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Opinioni

Perché alle elezioni in Spagna un pugno di voti può decidere il destino di tutta l’Europa

Il voto di oggi, domenica 23 luglio, in Spagna non è solo un voto nazionale, ma può avere importanti ripercussioni su tutta Europa, chiunque sia a prevalere tra Sanchez e Feijóo.
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È l’ultimo grande appuntamento elettorale prima delle elezioni europee. È un testa a testa tra destra e sinistra. Ed è la prima volta che la destra estrema potrebbe davvero andare al governo. Basterebbe questo per dire che quelle che si terranno in Spagna oggi, domenica 23 luglio, non sono elezioni qualunque. E non sono elezioni che riguardano solo gli spagnoli. Perché il loro esito, oggi quanto mai appeso a un filo, potrebbe davvero condizionare gli equilibri di un intero continente.

Partiamo dagli sfidanti. Il premier uscente Pedro Sanchez, innanzitutto. Socialista, a capo di una coalizione che comprende anche la lista unica della sinistra, Sumar, guidata dalla sua ministra del lavoro Yolanda Diaz. E poi Alberto Núñez Feijóo, presidente del Partido Popular, lo sfidante. Terzo incomodo Santiago Abascal di Vox, partito di estrema destra nazionalista. E poi tutte le piccole liste regionali, soprattutto quelle catalane, che coi loro parlamentari potrebbero risultare decisive per far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Già, perché il risultato è davvero incerto. Feijóo è avanti nei sondaggi ma gli mancano una quarantina di seggi minimo per arrivare a quota 176, quella con cui si conquista la maggioranza del Congresso. Gli ultimi sondaggi gli danno dai 128 ai 140 seggi. Troppo pochi per sperare di governare da solo. Ecco perché il leader dei popolari potrebbe aver bisogno dei voti di Vox, con cui già governa in Castilla y Leon e che garantisce l’appoggio esterno a molti dei governi regionali spagnoli a guida popolare. I sondaggi accreditano Vox di 36/40 deputati. Potrebbero bastare se il PP arrivasse a quota 140.

Qui le cose si complicano, però. Perché Feijóo sta puntando tutto sul voto utile per i popolari, a discapito di Vox. E Abascal proprio per questo, non passa giorno senza ricordare quanto i popolari siano stati opposizione troppo morbida a Sanchez e ai socialisti, e che solo Vox darebbe la garanzia di un’alternativa. Anche ci fossero i numeri per un’alleanza di governo, insomma, i toni violenti utilizzati uno contro l’altro dai due possibili alleati non lasciano presagire una convivenza semplice.

Ecco perché a sorpresa potrebbero pure spuntarla i socialisti di Sanchez. Che al momento, assieme a Sumar, ballano attorno ai 140/150 seggi. Arrivassero a lambire i 150, potrebbero tentare un governo con i due partiti indipendentisti catalani, Junts ed Esquerra Repubblicana, entrambi attorno agli 8/9 seggi, che potrebbero decidere di sostenere la sinistra per evitare la salita al governo di Vox, che dalla sua lotta all’indipendenza catalana e della fine dello Stato pluri-nazionale spagnolo ha fatto la sua bandiera.

Attorno a dieci, quindici seggi ci si gioca tutto, quindi. Dovesse prevalere la destra, la Spagna andrebbe a rimpolpare le fila dei tanti Paesi in cui l’estrema destra è arrivata – in questo caso da junior partner – al governo. Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Finlandia, insomma, avrebbero un altro alleato nel Consiglio Europeo per promuovere un’agenda fatta di frontiere chiuse, indifferenza al cambiamento climatico e prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario. In attesa del prossimo voto in Belgio e Slovacchia, che con ogni probabilità, dovrebbe rimpolpare ulteriormente il gruppo.

Non solo: la vittoria della destra in Spagna potrebbe far pendere definitivamente la bilancia del Partito Popolare Europeo a destra, verso un’alleanza strategica del gruppo dei Conservatori e Riformisti di cui fanno parte, tra gli altri, Vox e Fratelli d’Italia. Non è un caso che tra un attacco e l’altro ad Abascal, il leader del PP Feijóo abbia invitato Meloni ad entrare a far parte del Partito Popolare Europeo. 

Dovesse vincere Sanchez, invece, la valanga nera potrebbe arrestarsi proprio sul più bello. La rottura prolungata tra Feijóo e Abascal potrebbe avere ripercussioni anche al di fuori dei confini spagnoli, innescando un rinnovato dialogo tra popolari e socialisti in Europa, e rafforzando chi come la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen mira al proseguimento dell’alleanza strategica tra popolari, socialisti, liberali e verdi. Un’eventualità, questa, che finirebbe per marginalizzare Giorgia Meloni e l’Italia, a discapito di un’asse Francia-Germania-Spagna.

Ultima possibilità: che i due leader, Sanchez e Feijóo, il cui consenso è in forte crescita a discapito della destra di Vox e della sinistra di Sumar, decidano di far saltare il banco e di riportare la Spagna al voto tra qualche settimana, se il risultato non fosse chiaramente a favore di uno o dell’altro. Abbastanza per tenere la Spagna col fiato sospeso ancora per un po’. E per aumentare la temperatura della politica della politica europea in questa estate torrida.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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