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Elezioni Turchia 2023

Perché Erdogan si gioca tutto con l’emergenza terremoto in Turchia

A tre mesi dalle elezioni presidenziali turche Recep Tayyip Erdogan si trova deve affrontare una delle sfide più importanti della sua carriera: assicurare assistenza a decine i migliaia di sfollati, gestire gli aiuti umanitari, impostare la lunga ricostruzione e riprendere rapporti con Paesi storicamente avversi, a partire dalla Siria.
Intervista a Valeria Talbot
Analista ISPI, esperta di politica interna ed estera turca.
A cura di Davide Falcioni
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Il sisma che ha causato decine di migliaia di morti in Turchia e Siria potrebbe avere conseguenze che andranno ben oltre l’emergenza sfollati e la futura ricostruzione delle case. Una catastrofe naturale di tali proporzioni, causata da uno dei più forti terremoti dell’era moderna nell’area mediterranea, avrà infatti vaste ripercussioni in una regione, quella mediorientale, già estremamente fragile e instabile.

I terremoti, come dimostra anche la recente storia italiana, possono rappresentare dei formidabili acceleratori di processi politici in grado di esaltare o stroncare definitivamente anche le leadership apparentemente più solide. In questo senso, quindi, il sisma rappresenta un importante banco di prova anche per il presidente turco Erdogan, e i primi segnali che arrivano non sembrano incoraggianti.

La popolazione colpita dalla catastrofe lamenta ritardi nell’arrivo dei soccorsi e degli aiuti umanitari. "Non abbiamo una tenda, non abbiamo una stufa, non abbiamo niente. I nostri figli stanno male. Ci stiamo bagnando sotto la pioggia e i nostri figli sono al freddo", ha raccontato un superstite all'AP. "Non siamo morti di fame o di terremoto, ma moriremo assiderati dal freddo".

A tre mesi dalla data delle elezioni, e in occasione del centesimo anniversario della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan si trova quindi ad affrontare una delle sfide più importanti della sua carriera politica: assicurare assistenza a decine i migliaia di sfollati, gestire l’enorme mole di aiuti umanitari, impostare la lunga ricostruzione e riprendere rapporti diplomatici con Paesi storicamente avversi, a partire dalla Siria. Di tutto questo Fanpage.it ha parlato con la professoressa Valeria Talbot, analista Ispi ed esperta di politica interna ed estera turca.

Valeria Talbot, ISPI
Valeria Talbot, ISPI

Tra tre mesi si terranno le elezioni in Turchia e per Erdogan la situazione non è semplice: alle amministrative del 2019 il partito fondato dal presidente ha perso a Istanbul, Ankara e Smirne. Il terremoto può ulteriormente minare l'attuale leadership?

Naturalmente di fronte a un'emergenza del genere è impossibile fare previsioni avventate ed occorre essere molto cauti. Di certo, però, parte del futuro politico di Erdogan dipende dalla risposta che sarà in grado di fornire alla crisi umanitaria causata dal sisma. Si tratta di una sfida enorme: sebbene il governo turco sia oggi molto più preparato rispetto a quello in carica nel 1999 – quando un devastante terremoto colpì le aree occidentali e più industrializzate del Paese, compresa Istanbul – la sfida per l'esecutivo è comunque immensa ed iniziano ad emergere i primi segnali di malcontento da parte della popolazione disperata. Occorre darci del tempo per capire come il governo riuscirà ad intervenire.

Cosa dicono i sondaggi più recenti?

Le elezioni sono state fissate per il 14 maggio. La risposta all'emergenza terremoto rappresenta per Erdogan un banco di prova importante anche considerando l'erosione dei consensi che il leader turco ha subito negli ultimi anni, un calo che tuttavia stando sondaggi è diminuito negli ultimi mesi grazie a una serie di misure prese dal governo a sostegno dei redditi più bassi.

La città di Hatay, in Turchia, rasa al suolo dal terremoto
La città di Hatay, in Turchia, rasa al suolo dal terremoto

La Turchia avrà le risorse necessarie per fronteggiare l’emergenza e soprattutto la ricostruzione? Qual è la situazione economica del Paese?

L'economia turca non gode di buona salute da ormai diversi anni. Vi è stata un'importante svalutazione della moneta locale e oggi il cambio è di 18 lire per un dollaro, con una perdita di valore della valuta del 40% nel corso del 2022. A ciò si aggiunge un'elevatissima inflazione, che a novembre ha superato l'85% per poi diminuire leggermente negli ultimi due mesi e attestarsi al 57,68%. Questo è lo stato in cui versa l'economia turca: la responsabilità fa capo anche alle politiche monetarie adottate da Erdogan, che – in controtendenza rispetto a quanto fatto nel resto del mondo – ha abbassato il tasso d'interesse nel tentativo di pompare la crescita economica. Questo successo economico, cavallo di battaglia del leader turco nei primi anni del suo governo, ora si è esaurito. Il malcontento sociale è aumentato perché i ceti medi e bassi hanno visto erodere fortemente il loro potere d'acquisto.

E quali sono le caratteristiche dell'area colpita dallo sciame sismico?

Si tratta di un'area molto povera, una delle meno sviluppate della Turchia. Gli effetti benefici dell'enorme crescita infrastrutturale che ha conosciuto soprattutto la parte occidentale del Paese qui si sono visti molto poco o niente. Quella colpita dal terremoto è anche la zona in cui si è riversato il maggior numero di rifugiati siriani con importanti effetti anche dal punto di vista socio-economico e una crescita del malcontento tra la popolazione turca.

In Turchia arriveranno aiuti umanitari da tutto il mondo. L’emergenza può rappresentare l’occasione per una distensione dei rapporti storicamente "complicati" con Paesi come Grecia e Israele?

Sì, anche se in questi casi una sorta di "diplomazia dei terremoti" c'è sempre stata ad esempio con la Grecia, con la quale di fronte a gravi emergenze umanitarie sono sempre state accantonate frizioni e tensioni. Con Israele il discorso invece è diverso: la normalizzazione delle relazioni diplomatiche è in corso da circa un anno e negli ultimi mesi i rispettivi ambasciatori si sono insediati dopo anni di assenza sia a Tel Aviv che ad Ankara. L'offerta di aiuti del governo israeliano è destinata a rafforzare il legame tra i due Paesi.

Si lotta contro lo sciame sismico, i crolli e il freddo
Si lotta contro lo sciame sismico, i crolli e il freddo

Il sisma ha colpito anche il nord della Siria: anche in questo caso, gli aiuti umanitari potrebbero favorire una riappacificazione tra Ankara e Damasco?

La situazione qui è più complessa. Nel contesto della guerra siriana la Turchia ha perseguito inizialmente l'obiettivo di rovesciare il regime di Bashar al Assad, rimodulandolo in seguito per concentrarsi sulla questione curda e la creazione di un'area cuscinetto al suo confine meridionale. La Turchia, di fatto, controlla una parte delle regioni del nord della Siria, comprese quelle terremotate, e sostiene politicamente i gruppi locali che controllano molte città. Negli ultimi mesi Ankara ha tentato di riaprire un canale di dialogo con Damasco: c'è stato un incontro tra i ministri della difesa e i capi dell'intelligence a Mosca all'inizio di dicembre che avrebbe dovuto aprire la strada a un incontro dei ministri degli esteri. In questo quadro la crisi scatenata dal terremoto potrebbe favorire la ripresa delle relazioni con Assad, anche se molto dipenderà anche dalla gestione degli aiuti umanitari.

La Siria è sottoposta a sanzioni. Cosa significa, concretamente?

Gli aiuti occidentali non andranno direttamente al regime di Assad: finiranno ad associazioni umanitarie sul posto ma potrebbero essere gestiti anche dalla Turchia, che potrebbe avere la facoltà di aprire e chiudere i "rubinetti" con conseguenze su un eventuale dialogo con il regime siriano.

Prima dell'attuale emergenza ce ne fu almeno un'altra simile, il terremoto del 1999 a Istanbul. Come si comportò il governo turco in quell'occasione?

Nel 1999 Erdogan non era ancora in carica. Il governo di allora era composto da forze politiche eterogenee che non si dimostrarono all'altezza della sfida: quei fallimenti nell'affrontare l'emergenza e la ricostruzione aprirono la strada, insieme alla crisi finanziaria del 2001, alla vittoria del partito di Erdogan alle elezioni del novembre 2002. Il leader turco sa bene, quindi, che commettere errori nella gestione post sisma potrebbe costargli caro.

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