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Guerra in Ucraina

Quali sono i segreti della vittoria ucraina e perché Kiev deve stare attenta: intervista al prof Breccia

Gastone Breccia, storico ed esperto di teoria militare: “Quella degli ucraini è stata una manovra da manuale, ma ora Kiev deve stare attenta a non dilapidare i frutti di questa innegabile vittoria esagerando nel tentativo di riconquistare tutto e subito”.
Intervista a Professor Gastone Breccia
Storico ed esperto di teoria militare.
A cura di Davide Falcioni
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Le forze armate ucraine hanno riconquistato nelle ultime 24 ore più di 20 centri che erano stati occupati dai russi: a renderlo noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev in un post pubblicato su Facebook, spiegando che le truppe "continuano a liberare dagli invasori gli insediamenti nelle regioni di Kharkiv e Donetsk".

Dal canto suo, Mosca sembra tutt'altro che intenzionata ad arrendersi. Al contrario, il ​​portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che "l'operazione militare speciale continua e continuerà fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi inizialmente fissati". Insomma, l'ipotesi di un  cessate il fuoco sembra remota. Eppure proprio l'evoluzione degli ultimi giorni potrebbe suggerire che sia proprio questo il momento perché Russia e Ucraina tornino a sedere al tavolo delle trattative per discutere almeno un cessate il fuoco. A dirlo, intervistato da Fanpage.it, il professor Gastone Breccia, storico ed esperto di teoria militare.

Il professor Gastone Breccia
Il professor Gastone Breccia

A cosa si deve il successo della controffensiva ucraina?

Dal punto di vista strategico la manovra ucraina è stata estremamente efficace. Kiev ha avviato un’offensiva nella regione di Kherson, all’estremità sud-occidentale del fronte, pubblicizzandola in tutti i modi; i russi hanno abboccato spostando in quel settore le poche riserve che avevano a disposizione, ma a quel punto le forze armate ucraine hanno attaccato a di Kharkhiv, dalla parte quasi opposta del fronte, quella che Mosca aveva lasciato colpevolmente scoperta. Si è trattato di una manovra da manuale che risponde a uno dei principi della strategia cinese: "Fai baccano a Oriente, colpisci a Occidente". Quello che ha sorpreso tutti è stata la fragilità del fronte russo nell'area di Kharkhiv: basta guardare una carta geografica per capire che il controllo di centri come Izium e Lyman sarebbe stato determinante per consolidare la conquista del Donbass da parte della Russia. Probabilmente l'intelligence russa non considerava l'Ucraina capace di organizzare un'offensiva del genere.

L’artiglieria è stata fondamentale per il successo ucraino?

Sicuramente l'artiglieria è stata determinante per sfondare il fronte, ma le armi e munizioni a disposizione degli Ucraini non sono così abbondanti come si potrebbe immaginare. Fondamentale è stata invece la loro precisione: partigiani e squadre di ricognitori sono stati in grado di fornire le coordinate esatte degli obiettivi da colpire infiltrandosi al di là delle linee russe. Detto ciò, neppure l'efficacia dell'artiglieria basta a spiegare un'avanzata di quasi 50 chilometri in poco più di 36 ore. L'ultima volta che si è vista una cosa del genere in un conflitto tra eserciti regolari è stato durante la guerra dei sei giorni (5–10 giugno 1967, ndr). Dal punto di vista militare siamo di fronte a qualcosa di straordinario.

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Migliaia di civili del Donbass in queste ore stanno fuggendo verso la Russia. Quanto è concreto il rischio di ritorsioni di massa nei confronti di quanti, in queste settimane, hanno collaborato (o si sospetta abbiano collaborato) con gli invasori?

Gli ucraini hanno fatto in modo di spaventare la popolazione filorussa rimasta nei territori occupati. È stato detto: "Quando arriveremo noi chi ha collaborato coi russi verrà trattato come un traditore".

Ci saranno quindi delle rappresaglie?

Non lo sappiamo. Personalmente non credo ci saranno rappresaglie su larga scala contro i civili, ma bisognerà vedere cosa accadrà nei prossimi giorni perché non va dimenticato che quella ucraina è anche una guerra civile. Di certo, comunque, chi conosce questo tipo di manovre militari sa già una cosa: terrorizzare decine di migliaia di persone e convincerle a mettersi in macchina e scappare significa creare al nemico dei problemi immensi dal punto di vista logistico. Non sarà facile, per i mezzi militari russi, provare a tamponare il fronte "risalendo la corrente", su strade intasate da migliaia di auto di ucraini in fuga verso il confine russo. Anche questa è stata una mossa molto astuta da parte di Kiev e già sperimentata in passato in altri teatri di guerra.

Se lei fosse il consigliere di Zelensky cosa gli suggerirebbe?

Il rischio è che Zelensky voglia andare troppo in là, che quindi voglia liberare in un solo colpo l'intera Ucraina. Deve stare molto calmo perché la liberazione di Izium e Lyman costituisce già un successo strategico importante. Come capita sempre in guerra, infatti, le linee di comunicazione di un esercito in rapida avanzata sono molto lunghe, le avanguardie sono stanche, i mezzi logori, e ciò è estremamente pericoloso. Kiev deve stare attenta a non dilapidare i frutti di questa innegabile vittoria esagerando nel tentativo di riconquistare tutto e subito, anche perché ci stiamo avvicinando a una inevitabile pausa autunnale. Fossi in Zelensky in questo momento consoliderei le posizioni e mi preparerei al lungo inverno, senza dimenticare che i russi sono ancora capaci di contrattaccare. Ovviamente il discorso sarebbe diverso se i russi dimostrassero oggettivamente di essere nel panico: in quel caso sarebbe difficile, per gli ucraini, non avanzare ulteriormente.

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E cosa potrebbe fare invece Putin? Nelle ultime ore ha intensificato i bombardamenti, non sembra affatto intenzionato a fermarsi.

Putin non può darsi per vinto davanti allo schiaffo preso in questi giorni: continuerà a bombardare per non apparire del tutto sconfitto e potrebbe cercare di riconquistare qualche città verso Izium. Dopodiché circolano voci inquietanti sul suo fronte interno: pare che il dissenso si stia allargando anche tra gli ultranazionalisti e i guerrafondai più convinti. Il leader russo deve prestare attenzione a non subire altre sconfitte in questa fase: l'imperativo, per lui, è evitare di perdere altre città simbolo come Severodonetsk, poi fermarsi e ricostituire le forze per preparare una nuova offensiva invernale, manovra in cui i russi sono maestri.

C'è il rischio che, messo con le spalle al muro, Putin possa commettere degli errori drammatici?

Il pericolo c'è. Non penso all'uso di armi nucleari tattiche, ma ad azioni clamorose di truppe speciali: per esempio una provocazione in Polonia – Paese Nato – sotto falsa bandiera. Sono molte le cose che Putin potrebbe decidere di fare, se messo di fronte a una sconfitta schiacciante.

Allora potrebbe essere questo il momento perché venga riaperto il tavolo delle trattative?

Certamente sì. Questo sarebbe il momento per costringere tutti a parlare di pace: gli ucraini hanno dimostrato di non poter essere sconfitti, ma anche l'ipotesi di una debacle totale russa mi sembra assolutamente remota. Servirebbe un intervento esterno per far riprendere il dialogo tra le parti. Il problema è individuare chi potrebbe interpretare il necessario ruolo di mediazione: Unione Europea e Nato no di certo, essendo parti in causa; la Turchia non sembra godere della fiducia degli uni e degli altri; la Cina finora è rimasta piuttosto passiva ed assente. Toccherebbe all'ONU scendere in campo, ma finora questa istituzione si è mostrata del tutto inefficace. Però sì, questo è il momento giusto per riaprire un negoziato.

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