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Quali sono i reali obiettivi di Israele in Siria e perché c’entra poco la difesa dei drusi

“Stiamo operando per salvare i nostri fratelli drusi”, si è affrettato a dichiarare il premier israeliano Benjamin Netanyahu mentre veniva attaccato il palazzo presidenziale a Damasco. Ma gli obiettivi israeliani dei raid in Siria sono ben altri.
A cura di Giuseppe Acconcia
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È il quarto giorno consecutivo di raid israeliani in Siria. L’ultimo obiettivo colpito è il quartier generale dell’esercito siriano nella città costiera di Latakia. Nella giornata di ieri Israele ha attaccato il ministero della difesa, il palazzo presidenziale nel centro di Damasco e la città meridionale di Daraa. La provincia più colpita dalle più gravi violenze dopo gli scontri settari contro la comunità alawita dello scorso marzo è quella drusa di Sweida, nel Sud del paese. Qui sono stati almeno 350 le persone uccise nelle violenze, incluse forze filogovernative, combattenti locali e 55 civili drusi vittime di esecuzioni sommarie.

Dopo la fine del regime di Bashar al-Assad, l’8 dicembre 2024, l’esercito israeliano ha lanciato centinaia di raid contro interessi militari in tutta la Siria e ha invaso il Sud del paese, violando gli accordi di pace del 1974 nelle Alture del Golan. Nonostante il presidente siriano ad-interim, Ahmed al-Sharaa, a guida del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ufficialmente dissolto, si sia espresso per una normalizzazione nei rapporti tra Siria e Israele, soprattutto dopo la fine delle sanzioni di Stati Uniti e Gran Bretagna, il dialogo tra Damasco e Tel Aviv fatica ad avviarsi. Al- Sharaa ha più volte ribadito di non essere interessato in un conflitto con Israele, mentre i colloqui tra i due governi continuano. Dal canto suo, l’esercito siriano ha definito i raid israeliani una “sleale aggressione”.

La versione israeliana sulla difesa dei drusi in Siria

“Stiamo operando per salvare i nostri fratelli drusi”, si è affrettato a dichiarare, dopo i raid in Siria, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che porta avanti il genocidio a Gaza con oltre 58mila morti dal 7 ottobre 2023, mentre un cessate il fuoco con Hamas non sembra alle porte. Gli obiettivi israeliani dei raid in Siria sono ben altri. Uno di questi è incassare il sostegno dei drusi israeliani tradizionalmente coloni filogovernativi, e che ricoprono importanti incarichi militari e amministrativi.

Non solo, le autorità israeliane hanno più volte definito gli ultimi attacchi in Siria come un messaggio al presidente al-Sharaa in merito agli scontri settari in corso a Sweida. Eppure, il vero obiettivo di Israele è la “demilitarizzazione del Sud della Siria”. In altre parole, l’esercito israeliano (Idf) vuole impedire all’esercito siriano di entrare nel Sud del paese e di avvicinarsi al confine tra Israele.

E così la comunità drusa siriana ha respinto la versione israeliana secondo cui i raid servirebbero a “proteggere” questa minoranza. In questo senso, gli attacchi israeliani sono visti dai drusi come in continuità con la guerra per procura che da anni dilania il paese e che ha visto Stati Uniti, Russia, Israele e Iran tra i principali paesi coinvolti.

Gli scontri settari che coinvolgono i drusi

Le violenze nella città drusa di Sweida tra le forze filogovernative sunnite e i combattenti drusi rappresentano il più grave scontro settario in Siria dopo le violenze di marzo che hanno causato la morte di 1500 alawiti, con il documentato coinvolgimento di milizie filogovernative. Si tratta della stessa minoranza a cui apparteneva l’ex presidente, Bashar al-Assad. I drusi sono una minoranza religiosa di circa un milione di persone che vive in Siria, Libano e Israele. Sono arabi e parlano arabo ma praticano un islam radicato nel sincretismo con radici nello sciismo. La maggioranza della popolazione nella provincia di Sweida nel Sud della Siria è drusa. I drusi siriani si sono ripetutamente mobilitati contro il regime di Hafez e Bashar al-Assad sin dagli anni Settanta. Con l’avvento di al-Sharaa, i drusi siriani hanno vissuto con scetticismo la fase di transizione che sta attraversando il paese. Sebbene abbiano avviato negoziati con le autorità islamiste di Damasco per ottenere un certo grado di autonomia, si sono sentite escluse dal processo di redazione della nuova Costituzione che sta impedendo alle minoranze di costruire un sistema federale, come auspicato per esempio anche dai curdi che vivono nella regione del Rojava nel Nord del paese.

Quali sono le dinamiche locali e che c'entra Israele

Gli scontri settari in Siria sono, come sempre, a orologeria e legati a dinamiche locali strumentalizzate dalla propaganda mediatica israeliana che vuole rappresentare i raid contro Damasco come una difesa della minoranza drusa. In realtà gli attacchi di Idf, come avviene negli altri fronti di guerra, servono solo a consolidare la presenza militare israeliana nel Sud della Siria. L'esercito siriano, insieme a miliziani affiliati a Hts, è entrato a Sweida la scorsa domenica per riportare la calma tra combattenti drusi e tribù arabe beduine, appoggiate dal governo di Damasco. I primi scontri sono iniziati dopo che un membro della tribù beduina ha assalito un fruttivendolo druso nella strada principale a Sud di Damasco. Le violenze hanno avviato un circolo di vendette su base settaria tra i due gruppi. Non si tratta di una novità perché negli ultimi anni sono stati numerosi i casi di scontri tra drusi e arabi, registrati durante la guerra civile che ha costretto alle dimissioni di al-Assad, rifugiatosi a Mosca. Al culmine delle violenze, alcune milizie druse hanno impedito alle forze governative di entrare a Sweida attaccandole. E questo ha ulteriormente esacerbato gli scontri.

L’annuncio del cessate il fuoco dei leader drusi

Lo scorso mercoledì, il governo siriano e uno dei tre leader spirituali drusi hanno annunciato un cessate il fuoco. Tuttavia, l’altro leader spirituale, Sheikh Hikmat al-Hijri ha chiesto di continuare a combattere contro le forze filogovernative, definite come “gang armate”. In seguito alla parziale intesa, l'esercito siriano ha iniziato a ritirarsi da Sweida dopo le “operazioni di rastrellamento della città alla ricerca di gruppi fuorilegge”. Il ministro della Difesa, Murhaf Abu Qasra, ha parlato di un “accordo con i notabili e i dignitari locali” sostenendo che l’esercito siriano risponderà solo agli attacchi perpetrati da gruppi armati.

Gli abusi dei diritti umani

Numerose sono le prove delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze governative a Sweida. Per esempio, uomini armati non identificati sono entrati nella hall dell’hotel Radwan uccidendo 16 uomini disarmati e una donna. “Ho perso nove amici e parenti. Non erano ammesse armi nell’albergo, non è una base militare”, ha commentato Fidaa che lavora nella struttura. Altri video che abbiamo visionato mostrano uomini disarmati stesi in un mare di sangue, vittime di possibili uccisioni sommarie. Non solo, secondo alcune testimonianze, uomini in abiti militari hanno impedito alle ambulanze di raggiungere i feriti. Altri video mostrano i corridoi e i reparti dell’ospedale di Sweida pieni di cadaveri distesi a terra. Secondo la testimonianza di un chirurgo dell’ospedale di Sweida i morti presentavano ferite da arma da fuoco sparate a distanza ravvicinata.

Molti civili a Sweida hanno denunciato di essere stati obbligati a chiudersi in casa mentre le violenze andavano avanti per strada e l’elettricità veniva tagliata. Un insegnante di 52 anni è stato ucciso da un cecchino mentre nessuno è riuscito a prelevare il suo corpo per ore. D’altra parte, un uomo di 31 anni di Sweida ha testimoniato di aver visto uomini armati bruciare i negozi dei drusi. Tra le vittime figura anche lo Sheikh Marhj Shaheen, ucciso ad al-Thaala nella campagna occidentale di Sweida, dopo aver subìto violenze ed abusi documentati in vari video diffusi su Telegram.

Come se non bastasse, alcuni coloni israeliani drusi delle Alture del Golan hanno partecipato agli scontri superando le barriere di filo spinato al confine. Il premier, Benjamin Netanyahu, ha chiesto ai coloni di non valicare il confine con la Siria “a rischio di venire uccisi o presi in ostaggio”.

Le condanne di Al-Sharaa e della comunità internazionale

Il presidente siriano ad interim, Ahmed al-Sharaa, ha detto che proteggere i civili drusi è una “priorità” aggiungendo in un messaggio televisivo di respingere “qualsiasi tentativo di trascinare (la comunità drusa, ndr) nelle mani di una parte esterna (Israele, ndr)”. Al-Sharaa ha anche condannato verbalmente gli abusi dei diritti umani commessi a Sweida definendoli “atti criminali e azioni illegali”. In realtà, tutti gli attori coinvolti hanno l’interesse a fomentare le violenze settarie nelle province druse. Due esponenti governativi hanno pubblicato discorsi di odio contro i drusi sui social network.

Alcuni funzionari hanno postato video in cui prendono in giro i leader spirituali drusi, nonostante le dichiarazioni del ministero della Difesa siano improntante sulla necessità di difendere i civili. Dal canto suo, l’inviato speciale per la Siria, Tom Barrack, ha sostenuto che le violenze devono finire e devono essere “assicurati alla giustizia i responsabili per proteggere tutti i siriani”. L’inviato speciale Onu per la Siria, Najat Rochdi, ha sottolineato che gli scontri nascondono un “bisogno urgente di un’inclusione genuina, e di un dialogo significativo per una transizione politica inclusiva”.

Il futuro del regime di Ahmed al-Sharaa è strettamente legato alla sua capacità di governare le minoranze e le dinamiche tribali nel paese. Hafez e Bashar al-Assad hanno manipolato i leader tribali in nome del divide et impera. Il presidente ad interim dovrà trovare un accordo con drusi, curdi, cristiani e sciiti per riconoscerne i diritti e le autonomie nella nuova Costituzione. Se non ci riuscirà il paese ripiomberà nelle violenze e il progetto del leader jihadista che ha saputo far cadere uno dei regimi più repressivi della regione, che ora indossa abiti civili e cerca il riconoscimento internazionale, fallirà. Non solo, la difesa delle minoranze, a partire dai drusi, diventerà sempre di più il protesto per Israele per continuare ad attaccare la Siria, come fa a Gaza, in Cisgiordania, Libano, Yemen, Iraq e Iran. Eppure, in questa fase, le autorità di Damasco in realtà sono sempre più interessate a normalizzare i rapporti con Tel Aviv, anche a costo di difficili concessioni nel Golan.

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Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
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