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Opinioni
Guerra in Ucraina

Perché la visita di Draghi, Macron e Scholz a Kyiv è così importante per le sorti dell’Ucraina

I leader europei in visita a Kyiv sono il segnale di un sostegno occidentale che è fondamentale affinché l’Ucraina resista. Un’analisi dettagliata delle forze in campo, mentre si avvicina il momento della verità.
A cura di Daniele Angrisani
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Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron ed il cancelliere tedesco Olaf Scholz si sono recati oggi a Kyiv per la loro prima visita in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, dove sono stati raggiunti poco dopo anche dal presidente della Romania Klaus Iohannis.

Tra gli obiettivi dichiarati del viaggio (anticipato nei giorni scorsi da Bild) c'è quello di dimostrare l’attivo sostegno all'Ucraina da parte di questi tre Paesi e cercare di superare le critiche di Zelensky (soprattutto nei confronti di Berlino) per quella che è stata definita da Kyiv come una assistenza limitata e lenta all'Ucraina, in particolare dal punto di vista militare.

La visita di Macron, Draghi e Scholz si colloca inoltre sullo sfondo delle aspirazioni dell'Ucraina ad entrare nell'Unione Europea. La Commissione Europea dovrebbe formulare raccomandazioni sulla domanda di adesione dell'Ucraina all'UE nei prossimi giorni, ma anche su questo sembrano esserci dei malumori in alcuni Paesi europei.

La visita dei tre leader europei è stata accolta da Mosca dal commento acido di Dmitry Medvedev, ex presidente russo ed ora vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo. “Gli intenditori europei di rane, fegato e pasta amano visitare Kyiv. Ma i benefici sono nulli. Di nuovo hanno promesso l’ingresso dell’Ucraina nell'UE e vecchi obici. E va tutto bene. Solo che questo non avvicina l'Ucraina alla pace. Ed il tempo stringe…”.

Il tempo stringe (per l’Ucraina)

Nonostante i toni di Medvedev, su una cosa ha ragione: il tempo stringe ed il viaggio non poteva avvenire in un momento più difficile per l’Ucraina. Secondo le parole di David Arakhamia, capo della fazione Servo del Popolo nella Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino) e capo della delegazione ucraina ai colloqui di pace con la Russia, le perdite ucraine (tra morti e feriti) hanno raggiunto ora la spaventosa cifra di 1.000 al giorno.

Secondo Arakhamia, ogni giorno nel Donbass muoiono ora tra i 200 ed i 500 soldati ucraini ed il numero dei feriti è "molto più alto”. Si tratta di un valore in netto rialzo rispetto alle stime del presidente ucraino Zelensky di fine maggio quando parlava di 60-100 soldati uccisi nel Donbass e 500 feriti al giorno. E già allora si trattava di dati drammatici.

Secondo Arakhamia, il numero delle vittime è aumentato in modo significativo nelle ultime due settimane, con l’inasprirsi dei combattimenti nel Donbass, dove continuano senza sosta gli scontri più pesanti da inizio della guerra nelle due regioni di Luhansk e Donetsk e dove il vantaggio di artiglieria russo si sta facendo sempre più sentire nelle ultime settimane.

Nella regione di Luhansk, l’obiettivo primario da parte di Mosca resta la conquista di Severodonetsk. Le forze russe hanno proseguito gli assalti di terra all'interno della città, ma non sono stati ancora in grado di prendere il controllo dell'impianto industriale Azot (dove si sono rifugiati i difensori ucraini) e del resto della città che resta in buona parte terra di nessuno, nonostante i combattimenti qui vadano avanti da diverse settimane.

Le forze russe hanno praticamente isolato le truppe ucraine a Severodonetsk dalle loro linee di comunicazione, avendo distrutto tutti i ponti che collegavano la città alle zone controllate dagli ucraini al di là del Seversky Donets (in particolare la vicina Lysychansk) e stanno attaccando Severodonetsk da più direzioni.

Per le forze ucraine ed i civili rimasti intrappolati sulla sponda orientale del fiume, la situazione diventa sempre più difficile e sembra di rivivere di nuovo quanto accaduto nei mesi scorsi a Mariupol, dove la resistenza ucraina è andata avanti a lungo prima di arrendersi all’inevitabile.

La strategia russa

Nondimeno c’è una grande differenza rispetto a Mariupol: proprio oggi l’intelligence britannica stima che l'Ucraina sia riuscita a ritirare la maggior parte delle sue unità dalla città verso la vicina Lysychansk, che è molto più facile da tenere vista la sua posizione e conformazione geografica rispetto a Severodonetsk. Si trova infatti in posizione più elevata e dall’altra parte del fiume Seversky Donets.

Considerando che un attacco frontale contro Lysychansk ha ben poche possibilità di successo, i russi stanno cercando di prendere d’assalto questa seconda città della regione di Luhansk ancora nelle mani degli ucraini attaccando da sud (la zona di Toshkivka), invece di condurre un rischioso attraversamento del fiume. Ma finora questa manovra non sembra aver avuto granché successo.

Vitale per questo sforzo da parte russa è il tentativo di cercare di accerchiare le truppe che si trovano a Lysychansk tagliando le linee di rifornimento, in particolare l’autostrada T1302 che va da Bakhmut a Lysychansk. In questa direzione i russi sono arrivati a circa 10 km di distanza dall’autostrada, ma i guadagni che stanno ottenendo (a duro prezzo) restano ancora troppo marginali.

Nondimeno, lo Stato Maggiore ucraino rileva che i russi hanno rafforzato ulteriormente le proprie forze in zona, e ciò indica, secondo Kyiv, che le forze russe stanno dando sempre più priorità al loro raggruppamento di forze intorno a Bakhmut. L’obiettivo di Mosca resta quello di raggiungere l’autostrada T1302 ed in questo modo tagliare la principale linea di rifornimento delle truppe ucraine presenti ora nel saliente di Lysychansk e Severodonetsk.

Per evitare l’accerchiamento, gli ucraini dovranno invece fare tutto il possibile affinché queste manovre russe non abbiano successo, e finora, anche se con difficoltà, sembrano esserci riusciti. Son passate delle settimane da quando i russi hanno sfondato per la prima volta da Popasna, ma l’autostrada T1302 continua per ora a restare sotto il controllo ucraino.

Nella regione di Donetsk, invece, le forze russe, dopo aver occupato Lyman e Svyatogorsk, che erano le due ultime teste di ponte ucraine sulla riva orientale del Seversky Donets, stanno ora proseguendo le operazioni offensive verso Slavyansk, il cuore della resistenza ucraina nel Donbass.

Anche in questa zona, come nella regione di Luhansk, i russi stanno cercando di evitare dove possibile l’attraversamento del fiume Seversky Donets, dopo il disastro di inizio maggio quando una unità russa è stata spazzata via dall’artiglieria ucraina dopo aver cercato, senza successo, di attraversarlo nella zona di Bilohorivka.

Di conseguenza l’offensiva principale al momento sta partendo dalla testa di ponte che i russi erano già riusciti a stabilire sulla riva occidentale del fiume Seversky Donets a marzo a sud-est di Izyum. Da qui, dopo che per settimane la situazione è rimasta in stallo, i russi, inviando nuove forze e riserve, sono riusciti ad avanzare leggermente negli ultimi giorni.

Ora si combatte nel villaggio di Dolyna, a circa 20 km a nord-ovest di Slovyansk lungo l'autostrada E40, così come a Krasnopillya. Ma ci sono informazioni non confermate secondo cui gli ucraini avrebbero lanciato un contrattacco poco più a nord verso il villaggio di Bohorodychne, utilizzato dai russi come base per lanciare operazioni a sud-est lungo l'autostrada E40.

Consci del fatto che il saliente di Izyum vada difeso a tutti i costi, le forze russe hanno continuato anche gli assalti via terra a nord-est della città di Kharkiv per allontanare le truppe ucraine dalle frontiere occupate vicino al confine russo e stanno probabilmente combattendo nei villaggi di Ternova, Staryi Saltiv e Verkhnii Saltiv, per impedire agli ucraini di avvicinarsi troppo alle linee di rifornimento russe che partono dal confine con la regione di Belgorod per arrivare fino ad Izyum.

Il momento della verità è sempre più vicino

Per Kyiv si tratta indubbiamente, quindi, del momento più difficile da inizio della guerra. Ma questo non significa che per i russi la situazione sia rosea.

Secondo le stime più recenti del Pentagono, rese note ieri dal capo di Stato Maggiore delle Forze Armate americane, il generale Mark Milley, i russi in oltre 100 giorni di guerra avrebbero perso tra il 20% ed il 30% delle loro intere forze corazzate. Viene spontaneo chiedersi dunque: per quanto ancora, quindi, potranno andare avanti così? E cosa hanno ottenuto in cambio di queste enormi perdite?

Secondo fonti di intelligence occidentali citati dalla CNN, si sta avvicinando il momento della verità per entrambe le parti: sebbene al momento i russi sembrino chiaramente avvantaggiati, se gli ucraini dovessero riuscire ancora a resistere nel Donbass per alcune settimane ed impedire a Mosca di conquistare Lysychansk o Slavyansk, la situazione a tendere potrebbe ancora cambiare a favore di Kyiv.

Secondo gli analisti, infatti, i russi infatti saranno costretti più prima che poi a rallentare il ritmo proprie operazioni militari, per ricostituire le proprie unità e rifornirle (tralaltro di mezzi sempre più obsoleti), mentre gli ucraini con l’andare del tempo avranno a propria disposizione un numero sempre più alto di armi avanzate di provenienza occidentale.

Inoltre, sebbene nel Donbass e nella regione di Kharkiv i russi siano chiaramente all’offensiva, la situazione già si capovolge nel sud dell’Ucraina, dove sono invece i russi che si stanno attivamente preparando a difendere le zone occupate delle regioni di Zaporizhia e Kherson, dai contrattacchi ucraini.

Negli scorsi giorni le forze ucraine sono riuscite ad avanzare di qualche km verso Kherson, ed hanno consolidato il loro controllo della testa di ponte creata sulla sponda orientale del fiume Inhulets più a nord. Tuttavia, l’esercito russo sta ora rafforzando le proprie posizioni in entrambe le regioni, per impedire ulteriori avanzamenti da parte ucraina.

Da questo punto di vista, Mosca ha anche un altro problema: in queste due regioni l’attività partigiana (ovvero dietro le linee) degli ucraini è più forte che altrove. Nelle scorse settimane si è assistito ad una serie di attacchi contro le autorità filorusse e collaborazioniste, e questo potrebbe diventare un problema con l’avvicinarsi delle truppe ucraine.

L'Ucraina inoltre è in grado di potersi permettere perdite di vite umane più elevate rispetto ai russi, al momento: grazie alla dichiarazione di mobilitazione generale, è stata in grado di mobilitare un milione di persone nell'esercito e può mobilitarne fino ad altri due milioni. Finché Mosca si ostinerà a non dichiarare la mobilitazione generale a sua volta, su questo aspetto il vantaggio di Kyiv si farà sempre più sentire.

Ma per inviarle in combattimento, tutte queste persone mobilitate devono essere armate, come ha detto Arakhamia. "Abbiamo persone addestrate per attaccare, contrattaccare, ma tutto questo richiede armi".

E qui si torna al motivo principale delle lamentele di Kyiv verso i suoi partner occidentali: la drammatica inferiorità in termini di sistemi di artiglieria e mezzi da parte ucraina nei confronti dei russi e la necessità sempre più urgente di ottenere armi in grado di poter, quantomeno, riequilibrare la situazione sul campo.

Il problema delle armi all’Ucraina

“L'Ucraina ha ricevuto dall'Occidente solo il 10% delle armi necessarie per affrontare con successo l'esercito russo”, ha ammesso con sconforto il viceministro della Difesa Anna Malyar, in diretta alla maratona televisiva sulla TV Ucraina, mercoledì mattina.

Lo stesso giorno si è tenuta la riunione del gruppo di contatto di oltre 40 Paesi che hanno promesso di fornire aiuti militari all’Ucraina. Poco prima è arrivata la richiesta ufficiale di Kyiv: “per vincere contro i russi abbiamo bisogno di 500 carri armati, 300 sistemi di lancio multiplo di razzi (MLRS) e 1.000 obici con munizioni da 155mm”.

Ma le forniture ufficiali promesse o già attivate dai partner occidentali sono al momento ben lontane da questi numeri. Come mostra una infografica pubblicata ieri dal Financial Times tra già consegnati e/o promessi, ci sono poco più di 270 carri armati (il 54% della richiesta ucraina), ma solo circa 50 MLRS (il 17%) e circa 250 obici (il 25%), numeri ben lontani (ma allo stesso tempo molto più realistici) di quelli sperati da Kyiv.

Anche per dare un maggior segnale di sostegno a Kyiv, ieri la Casa Bianca ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da 1 miliardo di dollari che comprende, tra le altre cose, sistemi di difesa costiera, ma soprattutto nuovi obici e sistemi di artiglieria MRLS HIMARS di cui l’Ucraina ha estremo bisogno, la cui prima parte verrà trasferita in Ucraina già entro fine di questo mese, dopo la fine dell’addestramento delle truppe ucraine al loro utilizzo.

Secondo il Segretario di Stato americano Anthony Blinken, dal 24 febbraio Washington da sola ha stanziato oltre 5,6 miliardi di dollari per sostenere l'Ucraina, considerando anche il nuovo pacchetto di aiuti militari annunciato ieri.

Ciò nonostante, Aleksey Arestovich, consigliere del capo dell'ufficio del presidente dell'Ucraina, ritiene insufficiente anche questi nuovi volumi di assistenza annunciati. A suo avviso, i nuovi sistemi di artiglieria che gli Stati Uniti forniranno all'Ucraina basteranno "a rendere la situazione molto spiacevole per le truppe russe", ma "in realtà ne servono 2-3 volte di più, almeno il doppio" per cambiare drasticamente la situazione.

Eppure, non tutti a Kyiv la vedono in maniera così pessimista. Il tenente generale Dmitry Marchenko, colui che è stato in grado di fermare le truppe russe dall’avanzare verso Mykolaiv dopo il ritiro da Kherson ad inizio della guerra, ha definito la distruzione del ponte di Crimea come il principale obiettivo delle Forze Armate ucraine una volta che avrà ricevuto le armi promesse dall'Occidente. Si tratta di un obiettivo estremamente ambizioso al momento.

Marchenko ritiene inoltre che la controffensiva delle truppe ucraine a sud possa addirittura concludersi con la vittoria di Kyiv prima della fine dell'estate se l'Ucraina venisse dotata di tutte le armi necessarie che ha richiesto entro allora.

Perché il sostegno Occidentale è fondamentale

Diventa così sempre più chiaro quale sia il motivo per cui è vitale per l’Ucraina che l’Occidente continui a sostenerla apertamente. A Mosca lo sanno benissimo ed è anche per questo motivo che le società energetiche OMV dell'Austria, Eni dell'Italia e Uniper della Germania hanno ricevuto lo scorso mercoledì da Gazprom comunicazioni relative alla riduzione del volume delle forniture di gas.

Si badi bene, tutto ciò nonostante le tre società avessero precedentemente concordato un nuovo schema di pagamento per il gas russo, che prevede l'apertura di due conti (in valuta e rubli) presso Gazprombank, così come chiesto dalle autorità di Mosca.

Il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck ha definito senza mezzi termini politicamente motivata la decisione di Gazprom di tagliare le forniture di gas all'UE. Secondo lui, in questo modo la Russia sta cercando di destabilizzare il mercato europeo del gas e di aumentare i prezzi, mettendo ancora più in difficoltà le economie europee e puntando sulla stanchezza delle opinioni pubbliche di questi Paesi per isolare Kyiv e costringerla alla resa.

Perciò la visita di oggi dei tre leader europei nella capitale ucraina è più importante che mai: nonostante le difficoltà attuali, se l’Ucraina ha oggi ancora una possibilità di vittoria è solo se l’Occidente terrà duro e continuerà a supportarla fino alla fine.

In gioco ormai non c’è solo il futuro di questo martoriato Paese, ma anche quello delle future relazioni tra i Paesi europei ed una Russia sempre più minacciosa e revanscista, e più in generale della pace nel nostro continente.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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