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Guerra in Ucraina

Perché il modello finlandese sarebbe una trappola per l’Ucraina: parla l’ex ambasciatore di Helsinki a Mosca

L’intervista al diplomatico Hannu Himanen: “Il modello postbellico della Finlandia non è esportabile a Kiev: senza vere garanzie militari, significherebbe resa. E l’Ue, priva di capacità difensive credibili, non può assicurare sovranità né sicurezza”. Summit ad armi impari: “Trump non ha con sé veri esperti, la delegazione russa surclassa quella statunitense”.
Intervista a Hannu Himanen
diplomatico già ambasciatore di Helsinki a Mosca
A cura di Riccardo Amati
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“Il modello Finlandia del dopoguerra non è applicabile a Kiev”, avverte Hannu Himanen, già ambasciatore di Helsinki a Mosca. “La neutralità sarebbe solo una trappola, nella situazione attuale”. E un’eventuale entrata nell’Unione Europea “non garantirebbe sovranità e sicurezza”.

Parole che si inseriscono nel dibattito aperto nelle cancellerie e su media internazionali come il Financial Times sul “framework” delineato dal presidente finlandese Alexander Stubb: un’ipotesi di compromesso ispirata all’Armistizio di Mosca del settembre 1944, basata su tre pilastri — indipendenza, sovranità, concessioni territoriali “de facto” — che alcuni osservatori propongono oggi come modello “realistico” per il conflitto russo-ucraino.

Himanen, che conosce bene sia le dinamiche di Mosca che le vulnerabilità di Kiev, smonta punto per punto il paragone storico, spiegando perché una “finlandizzazione” senza reali garanzie militari, sarebbe per l’Ucraina una resa mascherata. Che quella della neutralità di questi tempi sia una strada sempre meno percorribile lo dimostra l’adesione alla Nato della stessa Finlandia e della Svezia — altro Paese tradizionalmente neutrale —  in seguito alle preoccupazioni sollevata dall’aggressione russa all’Ucraina. La geografia della sicurezza europea è cambiata.

Sulla possibilità che il “Ferragosto in Alaska” di Trump e Putin getti le basi di una sicurezza stabile nel Vecchio Continente, Himanen è parecchio scettico: “Trump sbarca ad Anchorage con una squadra di dilettanti, mentre Mosca schiera esperti diplomatici di lungo corso”, nota. E poi, per i due leader le priorità sembrano proprio essere altre.

Hannu Imanen
Hannu Imanen

Ambasciatore, il presidente Stubb propone di ispirarsi allaccordo postbellico tra Finlandia e URSS: indipendenza, sovranità e concessioni territoriali de facto”. È un paragone valido per lUcraina?

La somiglianza è solo superficiale. Già all’inizio dell’invasione, nel 2022, il parallelo con la Guerra d’Inverno del 1939-40 era stato evocato, persino da Zelensky davanti al Parlamento finlandese. Ma se guardiamo alla storia, le condizioni erano radicalmente diverse. Allora lo scontro tra Helsinki e Mosca era un fronte secondario in un conflitto globale dominato dalla lotta tra Hitler e Stalin. La pace del settembre 1944 arrivò soprattutto perché Mosca aveva urgenze militari ben più pressanti contro la Germania nazista.

Oggi, per Putin, l’Ucraina non è un fronte marginale: è il campo di battaglia principale in quella che presenta come una guerra difensiva contro Stati Uniti, Nato e l’Occidente intero.

Ma la Finlandia, pur cedendo il 10-11% del territorio e della popolazione, salvò la propria indipendenza. Kiev non potrebbe fare lo stesso?

All’epoca si trattò di una scelta amara: cedere territorio in cambio della pace. I territori persi furono evacuati e integrati nel resto del Paese. Ma il contesto era diverso: l’Urss non puntava alla completa annessione e il sostegno occidentale era irrilevante.

L’Ucraina combatte oggi per la propria sopravvivenza e, di fatto, anche per gli interessi strategici dell’Occidente. Ha ricevuto enormi aiuti militari, finanziari e umanitari, ma insufficienti a invertire il corso della guerra. Le restrizioni sull’uso di armamenti a lungo raggio e la mancanza di continuità negli aiuti hanno pesato. Politicamente, però, Kiev non ha motivo di accettare perdite territoriali: anche mantenendo l’indipendenza, significherebbe una sconfitta strategica.

Davvero ogni concessione territoriale mina la sovranità? A voi non andò così?

È il caso di ricordare che l’Ue ribadisce l’inaccettabilità di ogni guadagno territoriale ottenuto con la forza, richiamandosi alla Carta dell'Onu e all’Atto finale di Helsinki. Ma Mosca vuole demolire l’ordine di sicurezza europeo e imporre le proprie regole.

Il modello Finlandia è ingannevole: dopo il 1944 restammo formalmente indipendenti, ma con sovranità compromessa. Il Trattato di Parigi del 1947 e il Trattato di amicizia del 1948 sancirono un rapporto asimmetrico: la Commissione Alleata, in realtà sovietica, governò di fatto fino al 1947 e, anche dopo, l’ambasciata sovietica continuò a interferire molto a lungo. Avevamo una sovranità limitata. Fin verso la fine della Guerra Fredda.

Nel team di Trump in Alaska mancano specialisti della Russia. Nel suo precedente mandato, Trump, poteva contare su una delle figure migliori in questo campo: Fiona Hill. Che però fu talmente frustrata da come nel 2018 Trump gestì il summit di Helsinki con Putin che voleva far finta di star male e andarsene — ha raccontato. Poi, si dimise. Cosa comporta l’assenza di specialisti e diplomatici di lungo corso?

È grave. Mosca ha negoziatori come Lavrov e Ushakov, professionisti esperti e spregiudicati, legati all’Fsb, Svr e Gru (i servizi segreti interno, esterno e militare di Mosca, ndr). Dall’altra parte, figure come Steve Witkoff, privo di qualsiasi esperienza diplomatica, o lo stesso Trump, sono vulnerabili a illusioni pericolose.

Il summit serve a Putin per ottenere legittimazione internazionale, si è subito detto. Ma almeno si parlerà di soluzioni per l’Ucraina. Gli scambi di territori sbandierati da Trump sono un’ipotesi realistica?

Il solo fatto che l’incontro avvenga è una vittoria, per Putin. Non ha fatto concessioni, e il “territory swap” di cui parla Trump non è uno scambio: è un diktat per ottenere tutto il Donetsk e il Luhansk, forse con parti di Kherson e Zaporizhzhia, in cambio di concessioni marginali come la centrale di Zaporizhzhia.

Cos’altro vuole assolutamente ottenere Mosca per far tacere le armi?

Demilitarizzazione dell’Ucraina, riduzione drastica delle forze armate, impegno formale alla neutralità e, probabilmente, veto sull’adesione all’UE. Anche l’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona (Tue)— che prevede assistenza reciproca tra i Paesi Ue in caso di aggressione, ferma restando la Nato come fondamento della difesa collettiva — è visto da Mosca come un’alleanza inaccettabile.

E allora non resta che accettare la neutralità, no?

Accettare la neutralità significherebbe permettere a Mosca di mantenere una minaccia militare permanente.

Ma lUe potrebbe davvero garantire la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, con l’articolo  42.7 Tue da lei appena citato?

No. Neppure se la Russia accettasse Kiev nell’Unione. L’Ue non è un’alternativa alla Nato. Se gli Stati Uniti si ritirassero dall’articolo 5, Bruxelles non potrebbe colmare il vuoto.

La difesa europea è indebolita da decenni di disinvestimento: produzioni insufficienti di munizioni e mezzi, lentezza nell’aumentare le capacità industriali. Germania e Francia parlano molto, ma agiscono poco. Secondo l’analisi dell’esperto delle forze armate russe Keir Giles, solo Polonia e Finlandia hanno oggi livelli di preparazione militare adeguati ad affrontare eventuali minacce di Mosca, o peggio.

Quale alternativa vede, per la sicurezza ucraina?

Solo una rete di garanzie bilaterali da parte di singoli Stati, forse anche membri NATO. Ma significherebbe impegnarsi a combattere la Russia in caso di nuova aggressione: un passo che pochi Paesi sono pronti a compiere davvero.

Insomma, che si aspetta dal summit?

Potrebbe portare a un cessate il fuoco alle condizioni russe, non a una pace giusta e durevole. Con il rischio che, in cambio di un miglioramento delle relazioni Usa-Russia, Trump conceda a Putin riconoscimento politico, vantaggi economici e parte dei suoi obiettivi strategici, lasciando l’Ucraina in una vulnerabilità permanente.

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