando qualcuno smentirà il ministro delle finanze Bezalel Smotrich quando parla di cancellazione dello Stato palestinese e di Gaza come un "eldorado immobiliare".
Perdonateci, ma ci crederemo quando i seicentomila coloni israeliani cominceranno ad andarsene dagli insediamenti illegali in Cisgiordania, incentivati e difesi dal ministro Itmar Ben Gvir.
Perdonateci, ma ci crederemo quando saranno smantellati tutti i blocchi navali e tutti i muri che fanno oggi di Gaza una prigione a cielo aperto.
Perdonateci, ma ci crederemo quando vedremo rispondere dei loro crimini i responsabili di un massacro indiscriminato di decine di migliaia di civili, molti dei quali bambini, e della sopravvivenza senza cibo, medicine, ospedali di milioni di altri palestinesi.
Perdonateci, ma tutto quel che non prevede tutto quel che avete letto sinora non è Pace. E lasciamo volentieri a chi dall'8 ottobre 2023 ha offerto ogni supporto agli eccidi di Gaza, giustificando ogni abuso israeliano, fornendo a Tel Aviv armi, legittimazione e supporto diplomatico, festeggiare questo suo simulacro
Perdonateci, ma a questo giro non ce la venderete tanto facilmente.
